ANALISI CRITICA DELL’IPOTESI DI ACCORDO PER IL COMPARTO DELLE FUNZIONI LOCALI SOTTOSCRITTO il 21 FEBBRAIO 2018


 
ANALISI CRITICA DELL’IPOTESI DI ACCORDO PER IL COMPARTO DELLE FUNZIONI LOCALI SOTTOSCRITTO il 21 FEBBRAIO 2018


  



1.0 - COSA RAPPRESENTANO QUESTI CONTRATTI?
La contrattazione per il rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego ha risentito certamente dell'obbligo. imposto al Governo dalla Corte Costituzionale nel 2015,  di tornare a contrattare con le parti sindacali.
Il Governo, allora guidato da Matteo Renzi, ha cercato di diluire nel tempo tale obbligo accumulando una serie di vantaggi lungo il percorso che ha portato a questi rinnovi, con la disponibilità anche di organizzazioni sindacali solo apparentemente conflittuali.
Il primo elemento da considerare è stato una sorta di "assist" fornito proprio dalla Corte Costituzionale che, nella sentenza 178/2015 ha valutato legittimo il blocco della contrattazione (e della retribuzione) purché non procrastinato nel tempo.
In questo modo ha sancito che nulla sia dovuta per i due trienni di contrattazione 2010-2012 e 2013-2015.
Resta un "buco" di 5 mesi tra la pubblicazione della sentenza e la copertura contrattuale intervenuta con i recenti contratti (o ipotesi di contratto) che coprirà il periodo 2016-2018.
Su questo varie organizzazioni vanno proponendo la via giudiziale al fine di ottenere un risarcimento danni per gli anni di mancata contrattazione.  Seppure ciò avesse un fondamento è evidente che non passa attraverso le aule di tribunale la vistosa assenza del ruolo e della funzione che un sindacato avrebbe dovuto svolgere.
Ciò che come SGB constatiamo è l’assunzione – da parte di queste organizzazioni sindacali – di una funzione quantomeno incoerente con la storia del movimento dei lavoratori, che le rende  addirittura complici della nostra controparte.
Basta pensare all'accordo sottoscritto il 5 Aprile 2016 con cui è stata "digerita" la riduzione dei comparti di contrattazione nel Pubblico Impiego (poi definitivamente stabilito il Luglio successivo), che ha rappresentato il grimaldello attraverso cui smorzare ogni resistenza sindacale, anche di quelle organizzazioni che più sembravano contrarie alla definitiva introduzione delle norme volute dall'allora ministro Brunetta (come CGIL e USB) e poi definitivamente assorbite, pur se appena scalfite, dai decreti del ministro Madìa con i decreti 74 e 75/2017.
E' stato così sancito nel settore pubblico quanto accaduto nel settore privato: la conferma di un monopolio della rappresentanza a organizzazioni che rinunciano, nei fatti, a ogni genere di rivendicazione salariale, o di diritti che possa tutelare la classe lavoratrice, fino a spuntare anche l'arma principale del conflitto, ovvero quella dello sciopero.
Solo pochi giorni dopo la chiusura delle contrattazioni del Pubblico Impiego si è avuto un nuovo accordo per regolare le relazioni sindacali, che va oltre l'adozione del Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR) del 10 Gennaio 2014 e prefigura una legge sulla rappresentanza sindacale contraria a ogni principio democratico.
SGB é nata per opporsi a questo scempio e intende esercitare fino in fondo la propria funzione di contrasto alla deriva repressiva nei confronti della classe lavoratrice, respingendo sistematicamente ogni attacco sia che provenga dalla parte datoriale (qualunque sia il Governo alla guida del paese), sia che scaturisca dalla sottomissione di certi sindacati o dalla vera e propria complicità di altri.


2.0 - LA PARTE ECONOMICA
La parte dell'ipotesi di contratto su cui si sono appuntate le attenzioni dei lavoratori degli enti locali ha riguardato inevitabilmente l'aspetto economico.
Attorno a questo ruotano parecchi nodi irrisolti contrattualmente.

2.1 - La paga base
La promessa di 85 euro a testa medi lordi (che veniva dall'accordo prereferendum del 30-11-2016) non viene mantenuta.  Un risultato parziale si ottiene grazie ad una serie di espedienti normativi e contabili.
L'elemento di certezza è costituito dalla busta paga di tutti i mesi che aumenta degli importi riportati in tabella:
Categoria
Aumento mensile  dal 1° Gennaio 2016
Aumento mensile dal 1° Gennaio 2017
Aumento mensile dal 1° Marzo 2018




D6
10,4
31,4
90,3
D5
9,7
29,4
84,5
D4
9,3
28,1
80,9
D3
8,9
26,9
77,6
D2
8,1
24,6
70,8
D1
7,7
23,4
67,5




C5
8
24,3
69,8
C4
7,7
23,4
67,3
C3
7,5
22,7
65,3
C2
7,3
22,1
63,5
C1
7,1
21,5
62




B7
7,3
22
63,4
B6
7
21,2
61
B5
6,9
20,8
60
B4
6,8
20,5
59
B3
6,7
20,2
58,1
B2
6,4
19,4
55,9
B1
6,3
19,1
55




A5
6,4
19,4
55,9
A4
6,3
19
54,8
A3
6,2
18,7
53,8
A2
6
18,3
52,7
A1
6
18,1
52
Ma questi sono gli aumenti tabellari lordi. Se prendiamo in considerazione quella che sarà la retribuzione netta gli aumenti risultano compresi tra 40 e 68 Euro mensili.

