Sharing economy e precarietà

Il Sole 24 Ore parla di "Accesso contro possesso", noi rifiutiamo questa semplificazione dal carattere  fuorviante. Per decenni l'acquisto della prima casa è stato l'obiettivo a cui il risparmio delle famiglie era indirizzato, l'investimento nel mattone, in una abitazione dove vivere, crescere i figli e lasciare, al termine della vita, in eredità. Un bene prezioso, se volete piccolo borghese, che ha animato i sogni della classe operaia e del ceto medio, dopo un lavoro stabile arrivava la scelta dell'acquisto della casa verso cui indirizzare i risparmi familiari o i mutui decennali contratti con le banche. Ma è arrivata una fase storica nella quale l'acquisto della casa è stata osteggiata dalla crisi del sistema bancario, dalle crescenti difficoltà nell'accordare prestiti a salari precari che non presentano le credenziali necessarie o giudicate dall'istituti finanziari inadeguate.

 Poi è arrivata la richiesta di maggiore mobilità sociale, la crisi occupazionale che porta molti di noi ad accettare impieghi lontani, esistenze precarie. E infine la sharing economy, l'economia basata sui servizi che per affermarsi ha bisogno anche di modificare culture ed abitudini. Il senso del possesso è venuto meno con la crisi sociale ed economica, al resto pensa l'economia basata sui servizi e tra questi un posto privilegiato lo avranno le offerte aziendali, da qui nasce lo scambio diseguale tra salario e servizi.

Vogliono indurci a pensare che i soldi (gli stessi che poi contribuirebbero ad innalzare di pochi euro il futuro assegno previdenziale calcolato con il sistema contributivi) possono essere scambiati con dei benefit. E allora , oltre a modificare la cultura si prova anche a costruire sistemi sociali, salariali e di relazioni sindacali ad uso e consumo dello scambio diseguale sopra descritto

Stanno nascendo come funghi star up e aziende di servizi, tutte basate su una forza lavoro invisibile e ad elevato tasso di precarietà . Non si dice tuttavia che l'accesso ai servizi è reso possibile dal potere di acquisto (nel frattempo ridotto) e da condizioni economiche derivanti dal possesso di un reddito e di una posizione lavorativa\ sociale ben definita che per molti\e è diventato un miraggio. Non siamo in presenza di servizi e beni comuni ma di servizi a pagamento, frutto anche della crisi del 2008 da cui non ci siamo ancora ripresi come i dati statistici dimostrano, quella crisi economica che ha bisogno di una forza lavoro sempre piu' sfruttata, mobile e che ormai ha barattato salario con benefit. E' anche di questo che dobbiamo parlare senza cedere alle lusinghe della cultura americana, l'accesso ai servizi educativi e sanitari una volta soppresso il carattere universale e pubblico degli stessi è destinato a ridursi ai minimi termini.

E' una questione di classe allora e non di modernizzazione delle nostre abitudini o di rivoluzione culturale. La filosofia di vita imposta dal capitale è dettata dai suoi feroci processi di ristrutturazione, in questa ottica va letta e comprsa la sharing economy

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