Due domande e due risposte sulla arrendevolezza del sindacato italiano

 


d perchè in Europa aumenta la conflittualità della forza lavoro e in Italia No?

Le risposte sono innumerevoli, non si capisce la debacle del movimento operaio e sindacale se non si parte dalla svolta dell'Eur nella seconda metà degli anni settanta o se si dimentica il ruolo attivo dei sindacati, fine anni ottanta, nel favorire l'ingabbiamento del diritto di sciopero. Se permettete un paragone azzardato, pensate alla Resistenza e ad eventuali sabotaggi di gruppi partigiani legati ai comunisti da parte dei Badogliani, o viceversa, magari non correva buon sangue ma tutti erano concordi di cacciare il Fascismo. In Italia invece per mettere fuori gioco il sindacalismo di base la Cgil ha rinsaldato l'alleanza con Cisl e Uil già nei mesi successivi alla cancellazione della Scala Mobile per poi favorire l'autoregolamentazione del diritto di sciopero. Queste scelte, orchestrate dall'alto, hanno indebolito il ruolo del sindacato tout cort.

Oggi in Italia manca perfino un sindacato corporativo che sappia difendere una categoria senza guardare alle condizioni di vita e di lavoro degli altri settori, il modello concertativo e la condivisione delle regole che hanno portato il pareggio di bilancio in Costituzione, la supremazia della previdenza e sanità integrativa, la condivisione delle regole in materia di sciopero sono la causa del sindacato subalterno che non sa difendere alcun interesse della classe limitandosi solo alla riduzione del danno.

L'Italia ha rappresentato un laboratorio per la Ue, quanto accaduto in materia di lavoro e previdenza e oggi sul welfare ha decretato l'arretratezza delle condizioni salariali e contrattuali e gli accordi di secondo livello, con le detassazioni, hanno conquistato la pace sociale allontanando lo spettro del conflitto.

Prendiamo ad esempio infortuni, morti sul lavoro e malattie professionali, un tema che dovrebbe essere unificante e attorno al quale costruire una campagna nella società e nei luoghi di lavoro, al contrario non si va oltre bollettini meritevoli di informazione e prese di posizione sula stampa

d ma allora cosa possiamo fare per rompere questa gabbia?

Non ci sono ricette precostituite ma solo il conflitto che non nasce a caso ma dalla rottura anche con alcune pratiche sindacali di base che non portano a risultati. Prendiamo ad esempio la frammentazione del sindacato di base, non parliamo di unificare le sigle ma di trovarsi almeno concordi sulle pratiche e sulle piattaforme, sulla lettura della realtà e della fase. Se invece perseveriamo nello spirito di auto conservazione andremo poco lontano. Prendiamo ad esempio quanto accade nella Pa: non esiste una analisi comune su cosa sia il pubblico e di conseguenza non riusciamo a difendere il diritto alla salute o i servizi dalla esternalizzazione. Mancano gli obiettivi reali, perseguirli con tenacia sarebbe almeno una risposta aggregante al bisogno di protagonismo della forza lavoro da cui scaturisce la salvaguardia del potere di acquisto e di contrattazione

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