2.2 - Altri elementi della retribuzione
Per vendere l'immagine che la promessa di 85 Euro è stata realmente mantenuta, le tabelle diffuse contengono altri elementi retributivi quali:
- l'indennità di vacanza contrattuale (da 122,4 a 212,52 Euro annui lordi che però già sono corrisposti, in sostanza da 10 a 17 Euro al mese);
- un elemento perequativo previsto dall'art. 66 dell'ipotesi contrattuale che varia da 2 Euro lordi mensili per la categoria D6 fino a crescere all'importo di 29 euro lordi mensili per la categoria A1, che però sarà corrisposto solo da Marzo a Dicembre 2018 (con l'obiettivo di salvaguardare il bonus di 80 Euro previsto dalla legge 190/2014 per coloro che dovessero superare le soglie, come previste nella legge,di 24000 e 26000 Euro) che non è utile ai fini previdenziali, ma che appare come una regalia (in definitiva quello che potreste perdere con il bonus fiscale lo riconquistate con l'elemento perequativo).
SGB valuta negativamente queste dinamiche contrattuali, tendenti a spostare dalla retribuzione fissa e ricorrente quote di salario (un'operazione peraltro già iniziata nel nostro comparto Regioni e Autonomie Locali con l'indennità di comparto e proseguita con i premi alla performance), nonché finalizzate a far percepire la fine del concetto di stipendio.
Purtroppo ad oggi nessuno sa rispondere alla semplice domanda: che accadrà a questi soldi nel 2019?

2.3 - Uno scalino in più per la progressione economica orizzontale
Anziché reintrodurre i vecchi, ma sempre efficaci scatti di anzianità ARAN e sindacati firmatari hanno voluto introdurre un nuovo scalino retributivo (solo a partire dal 2019) per ciascuna categoria. Avremo quindi i nuovi profili economici A6, B8, C6 e D7.   Lo scopo - apparentemente generoso - è quello di tacitare i malumori che si registrano, soprattutto nelle amministrazioni più grandi, tra coloro che hanno raggiunto il limite della propria categoria e non vedono alcuna prospettiva di miglioramento economico stabile.
Tuttavia la possibilità di accedervi, compiendo un ulteriore scatto in avanti, è del tutto ipotetica. Infatti le progressioni economiche orizzontali sono interamente a carico del fondo per il salario accessorio che però, per i limiti imposti dal legislatore a tutela dei conti pubblici, non può aumentare.(art. 23, 2° comma del d. lgs. 75/2017).

2.4 - Il fondo per il salario accessorio diventa fondo per le risorse decentrate
Anche in questo caso il cambiamento lessicale serve a far assimilare la prospettiva che quel fondo economico non è destinato a incrementare il salario del lavoratore, ma che si tratta di risorse (in senso generico) il cui utilizzo (ma solo per quello che concerne i criteri) è stabilito in sede decentrata.

Da una prima lettura dell'art. 67 parrebbe che il fondo per le risorse decentrate possa essere incrementato.  A ben vedere si tratta di risorse già presenti nel fondo per il salario accessorio dell'anno precedente che vengono semplicemente riconfermate.
La sola voce stabile realmente aggiuntiva è costituita da un importo di "ben" 83,20 Euro annui lordi (7 Euro mensili) a dipendente, sia a tempo indeterminato che determinato, presente nell'ente alla data del 31.12.2015, importo che sarà disponibile solo a partire dal 1° Gennaio 2019 (e sempre che una legge non disponga diversamente).

2.5 - L'illusione degli arretrati
Anche la componente relativa agli arretrati non ci fa sognare. Alle ipotesi ottimistiche circolate verso la fine dello scorso anno fa riscontro la dura realtà delle cifre attuali.
La somma che ci troveremo in busta paga va dai 439,5 Euro per una categoria A1 ai 762,2 di una categoria D6 (per coprire il periodo che va dal 1° Gennaio 2016 al 28 Febbraio 2018) che netti subiscono una ulteriore significativa riduzione (grossolanamente il 25% di meno).
Si tratta un arretrato pari a poco più di 1 Euro al giorno. In sostanza ci offrono il caffè per un anno per ripagarci di 9 anni senza contratto.

Categoria
Totale arretrati 2016 + 2017 + primi due mesi del 2018 (importo lordo)


D6
762,2
D5
712,6
D4
681,9
D3
652,7
D2
595,8
D1
566,6


C5
588,5
C4
566,6
C3
550,5
C2
535,9
C1
521,3


Categoria
Totale arretrati 2016 + 2017 + primi due mesi del 2018 (importo lordo)


B7
534,4
B6
514
B5
505,2
B4
497,9
B3
490,6
B2
470,2
B1
462,9


A5
470,2
A4
461,4
A3
454,1
A2
442,5
A1
439,5


3.0 – ORDINAMENTO PROFESSIONALE E POSIZIONI ORGANIZZATIVE
L'ipotesi di contratto siglata il 21 Febbraio 2018 ha previsto alcuni cambiamenti significativi sia sul fronte dell’ordinamento professionale, sia su quello delle posizioni organizzative. Entrambe le questioni passano attraverso una sostanziale modifica delle relazioni sindacali anche riguardo le materie su cui sia possibile concretamente contrattare. Per questo sarà necessario porre rigorosi paletti nelle contrattazioni che si svilupperanno in sede decentrata.

