Salute e sicurezza sul lavoro: da dove partire?

 Sono  ben 289  le vittime per incidenti sul lavoro solo nei primi 4 mesi e mezzo del 2023, non è dato sapere quanti siano invece infortuni e malattie professionali. Hanno perfino istituzionalizzato una giornata contro le morti sul lavoro, occasioni per discorsi privi di senso e una massiccia e ricorrente dose di retorica.



Il problema è ben noto, aumentano infortuni e morti perchè si lavora senza sicurezza, le malattie professionali crescono con la nocività delle produzioni, da anni si parla di potenziamento della medicina del lavoro che invece è soggetta a continui tagli, si invoca la prevenzione ma rappresentando un costo per i datori e la sanità pubblica non si fanno passi avanti,  servirebbero investimenti reali dei datori e del pubblico in materia di sicurezza ma si preferisce accordare sgravi fiscali  e aiuti vari alle imprese tagliando le spese per la salute,  si invoca la intensificazione dei controlli ma le figure fino ad oggi assunte restano insufficienti perchè i tetti di spesa in materia di personale sono rimasti invariati. 

Si parla da piu' parti dell'inserimento nel codice penale  del reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro ma vista la compagine parlamentare dubitiamo che scelte del genere possano essere adottate.

Un muro di gomma è quello su cui rimbalzano appelli e sottoscrizioni, prese di posizioni, un segnale preoccupante ma anche coerente con un approccio aziendalista attento ai profitti e al Pil ma da sempre disattento rispetto ai problemi reali, la salute e la sicurezza, le retribuzioni dignitose che non costringano tanti\e a doppi turni per arrivare in fondo al mese.

Il vero e fino ad oggi insormontabile problema per chi lotta a tutela della salute e sicurezza è proprio la incapacità di trasformare le rivendicazioni in battaglia politica e sindacale, poi ci sono quanti pensano che sia sufficiente una proposta di legge  per cambiare le cose pur sapendo che in Parlamento non ci sono numeri  e i rapporti di forza per imporre un approccio diverso. 

A scanso di equivoci pensiamo necessario la introduzione del reato di omicidio sul lavoro  ma se pensiamo come lo sforzo di parti datoriali e sociali vada solo nella direzione di ridurre le spese dell'impresa non pensiamo si possa uscire da questa situazione 

Alcuni esperti analizzano i fatti e consigliano ai datori di investire in sicurezza perchè sarebbe più conveniente prevenire gli infortuni, lo si dice da anni ma gli investimenti non arrivano se non per promuovere il benessere organizzativo che poi è lo strumento atto a rimuovere gli ostacoli al fine di accrescere produzione e produttività della forza lavoro. 

Inutile ricordare i giorni di infortunio e i costi a carico delle aziende per i giorni di assenza, costa assai meno non investire in sicurezza sapendo che i sindacati rappresentativi non fermeranno la  produzione in caso di morti e gravi infortuni limitandosi solo a un'oretta di blocco.

In Italia si muore ogni giorno nelle attività produttive, negli incidenti in itinere ma si continua a morire anche per le malattie contratte anni prima che agiscono in silenzio fino alle estreme conseguenze. 

Non ci sono ormai ambiti professionali sicuri, basti pensare a chi è deceduto per mesotelioma dopo essersi ammalato perchè entrato in contatto con l'amianto nei teatri, negli uffici o perfino nei sommergibili.

La forza lavoro si è ormai abituata all'idea che la insicurezza sia un prezzo da pagare per mantenersi il posto di lavoro, le segnalazioni ai datori e ai medici competenti sono spesso cadute nel vuoto e così si va avanti da anni per "cause di forza maggiore", gli stessi Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza restano subalterni alla filiera aziendale dominata dalle figure datoriali

Molti incidenti in itinere sono legati anche alla tipologia degli orari di lavoro, alle poche ore di sonno tra uno stressante turno e l'altro, alla impossibilità materiale di recuperare un benessere psico fisico accettabile

Se consideriamo gli incidenti nell'edilizia si capisce molto di quali conseguenze abbia comportato l'aumento dell'età pensionabile, gli assegni previdenziali da fame a spingere tanti\e ad allungare contro ogni logica la permanenza in attività pericolose per la loro salute e sicurezza

Pensiamo che un approccio solo teorico o tecnico alle problematiche della salute e sicurezza non sia sufficiente perchè se ci si limita alle normative vigenti, molte vilipese e non rispettate, saremo anche incapaci di cogliere e valorizzare le indicazioni provenienti dalla forza lavoro.

Ben vengano allora campagne di denuncia e rivendicazioni ma forse bisognerebbe partire da approcci diversi anche nei luoghi di lavoro, gli Rls sono figure isolate e spesso mal tollerate dalle stesse rappresentanze sindacali specie quelle rappresentative.

Da parte nostra vorremmo iniziare con una campagna di ascolto della forza lavoro e non limitarci a proteste generiche, forse saranno proprio lavoratrici e lavoratori a dimostrarci la inadeguatezza di quanto abbiamo fatto fino ad oggi e a fornirci elementi sufficienti a legare le istanze della salute con quelle salariali e una esistenza dignitosa.


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