NICARAGUA: LE LEZIONI DI UNA RIVOLTA
NICARAGUA: LE LEZIONI DI UNA RIVOLTA
articolo tratto da Senzasoste.it
Tutto è iniziato il
16 aprile, in occasione dell’emanazione del decreto Presidenziale di riforma
dell'INSS, l'Istituto di Previdenza Sociale che in Nicaragua si occupa sia del
settore pensionistico sia di quello previdenziale.
Questo
provvedimento legislativo d'urgenza, deciso ed emesso senza alcuna
consultazione delle parti sociali stabiliva che “i pensionati di vecchiaia,
invalidità e incapacità daranno un apporto mensile del 5% dell’ammontare delle
proprie pensioni a favore del Ramo Malattia e Morte”[1], oltre ad un aumento dei contributi a carico sia dei lavoratori che dei
datori di lavoro e alla riduzione del tetto dell'importo pensionistico dall'80%
al 70% della media salariale degli ultimi anni. Provvedimento peraltro dettato
da specifico documento del Fondo Monetario Internazionale datato 9 giugno 2017.
Le manifestazioni
contro la riforma, scoppiate il giorno successivo sono degenerate in violenti
scontri, che ad oggi hanno provocato circa 450 morti, tra i dimostranti da un
lato e polizia e giovani filogovernativi dall’altro. L’elemento scatenante
delle violenze è stato l’intervento di questi ultimi, che hanno deriso,
provocato e aggredito i manifestanti, tra i quali molti anziani, provocando la
reazione dei giovani universitari e della popolazione in generale.
Per cancellare ogni
dubbio su questa interpretazione dei fatti basta rivedere l’intervista
rilasciata in quei giorni da Humberto Ortega, non certo sospettabile di
complottismo essendo il fondatore dell’esercito sandinista e fratello del
presidente: Humberto Ortega faceva appello al governo affinché sul contenuto
della riforma si riprendesse la prassi della trattativa tripartita (ossia
governo-imprenditori e sindacati) e si arrivasse ad un consenso di tutti le
parti in causa, evitando quelle decisioni verticistiche che avevano provocato
le proteste. “È stato legittimo dunque
-continuava Humberto Ortega- che la popolazione manifestasse, e la polizia deve
svolgere il suo ruolo, che non è quello di reprimere la protesta, ma di
garantire che i dimostranti vengano rispettati e che rispettino i diritti degli
altri. E la polizia deve assicurare che non arrivi gente in moto, com’è
successo ieri, armata con bastoni e spranghe di ferro, ad aggredire i
manifestanti”.
A chi ritiene che
questa improvvisa esplosione di manifestazioni di piazza sia la prova di un
piano prestabilito bisogna ricordare che in Nicaragua le proteste anche
violente sono abbastanza ricorrenti. Basta guardare gli scontri avvenuti l’anno
scorso nella località di Mina el Limón tra dimostranti e polizia, delle quali
si trova in You tube abbondante
documentazione video. E non possiamo nemmeno sottacere che in Nicaragua covava
da tempo sotto la cenere un malcontento popolare profondo e generalizzato
contro il governo della coppia Ortega-Murillo, nonostante l’ampio consenso (72%)
ottenuto dal partito di governo alle ultime elezioni del 2016.
Certo, è difficile
parlare di regime in senso “tecnico” per uno schieramento che ha raggiunto un
risultato così netto; tuttavia per inquadrare meglio la situazione è bene fare
un breve riassunto delle vicende politiche del Nicaragua degli ultimi
anni.
Nel 2016 Daniel
Ortega si è riconfermato per la terza volta consecutiva alla guida del Paese
dopo i due precedenti mandati del 2006 e del 2011. I sandinisti avevano
peraltro precedentemente governato il Paese dopo la liberazione dalla dittatura
dei Somoza (19 luglio 1979) e Daniel Ortega aveva già ricoperto la carica di
presidente fra il 1985 e il 1990. Nel 1988 furono firmati gli accordi di pace
che conclusero la guerra civile, e due anni dopo la destra vinse le elezioni e
i sandinisti passarono all’opposizione, con il Paese dissanguato
dall’aggressione controrivoluzionaria promossa dagli USA
Il periodo della
destra si caratterizzò per un estremo neoliberismo, con privatizzazioni di
tutti i settori strategici del Paese, e una forte corruzione.
Nel 2006 la
coalizione di Daniel Ortega tornò di nuovo al potere sconfiggendo la destra e
ottenendo anche dei risultati interessanti dal punto di vista macroeconomico e
sociale: tra il 2006 e il 2013 il Pil pro capite è cresciuto di quasi il 50%,
pur rimanendo ad oggi il paese meno sviluppato dell'intera America Latina dopo
Haiti, e la povertà assoluta è crollata dal 48.3% al 29.6%. Tendenza questa
peraltro comune a tutti i paesi latinoamericani dall'inizio del nuovo millenni
millennio (grafico
1).