3.1 – Il sistema di classificazione professionale
Il sistema di classificazione esistente, fissato con il CCNL del 31.3.1999, resta quasi del tutto intoccato.
Viene sancita la definitiva scomparsa dei profili professionali collocati nella posizione di partenza D3 (chi già lo aveva lo mantiene, ma per il futuro l’inizio carriera avverrà in categoria D1) , mentre restano quelli in B3.
Per il resto la classificazione in 4 categorie al momento resta invariata e l’anacronistica cat. A è destinata a rimanere ancora vigente (nonostante il “coram populo” di parte sindacale che ne avrebbe gradito il transito nella categoria B).

3.2 – Commissione paritetica sui sistemi di classificazione professionale
Il nuovo modello di relazioni sindacali prevede, tra gli istituti di partecipazione sindacale, la costituzione di organismi paritetici, riservato ai soli sindacati firmatari.
3.2.1 – finalità
Tra gli organismi previsti figura la Commissione paritetica sui sistemi di classificazione professionale il cui fine dichiarato consiste nell’individuare “l’ottimale bilanciamento delle esigenze organizzative e funzionali degli Enti con quelle di riconoscimento e valorizzazione della professionalità dei dipendenti” (art. 11, comma 1).
3.2.2 – modalità operative
E’ prevista una fase istruttoria – successiva alla stipula del CCNL – durante la quale “acquisire ed elaborare tutti gli elementi di conoscenza sull’attuale sistema di classificazione professionale, nonché di verificare le possibilità di una sua evoluzione e convergenza…” (comma 2).
3.2.3 – compiti della commissione
Alla Commissione sono affidati tre compiti principali:
a)   Prevedere la revisione dell’attuale classificazione del personale mediante una verifica delle declaratorie in relazione ai cambiamenti organizzativi e verificando i contenuti dei diversi profili professionali;
b)   Analizzare alcune specificità professionali istituendo eventualmente specifiche sezioni contrattuali (in particolare per il personale educativo e scolastico, o per gli avvocati);
c)   Analizzare gli strumenti per sostenere lo sviluppo delle competenze e per riconoscere , selettivamente, il loro accrescimento.
3.2.4 – Tempi
La commissione si insedia entro un mese dalla sottoscrizione del CCNL e conclude i suoi lavori – con la formulazione di proposte organiche alle parti negoziali - entro Luglio (si immagina 2018, ma non è precisato). Solo per il settore scolastico ed educativo è previsto un tempo di tre mesi dal primo insediamento.

3.3 - Le posizioni organizzative nel futuro contratto
L’ipotesi contrattuale ha inciso profondamente sulle posizioni organizzative (di seguito p.o.) riscrivendo le regole per la loro attribuzione precedentemente sancite dal CCNL del 31.3.1999.
Le p.o. sono istituite dagli enti ed assegnate a personale di categoria D per:
a)   lo svolgimento delle funzioni di direzione di unità organizzative complesse (come prima);
b)   lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità (è rimasto molto simile alla precedente formulazione);
Scompare invece la terza tipologia consistente nello “… svolgimento di attività di staff e/o di studio, ricerca, ispettive, di vigilanza e controllo”.
Nelle Comuni privi di personale di categoria D e nelle IPAB le funzioni possono essere assegnate a personale di categoria B e C.
         3.3.1 – La disciplina delle p.o.
Diversamente dal passato sono stati sottratti alla contrattazione i criteri attraverso cui attribuire le p.o. lasciando alla negoziazione soltanto i criteri per definire l’indennità di risultato e  la sua correlazione con i compensi previsti da norme di legge (condono, compensi per legali e tecnici, recupero dell’evasione dei tributi, etc.).
Questo significa che sarà la parte politica o – nelle strutture prive di amministratori - l’alta direzione dell’ente, a definire i criteri generali di attribuzione di tali incarichi, lasciando ai dirigenti il loro formale conferimento.
3.3.2 – Le risorse destinate alle p.o.
L’art. 15 dell’ipotesi contrattuale interviene nel precisare gli aspetti economici legati alle p.o.
Gli importi della retribuzione di posizione sono fissati in un valore compreso tra 5000 e 16000 Euro annui lordi per tredici mensilità.  Per quelle attribuibili alle categorie B e C varia invece da 3000 a 9500 Euro annui lordi per tredici mensilità.
Per la retribuzione di risultato gli enti, come prima evidenziato, definiscono autonomamente i criteri per determinare gli importi e l’erogazione annuale.  Rispetto al passato si stabilisce che almeno il 20% dell’importo per le p.o. sia destinato alla retribuzione di risultato: in sostanza la parte variabile diventa più significativa di prima, con tutto quello che comporta in termini retributivi e previdenziali.
L’aspetto di maggior rilievo per le p.o. consiste tuttavia nell’espungere il loro importo (nella misura prevista nel 2017) dal fondo delle risorse decentrate per porlo a carico dei bilanci degli enti: in tal modo è definitivamente sancita la totale discrezionalità degli enti nelle future attribuzioni di p.o. e il prevedibile aumento delle risorse a ciò destinate per effetto dell’incremento della parte destinata alla retribuzione di risultato.
Viene infine istituita la possibilità di attribuire incarichi ad interim (senza specificare in quali casi) aumentando la retribuzione di risultato di un importo compreso tra il 15 e il 25% di quella di posizione prevista per l’interim.
Viene infine prevista una particolare disciplina per le p.o. attribuite al personale di categoria B e C e per quelle che sono condivise tra più enti (il caso dell’Unione di Comuni).



