Ma come scrivi di scuola in Italia con tutto quello che sta accadendo in Israele e Gaza?

  riceviamo e pubblichiamo

Ma come scrivi di scuola in Italia con tutto quello che sta 

accadendo in Israele e Gaza? 

di Tiziano Tussi 




Beh, si. Penso alcune cose:

a)   Che comunque il tempo passa e va avanti con tutto il pianeta sulle spalle.

b)   Che l’attacco di Hamas ad Israele non è altro che l’ennesimo, e sembra proprio questo, uno dei più orribili capitoli di una storia quasi infinita, iniziata almeno dal 1948, ma anche da prima.

c)    Una storia di ripetizioni, arretramenti, ritorni di fiamma che non pare avere una fine ed un fine.

d)   Che l’ignoranza e la sopraffazione, così come la fede, o almeno una fede espressa male, ha un grande ruolo in questa carneficina ripetuta.

e)   Che i palestinesi di Hamas non esprimono certo un livello di umanità, seppur minimo.

f)     Che i motivi per quest’ultima affermazione ci sono tutti e che la politica di Israele, almeno quella che è a guida del Paese, non ha certo favorito il superamento delle differenze tra i due popoli, con tutto quello che ne consegue: una sorta di regime di apartheid verso i palestinesi da parte dei responsabili politici ebrei, in modo più o meno spinto.

g)   Che ciò che accade là ha a che fare con altre parti del mondo che proprio in quel caos mediorientale trovano vantaggi e modi di turlupinare i propri popoli.

h)   Un esempio: consideriamo l’Iran dietro a questo attacco e d’altra parte critichiamo ferocemente l’Iran per quello che sta facendo passare al suo popolo. Quindi la politica antiisraeliana dell’Iran si sposa con la dittatura contro umanistica dell’Iran stesso. Da questo esce che Israele sia vissuto come uno stato moderno.

i)      Che le religioni espresse in quei luoghi non danno poi molto scampo a nessuno.

j)     Che l’ignoranza espressa dai comportamenti che si sono visti non aiuta anch’essa.

E qui entra in gioco la scuola, anche quella italiana. Notizia: un liceo di Milano, Il Bottoni, si sta sempre più evidenziando come un luogo dove la banalità del presente si prende vieppiù spazio. Bagni neutrali, carriera alias, superamento dei periodi di studio classici – trimestre o quadrimestre – assenza di voti, che possono, interferire con le capacità in formazione del giovane e quindi poche o nessuna bocciatura, anche se meritata.

La comprensione dei problemi del giovane svogliato, ma espertissimo nell’uso del cellulare e dei social, la fa da padrone. Non  importa se inchieste condotte in più Paesi dimostrano che l’uso del cellulare sia pernicioso per le capacità di apprendimento; non importa se la vita poi è fatta a gradini non collimanti ma sfalsati: o si arriva dove si vorrebbe oppure no; non importa se poi, nel mondo del  lavoro si descrivono i lavoratori dividendoli in intelligenti, esecutivi o poco capaci e poco svegli; non importa se poi la teoria egemonica sia appunto quella di chi ce la fa, del vincente, che riesce ad arrivare laddove vuole, in qualche modo, e che diventa pieno di sé e performato, specialmente se può dimostrare di avere raggiunto livelli di ricchezza, anche dovuta la lavoro, anche in modo pulito, che lo  fanno essere un primus inter pares. Insomma, se si vince o si perde nella società degli uomini, ma bisogna anche dire, di donne, adulte.

Ultima considerazione riguarda la cultura dell’indifferentismo sessuale e del sovvertimento tra minoranza e maggioranza. Ogni problema va affrontato con spirito di profonda umanità, ma non si capisce perché un comportamento di minoranza, ad esempio in campo sessuale, debba diventare un riferimento per tutti quanti. Le minoranze debbono essere protette, così come le maggioranze, dall’eticità di stato. Come diventa possibile pretendere di avere politici di spessore, se non siamo anche noi viventi di spessore, corrispondendo e accettando le diverse tematiche umane che si creano nelle società. 

Poi ci meravigliamo perché fenomeni di destra e di compressione dell’umanità – come il libro del militare Vannacci – diventano così nazionali di successo. Non sarebbe perciò il caso di recuperare un senso di razionalità comune e di agire di conseguenza?  Questo farebbe bene a diversi livelli e per diversi problemi, compresa l’annosa questione del Medio Oriente che si gioca in Israele.

Faccio notare che da troppi decenni si sponsorizza, da parte dei chi ripete litanie inutile, la lezione dei due popoli, due stati. A parte che il secondo stato, quello palestinese, non è mai nato e ciò che esiste è un pasticcio pseudo statale, sballottato tra due forze, due gruppi di palestinesi, almeno per le parti maggioritarie e che non è arrivato mai a nulla. 

Vi sono anche altre opzioni: uno stato solo e poi che ognuno creda nel Dio che vuole. Dio che dovrebbe, nella sua bontà e cura, non impedire a chicchessia di vivere accanto all’altro che crede in un altro Dio. Questo lo diceva un intellettuale famoso e conosciuto, morto da venti anni, Edward Said, che prefigurava questa soluzione come la più razionale.

E per finire cantando De André:

Credevano ad un altro diverso da te/ma non mi hanno fatto del male (Il testamento di Tito, La buona novella, 1970).

Commenti