Ma il “Sandinismo
2.0”, vale a dire la nuova stagione di Ortega alla presidenza, aveva ben poco
da spartire con quello del periodo rivoluzionario ricercando innanzitutto il
consenso della Chiesa cattolica locale, riscoprendo d'improvviso la fede
religiosa. Ortega e l’attuale vicepresidente Rosario Murillo si sposarono infatti
in chiesa nel 2005 e promossero una legge contro l’aborto terapeutico, per
riconciliarsi con uno dei nemici storici del sandinismo, l’ultrareazionario
cardinale Miguel Obando y Bravo.
Ortega era anche riuscito a neutralizzare un
pesantissimo scandalo a sfondo sessuale scoppiato nel 1998, quando la figlia di Rosario Murillo,
Zoilamérica, l’aveva accusato di averla violentata ripetutamente fin dalla fine
degli anni ’70. La denuncia cadde nel vuoto grazie alla presa di posizione
della madre che difese a spada tratta il marito: “Ho provato una terribile
vergogna per il fatto che si volesse distruggere una persona con un curriculum
senza macchia, e che fosse la mia stessa figlia a volerla distruggere per
questa ossessione e innamoramento morboso con il potere quando non ha visto
soddisfatta la sua ambizione”. A seguito di questo episodio la Murillo si
guadagnò una rendita di posizione colossale nel sistema di potere nicaraguense.
ROSARIO MURILLO E
GLI ALBERI DELLA VITA
Rosario Murillo,
“la Chayo” è nata a Managua nel 1951 e proviene da una famiglia agiata. È
figlia di Zoilamérica Zambrana Sandino, nipote dell’eroe nazionale Augusto
Cesar Sandino.
Quale oppositrice
del dittatore Somoza, nel 1977 fu costretta all’esilio, prima a Panama e in
Venezuela, poi in Costa Rica dove cominciò a militare per il Fronte Sandinista.
Fu in quel periodo che si rafforzò la relazione con Daniel Ortega. Oggi viene
considerata la vera presidente del Paese ed è soprannominata “La Strega” per la
passione per la religione, le scienze occulte e la spiritualità.
Nel discorso
politico di Murillo gli eroi della rivoluzione sono diventati santi mentre Dio
e la Madonna sono sempre presenti, a ribadire continuamente la vocazione
religiosa del governo nicaraguense. L’originaria Teologia della Liberazione che
aveva ispirato la rivoluzione sandinista è stata così sostituita da una specie
di “santeria” a metà tra la religiosità reazionaria e la superstizione. Una
delle sue iniziative più vistose è stata quella di installare nelle strade
principali di Managua e di altre città del Paese centinaia di “árboles de la
vida” per allontanare il malocchio e attirare energia positiva. Gli alberi, che
la gente chiama “arbolatas” [alberi di latta] o “chayopalos” [pali della Chayo]
costano circa 20-30mila euro ciascuno e sono gigantesche strutture metalliche
alte tra i 15 e i 20 metri, a colori vivaci e pieni di luci elettriche. I chayopalos, i più odiati simboli del
potere personale della Murillo, sono stati le prime vittime delle
manifestazioni di questi mesi.
Un mese dopo
l’inizio dell’instabilità, Rosario Murillo ha dichiarato che nel Paese c’era
un’invasione di “spiriti maligni” e ha pregato Dio di far cessare “questa mano
diabolica che si muove nel nostro Paese e che nega la vita”.
ALLEANZE SOTTOBANCO
In questi anni
“sotto un apparente discorso antimperialista –scrive il quotidiano progressista
messicano la Jornada- il FSLN ha portato avanti la sua politica mascherando
un’alleanza con la destra, ex alleati de Somoza e il capitale transnazionale.
Le politiche neoliberiste sono state la controparte di un’alleanza spuria di
Daniel Ortega con l’ex presidente di destra Arnoldo Alemán, il cui obiettivo è
stato quello di spiazzare gli oppositori e configurare nuove relazioni di
potere. È stata modificata la costituzione e si sono fatte concessioni alla
Chiesa, agli imprenditori, al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca
Mondiale. Tutto sotto una presunta calma”.