4.0 - RELAZIONI SINDACALI, WELFARE E PREVIDENZA
Quanto sottoscritto da CGIL, CISL, UIL e CSA  insieme al Governo è un rinnovo di contratto per le Funzioni Locali che, nonostante le trionfalistiche dichiarazioni dei sindacati complici, anche sul piano dei diritti a contrattare rappresenta un arretramento.
Diritti e risorse economiche sono stati barattati garantendo alle organizzazioni sindacali firmatarie  l’accesso alla gestione dei servizi di welfare (asili nido, cura degli anziani, etc.), della sanità integrativa e dei fondi pensione.  Anzi del solo fondo pensione considerato nell'ipotesi di contratto: il fondo Perseo - Sirio, gestito da cisl, uil e cgil, cui conferire anche parte dei proventi delle multe (art. 208 codice della strada) per invogliare almeno la categoria dei vigili urbani ad aderirvi con lo svantaggio per i vigili di vedersi svenduta la propria liquidazione (TFR o TFS) in cambio di una modesta pensione integrativa.
A tutto questo va aggiunto un aumento dei tempi di raffreddamento del conflitto che passa da tre a sette mesi nel periodo forse più aspro dei negoziati, ovvero il momento del rinnovo contrattuale (art. 2, comma 5 dell’ipotesi di accordo). Si suggella con questo ulteriore tassello il progressivo abbandono, da parte di queste parti sindacali, degli interessi della classe lavoratrice.

