La scuola sciopera, Draghi e il Pd si stupiscono?

La scuola sciopera, Draghi e il Pd si stupiscono?


– Salvatore Cingari, 11.12.2021
Proteste scandalose Contro i processi di aziendalizzazione e mercificazione si sono
sviluppate nelle ultime settimane le occupazioni delle scuole superiori. Si sono levate le
voci di alcuni studenti che avvertono di essere diventati dei clienti e vedono il mercato
invadere la scuola, con i loro docenti sempre più sfruttati e retribuiti con stipendi a cui si è
proposto un aumento minimale
Draghi – come ha denunciato su questo giornale Revelli – si è detto sorpreso per lo sciopero
generale di Cgil e Uil e con lui sembrano esserlo anche giornali e tv, nonché Andrea Orlando
ed Enrico Letta.
In realtà avrebbe dovuto sorprendere il contrario. Come sia stato possibile il declinare del
conflitto sociale proprio mentre le condizioni della working class peggiorano in termini di
occupazione, salari e sicurezza sul lavoro e quelle dei ceti medi si deteriorano a loro volta
ma non anche a vantaggio del “proletariato”, come all’epoca dell’avvento del fascismo,
bensì delle rendite e dei profitti di una esigua élite economica.
Perché quindi nonostante il tasso di diseguaglianza sia aumentato sempre di più dagli anni
Ottanta in poi, l’eroe di Gotham city è stato Batman e non Joker? Molti fattori spiegano il
fenomeno anche a livello globale: il credito facile che ha alimentato in molti grandi paesi
dell’Occidente un apparente benessere fra anni Novanta e nuovo millennio alla luce
fantasmagorica della rivoluzione digitale; l’evasione fiscale in paesi come l’Italia; la
polverizzazione del lavoro; la disgregazione individualistica della società e la dilagante
egemonia dei valori aziendali e competitivi che producono ormai la vita stessa delle
persone, facendo sì che anche quando esse contestano l’esistente finiscano per riprodurre il
sistema che reca loro disagio (neo-populismo); l’assenza non solo e non tanto di
soggettività politiche che dirigano la rabbia e il risentimento in senso democratico-sociale,
bensì piuttosto della forza di pratiche collettive che possano costituire un esempio per
un’alternativa al neocapitalismo.
Siamo quindi per questa strada arrivati al paradosso per cui Draghi si sorprende che si
indica uno sciopero generale quando si annuncia per molti anziani un inverno in cui
avranno difficoltà ad accendere il gas?
Quando un paese stremato da due anni di pandemia scopre che la legge di Bilancio premia
i redditi più alti, con un sistema fiscale che se non accondiscende alla flat-tax di Salvini,
mostra comunque di muovere nella stessa direzione anti-progressiva? Quando la
maggioranza boccia la sua proposta di contributo di solidarietà, forse facendo tesoro della
lezione secondo cui in questo momento si dà e non si prende, dimenticandosi che il
problema è a chi si dà e a chi si prende? Che si indica uno sciopero generale quando gli
operai della Gkn e di tante altre fabbriche combattono una battaglia estrema (à la Squid
game), in cui il governo sembra del tutto impotente a far valere il loro diritto al lavoro e alla
vita, e nel frattempo i super-avvocati gioiscono dei loro bonus?
L’idea del governo è anche, del resto, che le risorse debbano andare a chi le può investire
produttivamente a vantaggio di tutti (ai “migliori” insomma) e che dunque non si debba
puntare ad elevare le condizioni di tutta la base sociale attraverso politiche pubbliche
rivolte al welfare e alla redistribuzione. Ma l’ideologia ordoliberale (che andrebbe sostituita
con una di tipo “ordomutualistico”) è disseminata ormai ovunque in un mondo modellato
sull’impresa.
Anche contro questi processi di aziendalizzazione e mercificazione si sono sviluppate nelle
ultime settimane le occupazioni delle scuole superiori. Si sono levate le voci di alcuni
studenti che avvertono di essere diventati dei clienti e vedono il mercato invadere, dopo
lungo assedio, la scuola, con i loro docenti sempre più sfruttati e retribuiti con stipendi a cui
si è proposto un aumento minimale (si stupiscono Draghi e il Pd che ci sia lo sciopero
generale?).
Tempo fa un collega mi mostrò un test sulle abilità trasversali somministrato agli studenti
della sua università, in cui si attribuivano i più alti punteggi a coloro che si dichiaravano
pronti a sacrificare il loro giorno libero o a saltare una sessione d’esame per il bene
dell’azienda privata in cui lavorassero: un indottrinamento che non ha niente da invidiare
allo stalinismo e che anzi più di questo è efficace perché si serve della libertà.
Ecco perché la rappresentante degli studenti all’inaugurazione dell’anno accademico
dell’Università di Siena, Rosalia Selvaggi, ha sostenuto (di fronte ad un Mattarella, anche
lui, sorpreso) che oggi le università sono diventate “palestre di sfruttamento” in cui avanza
la competitività, il classismo, il sessismo e una meritocrazia che legittima la diseguaglianza,
esaltando quello stesso modello di sviluppo prestazionale che sta contribuendo a provocare
il disastro ambientale e sanitario del pianeta.
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