Questa politica
poco trasparente ha provocato l’allontanamento pressoché totale della vecchia
guardia sandinista: “dei nove comandanti della Direzione Nazionale del Fronte
Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) che ha guidato il destino del
Nicaragua tra il 1979 e il 1990, solo uno fa parte dell’attuale governo dell’ex
comandante e Presidente Daniel Ortega: Bayardo Arce, che è consigliere
economico della presidenza. Degli altri, due sono morti, tre sono critici con
il governo e gli altri due
“indifferenti”.
Ernesto Cardenal,
protagonista della Teologia della Liberazione e ministro dopo la vittoria
contro la dittatura di Somoza, ha scritto in questi giorni all’ex Presidente
uruguayano Pepe Mujica per far sapere ai progressisti del mondo quello che
succede in Nicaragua. Le sue parole sono lapidarie: “Ortega e Murillo non
possono continuare a trovare legittimità nei movimenti di sinistra, quelli che
con le loro azioni senza scrupoli hanno tradito. Le vittime di Ortega e Murillo
meritano giustizia”.
La risposta dell’ex
guerrillero Mujica non poteva essere
più netta: "Ricordo compagni che
hanno dato la vita in Nicaragua lottando
per un sogno (...) e sento che quello che una volta fu un sogno oggi si
trasforma e cade nell’autocrazia, e capisco che coloro che ieri erano rivoluzionari
hanno perso il senso della vita. Ci sono momenti in cui bisogna dire me ne
vado”.
Oltre a non aver
portato a termine una riforma agraria degna di questo nome e non aver dato
impulso ai servizi pubblici (ad esempio l’assistenza sanitaria è di qualità
scadente e chi ne ha le possibilità deve ricorrere al settore privato, nel
quale pure sembra che vi siano investimenti dell’entourage governativo) il
governo di Ortega-Murillo ha destato molto malcontento anche per la corruzione
generalizzata, il nepotismo, il clientelismo e lo strapotere della
vicepresidente con le sue iniziative bizzarre che tutti considerano la vera
padrona del Paese.
Rodrigo Rivas,
intellettuale cileno e oppositore della dittatura di Pinochet, scrive: “Le politiche di Ortega mi sembrano
indubbiamente neoliberiste in campo economico e soprattutto subordinate al
pensiero conservatore e reazionario riguardo le forme della politica e del
rapporto Stato-popolazione. Se questo è lo scopo di una rivoluzione, allora
preferisco altro”.
NEPOTISMO E
CLIENTELISMO
Rafael Ortega, il figlio
maggiore, controlla con la moglie Yarida Leets la Distribuidora Nicaragüense de
Petróleo, un organismo chiave che gestisce gli acquisti del greggio venezuelano
a prezzi scontati nell’ambito del programma Petrocaribe.
Un altro figlio di
Ortega e Murillo che occupa un posto al vertice è Laureano, che dal 2009
gestisce ProNicaragua, l’ente che ha trattato con l’imprenditore cinese Wang
Ying la costruzione del canale [transoceanico] del Nicaragua. Il progetto (che
comporta un impatto ambientale devastante) prevede un investimento di 40
miliardi di dollari, ma nessuno può
assicurare che verrà costruito da qui al 2025. Laureano è un gran personaggio
in Nicaragua ed è noto per i suoi orologi di marca e vestiti eleganti. Inoltre
è un tenore, con un’attiva partecipazione nel settore della lirica locale.
Ma ci sono altri
figli di Daniel Ortega in posti importanti. È il caso di Maurice, che insieme
ai suoi fratelli Daniel Edmundo e Carlos Enrique controllano tre canali privati
di televisione (4,9 e 13), oltre a Canal 6, che è pubblico. La famiglia Ortega
gestisce anche la Nuova Radio Ya, Radio Nicaragua e Radio Sandino.
E perché tutto
rimanga in famiglia, nel 2010 Maurice si è sposato con Blanca Javiera Díaz,
figlia del capo della Sicurezza Pubblica e vice direttore della Polizia
Nazionale, Francisco Díaz. Hoy, Díaz occupa la Direzione della Polizia di
Managua.
A sua volta, Juan
Carlos Ortega Murillo, un altro dei figli della coppia presidenziale,
controlla Canal 8.
Inoltre nel settore
pubblico non vi è un solo posto che non venga assegnato per meriti politici.
E per le strade la
gente grida “Daniel y Somoza son la misma cosa”…
CONCLUSIONI
Il già citato
Rodrigo Rivas scrive “Tra quelli che
denunciano da tempo Ortega c’è tutto il Pantheon dei miei riferimenti
intellettuali nicaraguensi. Ci sono anche molti latinoamericani che conosco e
stimo, e che peraltro hanno combattuto
in Nicaragua (cileni e argentini in particolare), non hanno dubbi: tutti contro
Ortega”.