4.1 – La perdita della contrattazione
Scorrendo il  Titolo II Relazioni Sindacali della bozza di contratto nazionale, si confermano alcuni aspetti su cui da sempre le principali centrali sindacali fanno orecchie da mercante. Infatti si conferma la mancata previsione di sottoporre i contratti (sia quello nazionale che quelli decentrati) al voto vincolante  dei lavoratori.  Stesso ragionamento vale per l’impegno delle OO.SS. firmatarie  a non assumere azioni unilaterali, né a procedere ad azioni dirette entro il primo mese del negoziato, limitando in tal modo il conflitto ed il diritto di sciopero (previsto all’art. 10).  Ma questi 30 gg. di “congelamento” sindacale rischiano di espandersi smisuratamente almeno fino a 120 (quattro mesi), cui vanno aggiunti ulteriori 90 gg. nel caso di adozione di atti unilaterali da parte delle amministrazioni (nel caso non si raggiunga l’accordo).
Ciò che però risulta stridente rispetto al passato, riguarda la riduzione del potere contrattuale della RSU (già fortemente compresso dai precedenti accordi).  L’organismo di rappresentanza dei lavoratori viene relegato ai margini della contrattazione: sia all’art. 6, che  istituisce l’Organismo Paritetico per l’innovazione in tutti gli enti con più di 300 dipendenti, che esclude completamente la RSU e prevede la partecipazione ai tavoli dei soli sindacati firmatari del contratto;
sia recependo quanto previsto dalla legge che assegna alle amministrazioni  la possibilità di procedere unilateralmente in assenza di accordo;
sia infine con la commissione paritetica sui sistemi di classificazione professionale prevista a livello nazionale (art. 11).
L’art. 7 prevede poi la totale esclusione dalla contrattazione delle organizzazioni sindacali non firmatarie. Questo, anche se dai risultati delle votazioni RSU dovessero risultare rappresentative (a livello nazionale o a livello locale).
4.1.1 – Il nuovo istituto del confronto
L’ipotesi di contratto, prevede tre diversi tipi di relazioni sindacali: Informazione, Confronto e Contrattazione Decentrata.
L’istituto negoziale del confronto è la vera novità e appare ad una prima lettura analogo a quella che abbiamo conosciuto come concertazione.  SGB è dell’avviso che oltre ad una riduzione delle materie oggetto di confronto rispetto a quelle della concertazione, l’istituto negoziale verrà declinato in chiave unilaterale da parte delle amministrazioni.  Rispetto al passato il ruolo delle organizzazioni sindacali assume caratteristiche diverse: non più contrapposizione, ma partecipazione e condivisione nella gestione della vita lavorativa, lasciando mano libera ai dirigenti[1].
4.1.2 – Le materie di contrattazione
Le materie su cui rimane il diritto dei lavoratori a contrattare guarda caso sono collegati a quegli istituti che applicano gli aspetti peggiori dei contratti. All’art. 7, comma 4   sono definite le materie su cui si svolge la contrattazione integrativa che subiscono significativi rimaneggiamenti[2].
Sulle materie di cui all’art. 7, comma 4, lettere k), l), m), n), o), p), q), r), s), t).  trascorsi 30 giorni eventualmente prorogabili fino ad un massimo di ulteriori trenta giorni, e se non si sia raggiunto l’accordo, si può agire sindacalmente.
Qualora non si raggiunga l'accordo sulle materie di cui all’art. 7, comma 4, lettere a), b), c), d), e) f), g), h), i), j), u), v), w) ed il protrarsi delle trattative determini un oggettivo pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa, nel rispetto dei principi di comportamento di cui all’art. 10, l'ente interessato può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione e prosegue le trattative al fine di pervenire in tempi celeri alla conclusione dell'accordo.
Come si vede, addirittura su molte materie di contrattazione in realtà le amministrazioni hanno, dopo 30 o 45 giorni, la possibilità di agire unilateralmente; altro che rilancio della contrattazione!!!
4.1.3 – Considerazioni a margine dell’ipotesi
L’ipotesi di accordo del CCNL funzioni locali si muove nella direzione scelta da Governo e sindacati di togliere diritti ai lavoratori e rafforzare invece il ruolo del sindacato complice, che non lotta per il miglioramento delle condizioni, ma che, semplicemente, accompagna l’operato delle amministrazioni, ricevendone in cambio ruolo, riconoscimento e risorse da gestire per il welfare aziendale, la sanità integrativa e i fondi pensione.
SGB non ha necessità di ricorrere a questi scambi. Può invece costituire un argine alla discrezionalità dei dirigenti. Può ristabilire quei rapporti di forza che consentono di ripristinare equità retributiva e la riaffermazione dei diritti del lavoratore.  Questo vale sia nell’erogazione del salario accessorio, come nelle progressioni orizzontali.
Vi sono poi alcuni altri punti che possono diventare terreno di vero conflitto per difendere o migliorare le condizioni di lavoro, ma questo può essere svolto solo da delegati RSU conflittuali e da sindacati non firmatari del contratto
In particolare su questi 2 punti:
- le misure concernenti la salute e sicurezza sul lavoro;
- i riflessi sulla qualità del lavoro e sulla professionalità delle innovazioni tecnologiche inerenti l’organizzazione di servizi.
Val la pena agire per tutelare al meglio le materiali condizioni di lavoro intendendo per qualità del lavoro tutto ciò che attiene al benessere del lavoratore connesso alla qualità dei servizi offerti alla cittadinanza
Questo serve a nostro parere anche al fine di recuperare un rapporto virtuoso con i cittadini – utenti, invertendo il letmotiv del “fannullonismo” di questi anni.
Su tutti i temi di contrattazione restanti il nostro ruolo deve essere di contrastare tutte le forme possibili di flessibilità previsti dal Contratto nazionale (vedi lettere k,l,p,q,r).  Solo in via eccezionale sarà pensabile di monetizzare tali forme.
Sul welfare aziendale, così come con le polizze sanitarie integrative o con i fondi pensione, occorrerà denunciare pubblicamente il furto di risorse perpetrato ai nostri danni.  Andrà evidenziato anche alla cittadinanza il vergognoso scippo dei proventi delle contravvenzioni al codice della strada che il nuovo contratto (all’art. 56 quater) destina al fondo di previdenza complementare gestito dai sindacati confederali e alle future misure di welfare integrativo.
In definitiva è evidente che con questo contratto il ruolo della contrattazione decentrata è relegata ad una funzione difensiva e non più di conquista di obbiettivi da generalizzare.
Diventa quindi centrale collegare strettamente azione sindacale decentrata e azione sindacale generale/nazionale come accaduto con la proposta di istituire la 14a mensilità.


5.0 - aspetti normativi, orario, precariato
L'ipotesi di contratto degli enti locali sottoscritta il 22 Febbraio contiene numerose riscritture delle precedenti discipline contrattuali.  La finalità risiede nell'obbligo stabilito dal legislatore di recepire nei contratti le norme di legge (tanto quelle di Brunetta che della Madìa).  Contro questa modalità coercitiva non un solo grido sindacale si è levato.  Accettazione passiva (quando non vera e propria condivisione) o convenienza per la garanzia di accedere ai tavoli negoziali hanno "comprato" la complicità sindacale.
Molti aspetti sono stati riscritti per adeguarli alle norme di legge, altri sono vere e proprie novità.   Di fatto si assiste ad un ulteriore impoverimento sul piano dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici degli enti locali.

