La performance arma divisiva e di tacita accettazione della ideologia meritocratica

 

La performance arma divisiva e di tacita accettazione della ideologia meritocratica

 


Da anni il mondo sindacale considera la meritocrazia, il lavoro per obiettivi, la performance ( con i suoi cicli) dei processi da cogestire pensando di poterli indirizzare a vantaggio della forza lavoro o si illudono di governarne i processi. Manca una visione critica della meritocrazia avendo introiettato il concetto che tutti\e alla fine non debbano essere uguali in termini economici e salariali trasformando il salario in una variabile dipendente dal valore dimostrato salvo poi accorgersi che proprio questo valore “aggiunto” non è quantificabile in termini oggettivi e imparziali ma assume valenza solo negativa e discriminatoria.

Avere accettato la performance è stato un grave errore sindacale così come avere pensato di governare la contrattazione di secondo livello con contratti nazionali che in partenza sanciscono trattamenti diseguali prevedendo indennità per alcune figure e non per altre. Sempre i CCNL, ad esempio quelle delle Funzioni locali ma la questione riguarda tutti i 3,2 milioni di dipendenti della Pubblica Amministrazione, scaricano sovente sulla contrattazione di secondo livello compiti prettamente ragionieristici escludendo in partenza la contrattazione su materie dirimenti come l’organizzazione del lavoro. All’ombra della performance si sono consumati la riduzione del potere di acquisto della forza lavoro e di contrattazione del sindacato. Se RSU è costretta a contrattare istituti contrattuali in partenza diseguali, sanciti dai contratti nazionali, finirà inevitabilmente con l’accettare l’impianto meritocratico sui quali si sorreggono ormai gli enti pubblici. E il ricorso alla performance diventa dirimente per decidere la quantità di salario accessorio da una parte e dall’altra decidere anche tempi e modalità degli scatti di carriera determinando chi potrà beneficiare di maggiore salario accessorio in virtu’ della valutazione dirigenziale. Il ciclo della performance non è servito ad accrescere e migliorare i servizi pubblici e al contempo non ha favorito un deciso miglioramento delle condizioni lavorative e contrattuali del personale pubblico, sono stati invece rafforzati i poteri dirigenziali

La sola idea che il personale debba meritarsi quote di salario ci sembra un autentico paradosso se pensiamo che nel Pubblico non esiste una quattordicesima mensilità come nel privato e tra Enti e Comparti  di contrattazione ci sono differenze salariali considerevoli alimentati dalle consorterie dei sindacati cosiddetti rappresentativi.

Il ciclo della performance è servito quindi a ridurre il potere contrattuale e di acquisto della forza lavoro stabilendo il principio del presunto merito per avere una quota di salario demandata alla contrattazione di secondo livello.

 

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