Ma in Italia non
tutti condividono questa visione…“È un figlio di puttana, ma è il nostro
figlio di puttana”. Questa famosa citazione viene attribuita a vari presidenti
statunitensi a proposito di diversi “figli di puttana”, cioè qualcuno tra i
tanti dittatori-fantoccio che gli USA nel corso della storia hanno messo al
potere in qualche loro colonia nel
sud del mondo. Ma secondo la versione più accreditata sarebbe stato Roosevelt
ad usare per la prima volta questa espressione proprio in riferimento al
Nicaragua, parlando di Anastasio Somoza García, il dittatore che salì al potere
nel 1937 e “regnò” fino al 1956, quando fu ucciso dal poeta Rigoberto López
Pérez.
Questa frase è
tornata alla mente di molti in questi mesi, ma in senso opposto rispetto alla
formulazione originale. Da parte di alcuni settori che potremmo definire
“filobolivariani” vi sono stati interventi di sostegno acritico alla coppia
presidenziale nicaraguense (vedi per esempio l'acritico comunicato
dell’Associazione nazionale Italia-Cuba).
Alcuni articoli e
prese di posizione sono usciti addirittura su siti piuttosto ambigui,
evidenziando un inquietante convergenza tra un antimperialismo di sinistra e
quello tipico dell’estrema destra che vede il nemico solo in chiave
anti-americana e anti-sionista (l’impero giudaico-massonico) e sostiene
qualsiasi governo che sia al di fuori della sfera d’influenza statunitense (va
bene il Venezuela e il Nicaragua ma vanno bene anche l’Iran degli ayatollah, la
Siria di Assad o la Russia di Putin).
In questa visione
tutta incentrata su una “geopolitica deviata”, dove contano solo gli equilibri
tra Stati e governi anziché i popoli, il Nicaragua di Ortega nella scacchiera internazionale rappresenta
una pedina dello schieramento “antimperialista” e quindi va sostenuto
indipendentemente dalla vera natura del suo attuale governo. Così nella
generalizzazione dietrologica tutte le vacche sono bigie: tutti i movimenti
popolari nei Paesi del proprio schieramento devono essere descritti come frutto
di agitatori finanziati dalle forze reazionarie e di complotti orditi dalla
CIA. Complotti che in Nicaragua sarebbero anche inspiegabili come
sottolinea Pagayo Matacuras “Nel paese vivono e fanno affari lucrosi
molti imprenditori gringos, grazie alle leggi in vigore e alla protezione
governativa, che in questi anni hanno avuto la possibilità di arricchirsi
sfruttando i lavoratori con stipendi non sufficienti per mettere insieme il
pranzo con la cena e con condizioni lavorative assolutamente pessime”.
E sarebbe
interessante capire come mai a Cuba, il Paese dove forse più di ogni altro gli
Stati Uniti hanno scatenato una
strategia terroristica di destabilizzazione e cercato di creare una opposizione
interna investendo ingenti somme, manifestazioni di massa antigovernative non
ce ne siano mai state.
Sempre a proposito
di Cuba, è singolare che in Italia negli incontri pubblici non si possa mai
discutere con serenità delle interessanti prospettive del socialismo del dopo
Fidel (così come lo si fa normalmente con i cubani) senza che intervenga l'immancabile
“commissario del popolo” a censurare la discussione. Eppure l’esperienza
progressista latinoamericana, che purtroppo oggi sta attraversando una profonda
crisi, rappresenta per la sinistra europea un laboratorio imprescindibile per
delineare anche le proprie strategie. E l'indubbia lezione che se ne trae in
questo momento è che il futuro del “socialismo del XXI secolo” è nelle mani dei
movimenti popolari, contadini e indigeni e non certo dei governi che a causa
della controffensiva delle destre e dell'imperialismo statunitense, ma anche
per errori e limiti propri, risultano in
chiara fase declinante dalla fine del 2015.
In Nicaragua la
situazione è estremamente delicata: sussiste il concreto pericolo, a causa dell’assenza
di alternative credibili a Ortega-Murillo e la prolungata instabilità, che il
Paese precipiti nella violenza endemica e nella paralisi politica, condizioni nelle
quali vivono gli stati confinanti, in particolare l’Honduras, e che alla fine
emerga una soluzione apertamente golpista. Anche per questo il sostegno
internazionale al popolo nicaraguense è fondamentale affinché dalla crisi si
esca con un ritorno ai valori del vero sandinismo e con il ritiro dalla scena politica
dell'indifendibile coppia presidenziale Ortega/Murillo.
[1] https://comitatocarlosfonseca.noblogs.org/post/2018/04/24/in-nicaragua-aumenta-la-repressione-contro-le-proteste-per-la-riforma-dellinss/
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