5.1 - Aspetti normativi su permessi e assenze
         5.1.1 - Malattie orarie (art. 35)
Uno degli aspetti innovativi introdotti con l'accordo sugli enti locali, riguarda la possibilità di fruire di permessi per visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici.   La materia è stata oggetto in passato di interventi giurisprudenziali, che però non hanno mai completamente chiarito i rapporti tra legge e contratto dopo l'intervento di Brunetta.  Con la nuova possibilità  sarà possibile fruire di tali permessi, orari o giornalieri, fino a 18 ore annue retribuite, senza che questo comporti la decurtazione del salario accessorio prevista dalla legge (ma solo nel caso di fruizione oraria in base al comma 6).  Se si può plaudire a questa conquista di civiltà è però palese che 18 ore annue (comprensive anche dei termini di percorrenza da/verso la struttura sanitaria) rischia di essere una goccia nel mare, soprattutto di chi necessita di controlli periodici o terapie continuative.
         5.1.2 - Diritto allo studio (art. 45)
Riscritto interamente il dettato contrattuale relativo al diritto allo studio. Da un lato per arginare  talune possibili controversie insorgenti a livello decentrato quando le richieste eccedono la misura del 3% del personale in servizio, dall'altro per considerare l'accessibilità del personale precario (ma solo con contratto superiore a 6 mesi).
Ne viene fuori un ulteriore irrigidimento determinato dall'imposizione di un modello centralizzato che con difficoltà sarà adattabile alle amministrazioni più piccole.
         5.1.3 - Richiamo alle armi (art. 47)
Abbiamo già avuto modo di evidenziare la particolarità della previsione del richiamo alle armi contenuta in tutte le ipotesi contrattuali con cui sono in corso di rinnovo i contratti del Pubblico Impiego, ma anche in questo caso appare inspiegabile la norma alla luce del fatto che nel nostro paese esiste un servizio militare non più basato sulla leva obbligatoria.

5.2 - ORARIO
         5.2.1 - Orario multiperiodale (art. 25)
In questi anni negli enti locali si è fatto ben poco ricorso allo strumento dell'orario multiperiodale (il contratto del 1995 lo chiamava plurisettimanale), in base al quale si lavora di più in alcuni mesi nell'anno e meno in altri.
In taluni servizi locali le amministrazioni sono ricorse alla gestione dell’orario di lavoro con modalità multiperiodale per risparmiare sulla spesa del personale (quella per lo straordinario e sulle nuove assunzioni ad esempio). Anche ricorrendo, in qualche caso, alla minaccia di trasformarlo in orario spezzato, come nel caso del personale degli scuolabus.
L’orario multiperiodale nella sua nuova configurazione diventa uno strumento nelle mani del datore di lavoro, che può avvalersene a proprio piacimento, visto che la gestione degli orari non è più materia di contrattazione.
Inoltre quanto era previsto in passato, ovvero la possibilità di ridurre l'orario di lavoro a 35 ore settimanali (ai sensi dell’art. 22 del CCNL 1° Aprile 1999) viene definitivamente accantonato.
         5.2.2 - Altri aspetti legati all'orario (artt. 26-27)
Il nuovo contratto prevede maggiore flessibilità negli orari e nel recupero delle carenze orarie, ma questa flessibilità non è funzionale all'accrescimento dei diritti ma piuttosto una concessione alle esigenze aziendali.
La flessibilità, spacciata come un vantaggio per il lavoratore affinché possa conciliare le esigenze di vita con quelle di lavoro, rischia di diventare ingabbiata nelle nuove regole impedendo una reale flessibilità.
L'intreccio tra norme di legge e di contratto potrebbe determinare in taluni servizi orari di lavoro esageratamente dilatati, addirittura superando il limite massimo di 48 ore settimanali (ricordiamo che si tratta di un limite medio ma riferito a un periodo massimo di sei mesi).

5.3 - PRECARIATO
         5.3.1 - Come aumenta la precarietà (art. 50)
Fino ad ora le limitazioni ai contratti di tipo flessibile costituivano un argine alla loro proliferazione.
Con il nuovo testo viene posto un limite più basso del passato (passa dal 25 al 20% del personale a tempo indeterminato), ma come per altre fattispecie  anche qui esiste un trucco.
Infatti sono individuate contrattualmente alcune casistiche che possono determinare l'espansione - senza limite - di tale misura percentuale.
In alcuni casi, le supplenze del settore scolastico ed educativo che producono una sorta di precariato fisiologico, le nuove regole contrattuali (peraltro già vigenti sul piano normativo) paiono del tutto appropriate, ma quando si stabilisce che anche l'attivazione di nuovi servizi o l'ampliamento di quelli esistenti possa consentire il superamento del limite precedentemente dettato, il timore di un'espansione della precarietà o di un suo utilizzo fuorviante da parte delle amministrazioni locali diventa una certezza.
Si introduce inoltre una deroga di 12 mesi che porta da 36 a 48 mesi (presso lo stesso datore di lavoro con lo stesso contratto), la durata massima dei rapporti di lavoro precario.
Si tratta in sostanza di un anno di deroga che allunga la precarietà e allontana di un anno la possibile e definitiva assunzione a tempo indeterminato.


6.0 – COME CAMBIA IL FONDO PER LE RISORSE DECENTRATE?
Con la nuova disciplina contrattuale il Fondo muterà la sua denominazione. Il cambiamento non è puramente lessicale, ma nasconde tutte le insidie del contratto futuro come abbiamo già spiegato in precedenza (par. 2.4).

