Gli impatti sull'economia della guerra condotta da Israele

 Ci saranno conseguenze economiche derivanti dalla guerra che Israele ha scatenato contro i palestinesi?



L'aumento del prezzo del petrolio potrebbe essere contenuto (8 dollari al barile ad oggi di aumento), gli analisti stanno facendo proiezioni sui futuri scenari, ad esempio se la guerra si estendesse all'Iran il prezzo a barile del petrolio, per esperti dell'Ispi, potrebbe crescere di quasi 70 euro. Ma ad oggi ad agitare lo spauracchio della partecipazione iraniana sono proprio gli occidentali e di quanti mirano esplicitamente ad estendere in tutta l'area la pax israeliana e degli accordi di Abramo.

Indubbiamente il conflitto determinerà l'aumento delle spese e delle vendite di armi, è interesse Usa e Ue limitare l'espansione della guerra e soprattutto lasciar fuori l'Iran, si dà quasi per scontato che la guerra possa investire invece il Libano, un paese ormai al collasso mai ripresosi dalla crisi economica, dalla esplosione al porto di Beirut e dall'invasione del Sud del Paese di anni fa ad opera dell'esercito israeliano.

Le diplomazie occidentali stanno rassicurando l'Egitto che si trova in una situazione difficile, diviso sull'apertura dei valichi con il certo arrivo di migliaia di rifugiati palestinesi nella regione del Sinai. L'arrivo di profughi sarebbe economicamente insostenibile per l'Egitto (inflazione al 40 per cento e la moneta nazionale continuamente svalutata), oltre a rappresentare un fattore interno destabilizzante (Egitto importa gas da Israele e dipende dai flussi commerciali con i paesi Ue). 

La crisi sanitaria ed economica degli anni scorsi ha già dissanguato diversi paesi Mediorientali, teniamo conto che gli equilibri geopolitici saranno soggetti a profonde modifiche e anche gli accordi di Abramo potrebbero entrare in crisi e con essi anche gli scambi commerciali tra Israele, Bahrein, Marocco e Emirati Arabi.

Per comprendere meglio l'impatto geopolitico la domanda a cui rispondere è una: i paesi arabi e mediorientali potranno intrattenere accordi commerciali ed economici con i paesi che hanno già dichiarato il loro sostegno ad Israele? E poi quei paesi che hanno sottoscritto gli accordi di Abramo potranno fare ancora affari con Israele ignorando le sofferenze del popolo palestinese?

Una guerra totale determinerebbe la fuga di milioni di palestinesi e molti potrebbero trovare riparo in alcuni paesi dell'area, ospitati nei campi profughi con un costo economico e sociale assai pesante.

Ma l'impatto della crisi sui prezzi energetici potrebbe rappresentare il problema rilevante, ad oggi i prezzi del gas sono cresciuti dal 7 Ottobre in misura maggiore del  petrolio.

Il petrolio è fonte di ricchezza ma anche di tenuta economica dei paesi esportatori, senza i soldi derivanti dalla vendita del greggio questi paesi sarebbero al collasso, da qui la necessità delle monarchie del petrodollaro non farsi invischiare in guerre regionali.

Oggi la situazione è in parte cambiata rispetto al 1973, l'approvigionamento energetico dei paesi Ue è diversificato rispetto a 50 anni or sono ma gli impatti della guerra saranno sicuramente negativi e il prezzo del petrolio non è detto possa essere tenuto sotto controllo sempre e comunque e in caso di escalation militari ulteriori.

I paesi a capitalismo avanzato vogliono evitare un conflitto di lunga durata, sono consci che l'attacco di terra alla striscia di Gaza non sarebbe una passeggiata anche per uno degli eserciti più forti al mondo. Se il premier Israeliano dichiara imminente l'ingresso delle truppe israeliane a Gaza non è certo ignaro dei costi in termini di vite umane di questa operazione, da qui la necessità di incessanti bombardamenti sulla striscia che costringano gran parte della popolazione palestinese alla fuga.

 Ogni giorno i bombardamenti provocano centinaia di morti ma questi dati non sembrano interessare i media occidentali, per alcuni analisti l'obiettivo è la distruzione della Striscia,  prima con i bombardamenti a tappeto per costringere i palestinesi alla fuga nei paesi limitrofi per poi attaccare anche via terra. Tutti scenari possibili ma l'opinione pubblica occidentale vuole la liberazione degli ostaggi catturati il 7 Ottobre e la unità nazionale di Israele stessa si poggia proprio su questo obiettivo (riportare a casa i rapiti). In ogni caso la cacciata dei palestinesi da Gaza  è un fatto acclarato, la loro distribuzione tra i paesi limitrofi sarebbe un problema economico rilevante per paesi alle prese con durature crisi economiche e fonte di nuovi conflitti e destabilizzazioni in tutta l'area Medio Orientale. Siamo poi certi che i flussi incontrollati di palestinesi in fuga non creeranno problemi alla sicurezza delle rotte commerciali tanto care agli accordi di Abramo?. 

Teniamo conto che gli accordi di Abramo hanno non solo eliminato ogni dazio sugli scambi commerciali tra Arabi Uniti e Israele (e con gli altri paesi firmatari degli accordi di Abramo), il Marocco deve fronteggiare manifestazioni di piazza, con decine di migliaia di persone, a sostegno della Palestina e di aspra critica all'operato del Governo Marocchino. Israele ha riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale, di questo ad esempio si parla assai poco anche in ambienti un tempo solidali con il popolo Saharawi.

Multinazionali e paesi capitalistici sono quindi preoccupati per gli scambi commerciali e la salvaguardia dei corridoi attraverso i quali gli stessi avvengono. E qualunque sia l'esito della crisi in corso gli interessi economici capitalistici dovranno essere salvaguardati.

La sostituzione del gas russo non è stata e non sarà a costo zero se pensiamo alle necessarie infrastrutture. La sicurezza dei corridoi energetici diventa quindi prioritaria, la nascita degli impianti off shore e dei rigassificatori ha comunque tempi non brevi, si punta  anche per i prossimi anni sul sul gas liquido come soluzione energetica per aggirare l'embargo contro la Russia.

Una eventuale chiusura dello stretto di Hormuz sarebbe non solo dannoso per i commerci europei ma anche per quelli cinesi.

Molto è il disordine sotto il cielo e prima di addentrarci in analisi future dovremo fare i conti con la realtà assai complessa. A troppe nazioni conviene non farsi invischiare in una guerra regionale ma siamo certi che Israele voglia accontentarli?



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