Cosa si cela dietro la manovra del Governo in materia di lavoro

Se  in Italia avessimo sindacati degni di questo nome non si presenterebbero con il cappello in mano a ratificare l'attacco definitivo al decreto dignità lanciando invece un messaggio molto chiaro alla forza lavoro, alle parti datoriali e soprattutto all'Esecutivo: non siamo disposti ad accrescere la precarietà sottoscrivendo politiche di moderazione salariale.





Ma la storia non si fa con i se e la riduzione del cuneo fiscale, per due terzi a carico delle imprese che porteranno a casa risultati assai maggiori degli eventuali benefici in busta paga (che poi pagheremo con la riduzione dei servizi offerti dal welfare), è un cavallo di battaglia, anzi di Troia, del sindacato rappresentativo che pensa che il potere di acquisto possa essere incentivato non da aumenti adeguati al costo della vita ma attraverso la leva fiscale.

Il Governo, nella fretta di approvare il Def, dopo la bocciatura della risoluzione sullo scostamento di bilancio  alla Camera causa innumerevoli assenze nei banchi della Maggioranza, ha già convocato per il 1 Maggio il Consiglio dei Ministri. La scelta del 1 Maggio non è casuale, o i sindacati si piegano ai voleri padronali e Governativi o la Festa dei lavoratori celebrerà la loro sconfitta.

La posta in gioco è il varo del  “Pacchetto lavoro” , il prossimo 1° maggio lo ricorderemo non per le conquiste dei lavoratori ma per la debacle dei sindacati perchè i sindacati rappresentativi non hanno la minima intenzione di andare allo scontro, anzi la linea Governista della Cisl sembra avere la meglio sulle perplessità (!) di Cgil e Uil.

Il premier Meloni esplicita la volontà del Governo: «Vogliamo dare un segnale al mondo del lavoro», ma il vero messaggio è diretto alle associazioni datoriali ai quali la cancellazione del reddito di cittadinanza e del decreto dignità era stata promessa in campagna elettorale come anche la riduzione del cuneo fiscale, in compenso i sindacati continueranno ad avere la cogestione di previdenza e sanità integrativa, il business dei Patronati e dei centri fiscali.

Convocato allora in fretta e furia il Consiglio dei ministri, dovranno aggiustare il testo da sottoporre poi al voto del Parlamento e non è fuori luogo pensare all' incremento del taglio al cuneo fiscale per i redditi inferiori a 35 mila euro che poi allargherebbe la forbice sociale, scelte in linea con  la moderazione salariale. Se arriveranno pochi euro in busta paga non potremo parlare di recupero del potere di acquisto e men che mai di riforma dei meccanismi che adeguano i salari al costo della vita, a rimetterci saranno la credibilità del sindacato, il welfare e il potere di acquisto stesso oltre a quello contrattuale (a meno di non scambiare il sistema delle deroghe con il rafforzamento delle prerogative sindacali). E a guadagnarci saranno solo e soprattutto le imprese, il loro potere economico e politico, la ricchezza collettiva andrebbe in misura maggiore ai capitali e non ai redditi

Forse quanto accaduto alla Camera sarà solo un incidente di percorso ma non avere approvato il Documento che sorregge la macchina della finanza pubblica, e con esso anche lo scostamento di bilancio necessario per il Dl sul lavoro, rappresenta un autentico problema per la credibilità del Governo soprattutto al cospetto di Bruxelles e delle parti datoriali. 
A questo punto spetta ai sindacati decidere cosa fare.

Le ipotesi più probabili sono le seguenti
  •  accogliere la manovra del Governo, magari dopo avere mobilitato qualche sonnolente piazza attorno a risibili proposte sulle quali ci sarà qualche cauta, e scontata, concessione da parte del Governo;  
  • accettare senza conflitto le norme del decreto lavoro rafforzando la precarietà e favorendo al contempo l' attacco complessivo al welfare.

 

Le campane suonano per le forze sociali e non per la Meloni che almeno, al contrario di Cgil Cisl Uil, intende perseguire un disegno strategico ambizioso a partire dal congelamento del  conflitto sociale per poi passare alla moderazione salariale e contrattuale depauperizzando i salari  e rafforzando la precarietà. 

 

 
E infine il passaggio successivo riguarderà il welfare, il tutto per accontentare le imprese che invocano da anni non solo sgravi e aiuti (dei quali hanno  già beneficiato ) ma una sostanziale revisione del sistema fiscale per accrescere quella forbice che rafforza i capitali a discapito dei redditi, le speculazioni finanziarie rispetto al lavoro, affermare un nuovo welfare  ridimensionato a mero discapito della universalità dei servizi erogati primi tra tutti sanità e istruzione. 

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