6.1 – Il fondo per le risorse decentrate
Il fondo degli enti locali è suddiviso in parte stabile e in parte variabile dal 2004.
Nel corso degli anni la costituzione del fondo è stata una delle questioni più spinose e che ha visto sistematicamente intervenire la Ragioneria Generale dello Stato a bacchettare gli enti che – a suo dire – erano stati eccessivamente larghi di manica.
Il fondo è attualmente cristallizzato per effetto delle norme di legge ai valori del 2016. Il nuovo contratto nazionale ne prevede l’incremento, ma solo nel 2019. Senza considerare che nel frattempo potrebbero intervenire ulteriori limitazioni di legge (per la politica di riduzione del debito decisa a Bruxelles) e che anche quei meccanismi di progressione orizzontale da destinare a chi avesse già raggiunto il livello più elevato nella categoria, non sarebbero realizzabili.
Un tempo esisteva l'art. 15, comma 5, del Ccnl 1999, che prevedeva l'incremento del fondo in caso di attivazione di nuovi servizi o processi di riorganizzazione ma, nel corso degli anni, l'Aran, ha introdotto innumerevoli paletti per scongiurare l’incremento, insomma tutto è stato fatto per limitare il potere di acquisto e di contrattazione, impoverire prima il salario e il contratto nazionale e poi accanirsi sul livello accessorio: questo è accaduto negli ultimi 15 anni con il risultato di restare 9 anni senza contratto e subire l'impoverimento della parte fissa del fondo.
Come abbiamo già visto il fondo potrà crescere di un importo pari a 83,20 Euro a dipendente (di ruolo o precario) a partire dal 2019
         6.1.1 – Brunetta resiste!
Uno dei proclami sventolati dalle organizzazioni sindacali all’indomani della sottoscrizione dell’accordo riguarda il paventato superamento del decreto Brunetta (D. Lgs. 150/2009).
Purtroppo le cose, a nostro modo di vedere, addirittura peggiorano.
Già i decreti del ministro Madìa (D. Lgs. 74 e 75/2017) hanno recepito quasi tutto l’apparato brunettiano, ma adesso viene introdotto addirittura un peggioramento in questo senso.
La parte più odiosa del decreto 150 era costituita dal considerare il 25% dei pubblici dipendenti non premiabile. Ora la contrattazione fa addirittura peggio.
Prevede infatti che non meno del 30% delle risorse utilizzabili per la produttività collettiva, sia destinato a “…I dipendenti che conseguano le valutazioni più elevate…” secondo le regole della “…contrattazione integrativa [che] definisce una limitata quota massima di personale valutato, cui tale maggiorazione può essere attribuita.” (art. 69)
Si riesce quindi a fare addirittura peggio di Brunetta!
Veniamo agli orari che non sono oggetto di contrattazione come tutte le materie riguardanti la gestione degli uffici e dei servizi, una anomalia ribadita anche nell'ultimo contratto nazionale
6.1.2 – Le diseguaglianze salariali sono contro i Lavoratori
In un futuro alquanto prossimo, il salario accessorio dei dipendenti pubblici sarà erogato in maniera sempre più diseguale e opinabile: in misura maggiore di quanto avvenga ora.
Non parliamo solo della performance ma di quella idea, già fatta propria dal Dlgs 150/2009, che i premi debbano essere destinati principalmente alla innovazione e alle eccellenze, rimandando alla contrattazione nazionale il compito di regolamentare il tutto.
Questo significa che è completamente rivoluzionata la funzione di un contratto (nazionale o decentrato che sia). Non più terreno di miglioramento delle condizioni materiali di chi lavora, ma strumento al servizio delle amministrazioni per accompagnare i processi di trasformazione dei pubblici servizi.
SGB è contraria a questo nuovo modello cui altre organizzazioni sindacali hanno ceduto. Non si tratta solo dello scippo del salario accessorio e della produttività, o la sua erogazione solo a pochi attraverso la performance e le cosiddette eccellenze, ma di operare un mutamento di senso, nella percezione collettiva, per cui un aumento si può avere solo se si è prima condiscendenti, poi obbedienti e infine servili.
Siamo invece dell’idea che solo eliminando tutta questa sovrapproduzione di norme e regolazioni finalizzate a dividere i Lavoratori sia possibile ritrovare la rotta.
Questo è quanto abbiamo cercato di fare con la proposta di istituire la 14a mensilità.
6.1.3 – Incentivi per funzioni tecniche
Contraddittoria è la giurisprudenza in materia degli incentivi dei tecnici.
La questione riguarda il fondo della produttività e quindi noi tutti\e.
Siamo in attesa  di una decisione definitiva sulla inclusione o esclusione degli incentivi tecnici dal fondo delle risorse decentrate.
Su questo la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia (deliberazione n. 18/2018)  dichiara fuori dal fondo, gli incentivi tecnici pagati con i fondi comunitari, ma come la mettiamo per tutti gli altri incentivi? Una questione di non poco conto visto che si rischia la ennesima guerra tra poveri soprattutto se alla fine gli incentivi concorreranno a determinare il tetto invalicabile del fondo (il risultato è che aumentando gli incentivi diminuiranno le risorse per la produttività) Un pasticciaccio che il contratto nazionale non ha risolto, anzi il problema non è stato neppure affrontato.
6.1.4 – Il fondo aumenta se non ci assentiamo
Questo contratto è portatore anche di un’altra novità. Ad esempio quella che assicura  l'incremento del fondo solo se i tassi di assenza nell'ente non sono migliorati rispetto al passato, attraverso una comparazione dei dati e delle serie storiche verificati a livello nazionale.
Esplicitamente si precisa che sono considerate anomale concentrazioni di assenze in prossimità di giornate festive e di riposo settimanale (!)
Se considerare tali assenze anomale potrebbe avere un senso rispetto a quelle per malattia, risulta del tutto inspiegabile per altre assenze giustificate (ferie, permessi, etc.)
6.1.5 – Il contratto ha dimenticato qualcosa
La legge blocca il fondo per il salario accessorio allo stesso importo del 2016 (articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017) . Ma l'aumento degli importi tra vecchio e nuovo contratto, relativo alle progressioni economiche orizzontali già effettuate, in virtù del blocco, ricadrebbe inevitabilmente su altre voci del fondo che così diminuirebbero (produttività o altre indennità).
Per correggere questa svista, analogamente a quanto accaduto con il CCNL delle Funzioni Centrali, occorrerà una integrazione in sede di stipula definitiva, così da permettere di aumentare il fondo per il salario accessorio.
Resta tuttavia la gravità di una decisione assunta dai sindacati che all'atto della firma avrebbero dovuto agire in ben altro modo (senza dimenticare che un accordo con 40 euro netti di aumenti dopo 9 anni di blocco resta un contratto pessimo che non andava sottoscritto).



