Accordo sulla rappresentanza: la complicità del sindacato diventa legge!

Che l'accordo del Gennaio 2014 fosse una svolta epocale delle relazioni sindacali (in senso peggiorativo), nel senso che
nulla sarebbe tornato come prima;era pacifico anche se in molti non avevano, allora, percepito la gravità di quel passaggio.

Dopo le elezioni, quando avremo il testo definitivo, ritorneremo sull'argomento, ci pare tuttavia opportuno riprendere alcuni concetti rinviando, intanto, ai comunicati di Sgb e Cub .

Sicuramente le sfide di Industria 4.0, i processi di ristrutturazione capitalistica stanno determinando una accelerazione verso un nuovo sistema di relazioni sindacali costruito sulla complicità del sindacato. Ma attenzione non siamo in presenza della rivincita delle parti sociali sulle inefficienze della politica come leggiamo sulle pagine de Il sole 24 ore

Non siamo davanti ad un accordo razionale e lungimirante ma all'abdicazione di qualsivoglia ruolo coerente e confittuale del sindacato, non cediamo alle lusinghe di chi, come i padroni, racconta la novella della lotta alla concorrenza sleale,
del rifiuto di contratti pirata, una frase insolita da parte di chi ha depredato stato sociale, pensioni e diritti acquisiti.


I padroni portano a casa dei risultati per loro senza dubbio positivi, un salario minimo che poi rimanda al secondo livello
dicontrattazione, leggiamo che serve «un significativo aumento della competitività e della produttività accompagnata
da una crescita dei salari». Il nuovo sistema di relazioni sindacali è quindi funzionale alla competitività e il sindacato diventa complice e partecipe diretto ai\dei processi che poi sanciscono perdita di posti di lavoro, aumento dei ritmi e dei tempi di lavoro. Piegare poi il reddito alla produttività significa solo ritenere il salario una variabile dipendente dai profitti aziendali, sta qui il nodo principale.

Avremo un salario minimo deciso da contratti nazionali che perderanno gran parte delle loro prerogative, il resto lo farà una contrattazione di secondo livello che vuole solo salvaguardare gli interessi di impresa e partecipare allo smantellamento del welfare universale da sostituire con previdenza e sanità integrativa, magari barattate con aumenti salariali certi.

E infine gli ammortizzatori sociali già indeboliti dalla Fornero e che rischiano di subire ulteriori tagli in nome di quella flessibilità che ormai è il cavallo di troia, insieme alla produttività del movimento operaio.

Ammortizzatori a cui ricorrere per favorire tagli aziendali e processi di ritrutturazione, soldi pubblici a sostegno del capitale, queste e altre sono le insidie di un accordo sulla rappresentanza che suona le campane a morto per le lotte sindacali. Sta a noi mobilitarci per respingere questo infame accordo e per organizzare la resistenza ai processi di ristrutturazione che taglieranno nei prossimi anni migliaia di posti di lavoro.

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