Fondazione Di Vittorio e Cgil contestano i dati del Cnel: ma è solo una questione di numeri? Intervista ai delegati cub di Pisa
La Fondazione Di Vittorio interviene con una ricerca sulla contrattazione sindacale. Rimandiamo al testo pubblicato scaricabile on line al seguente Link: La contrattazione collettiva e il ruolo dei sindacati confederali e i lavoratori interessati nel 2022.pdf (fondazionedivittorio.it)
Abbiamo chiesto un rapido commento ai delegati Cub di Pisa
l'antefatto
Nei giorni scorsi si è scatenata una polemica sulla Relazione del Cnel dedicata al salario minimo, il CNEL l’11 luglio scorso ha presentato alla Camera dei Deputati una memoria approvata allora all'unanimità. Un mese dopo il Presidente del Consiglio ha incaricato il CNEL di redigere entro due mesi un documento di analisi e proposta sul tema del lavoro povero e del salario minimo e su quel testo la Uil si è astenuta (salvo poi dirsi contraria) e la Cgil ha votato contro.
La Fondazione legata alla Cgil critica il documento del Cnel?
A distanza di pochi giorni arriva una ricerca della Fondazione Di Vittorio, legata alla Cgil, che a nostro avviso presenta un'ambiguità di fondo ossia porta la discussione sui numeri dei contratti pirata senza mai cogliere le questioni salienti. Veniamo da anni di impoverimento dei salari e delle pensioni e le responsabilità non sono solo dei contratti pirata ma della complessiva dinamica contrattuale.
Un salario minimo sarebbe poi insostenibile per la stessa spesa pubblica basti pensare agli appalti e ai subappalti all'ombra del pubblico con salari inferiori agli 8 euro orari, qualora venissero aumentati a 9 o a 10 (e in tal caso con un costo maggiore collegando il minimo salariale alla inflazione), verrebbe a cadere quell'impalcatura contrattuale e normativa che ha reso conveniente il ricorso alle esternalizzazioni dei servizi.
La prima riflessione obbligata riguarda proprio la contrattazione nazionale, il proliferare dei contratti siglati dai cosiddetti rappresentativi ha finito con l'offrire una copertura legale e contrattuale ai processi di privatizzazione oltre a spingere verso il basso i salari di tanti lavoratori e lavoratrici in appalto.
Criticare le esternalizzazioni come causa della contrazione dei salari e del potere di acquisto dovrebbe essere l'incipit di una lettura articolata dei processi avvenuti ma farlo significherebbe prendere atto del ruolo fallimentare della concertazione sindacale da cui derivano i salari da fame.
Con il dovuto rispetto possiamo quindi asserire che la ricerca della Fondazione Di Vittorio si sia volutamente soffermata sui numeri senza entrare nel merito dei processi in atto proprio per coprire le responsabilità della Cgil.
Ma chi sono i responsabili del lavoro povero?
Se oggi esiste il lavoro povero e non un salario minimo è solo responsabilità dei contratti cosiddetti pirata?
Per il Cnel i contratti in questione coprirebbero solo lo 0,4% della forza lavoro, parliamo di ccnl siglati con sindacati autonomi compiacenti con i datori di lavoro, per la Fondazione Di Vittorio invece i numeri sarebbero superiori anche se largamente inferiori ai CCNL siglati da Cgil Cisl Uil. Ma quanti contratti rappresentativi presentano salari da fame? Innumerevoli e riguardano milioni di lavoratori. Allora perchè non dirlo? Sarebbe una sorta di ammissione delle responsabilità oggettive dei sindacati rappresentativi nel determinare i salari da fame.
Riportiamo un passaggio della relazione della Fondazione Di Vittorio
Dalla nostra elaborazione dei dati CNEL-INPS relativa a 894 CCNL risultano 207 CCNL firmati da CGIL, CISL, UIL (23,2%) che coprono 13.366.176 lavoratori (96,6%) e 687 CCNL firmati solo dalle altre organizzazioni sindacali (76,8%) che interessano 474.755 lavoratori (3,4%). Quindi, i CCNL firmati da CGIL, CISL, UIL tutelano la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi agricoltura e lavoro domestico). Infine, da un’ulteriore analisi sui 12 macrosettori del settore privato (esclusi i settori agricoltura e domestico), emerge un’alta incidenza di lavoratori coperti da contratti sottoscritti da CGIL, CISL, UIL con percentuali sempre superiori al 90%, ad eccezione del macrosettore “Plurisettoriale, microsettoriale e altri” che raggruppa una miscellanea di contratti ma che, in ogni caso, si attesta oltre l’80%
Quali sono allora le considerazioni finali?
La caduta verso il basso della dinamica salariale è iniziata proprio con l'avvento delle privatizzazioni e la costruzione di CCNL ad hoc, alcune associazioni datoriali minori che rappresentano aziende con pochi dipendenti hanno a loro volta favorito intese contrattuali con sindacati di comodo (ndr la definizione non è nostra).
Cgil Cisl Uil non si preoccupano di avere sottoscritto intese al ribasso ma se la pendono con chi ha fatto decisamente peggio sottoscrivendo contratti ancor peggiori senza mai mettere in discussione le dinamiche proprie della contrattazione, dei CCNL su base triennale e con il calcolo degli aumenti basato sul codice Ipca che ci fa perdere potere di acquisto e di contrattazione. Di conseguenza sono proprio i contratti siglati dai sindacati rappresentativi la causa primaria della caduta del potere di acquisto e della povertà salariale oggi vigente ma di questo, a nostro avviso, la Fondazione volutamente non parla
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