[1] Art. 5, comma 3. Sono oggetto di confronto, con i soggetti sindacali di cui all’articolo 7, comma 2:
a) l’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro;
b) i criteri generali dei sistemi di valutazione della performance;
c) l’individuazione dei profili professionali;
d) i criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi di posizione organizzativa;
e) i criteri per la graduazione delle posizioni organizzative, ai fini dell’attribuzione della relativa indennità;
 f) il trasferimento o il conferimento di attività ad altri soggetti, pubblici o privati, ai sensi dell’art. 31 del D. Lgs. n. 165/2001;
g) la verifica delle facoltà di implementazione del Fondo risorse decentrate in relazione a quanto previsto dall’art. 15, comma 7.

[2] a) i criteri di ripartizione delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa di cui all’art. 68, comma 1 tra le diverse modalità di utilizzo;
b) i criteri per l'attribuzione dei premi correlati alla performance;
c) i criteri per la definizione delle procedure per le progressioni economiche;
d) l’individuazione delle misure dell’indennità correlata alle condizioni di lavoro di cui all’art. 70-bis, entro i valori minimi e massimi e nel rispetto dei criteri ivi previsti, nonché la definizione dei criteri generali per la sua attribuzione;
e) l’individuazione delle misure dell’indennità di servizio esterno di cui all’art. 56-quinques, entro i valori minimi e massimi e nel rispetto dei criteri previsti ivi previsti, nonché la definizione dei criteri generali per la sua attribuzione;
f) i criteri generali per l'attribuzione dell’indennità per specifiche responsabilità di cui all’art. 70-quinquies comma 1;
g) i criteri generali per l'attribuzione di trattamenti accessori per i quali specifiche leggi operino un rinvio alla contrattazione collettiva;
h) i criteri generali per l'attivazione di piani di welfare integrativo;
i) l’elevazione della misura dell’indennità di reperibilità prevista dall’art. 24, comma 1;
j) la correlazione tra i compensi di cui all’art. 18, comma 1, lett. h) e la retribuzione di risultato dei titolari di posizione organizzativa;
k) l’elevazione dei limiti previsti dall’art. 24, comma 3 per il numero dei turni di reperibilità nel mese anche attraverso modalità che consentano la determinazione ditali limiti con riferimento ad un arco temporale plurimensile;
l) l’elevazione dei limiti previsti dall’art. 23, commi 2 e 4, in merito, rispettivamente, all’arco temporale preso in considerazione per l’equilibrata distribuzione dei turni, nonché ai turni notturni effettuabili nel mese;
m) le misure concernenti la salute e sicurezza sul lavoro;
n) l’elevazione del contingente dei rapporti di lavoro a tempo parziale ai sensi dell’art. 53, comma 2;
o) il limite individuale annuo delle ore che possono confluire nella banca delle ore, ai sensi dell’art. 38-bis del CCNL del 14/9/2000;
p) i criteri per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare;
q) l’elevazione del periodo di 13 settimane di maggiore e minore concentrazione dell’orario multiperiodale, ai sensi dell’art. 25, comma 2;
r) l’individuazione delle ragioni che permettono di elevare, fino ad ulteriori sei mesi ,l’arco temporale su cui è calcolato il limite delle 48 ore settimanali medie, ai sensi dell’art. 22, comma 2;
s) l’elevazione del limite massimo individuale di lavoro straordinario ai sensi dell’art. 38 del CCNL del 14.9.2000
t) i riflessi sulla qualità del lavoro e sulla professionalità delle innovazioni tecnologiche inerenti l’organizzazione di servizi;
u) l’incremento delle risorse di cui all’art. 15, comma 5 attualmente destinate alla corresponsione della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, ove implicante, ai fini dell’osservanza dei limiti previsti dall’art. 23, comma 2 del d. lgs. n. 75/2017, una riduzione delle risorse del Fondo di cui all’art. 67;
v) i criteri generali per la determinazione della retribuzione di risultato dei titolari di posizione organizzativa;
w) il valore dell’indennità di cui all’art. 56-sexies, nonché i criteri per la sua erogazione, nel rispetto di quanto previsto al comma 2 di tale articolo










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