LE RISPOSTE DI ALDO CAZZULLO

 riceviamo e pubblichiamo


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di Tiziano Tussi

 

Come si fa a non commentare le risposte che scrive Aldo Cazzullo nella sua rubrica di risposta alle lettere dei lettori. L’ultima che ho visto è del giorno di Santo Stefano, primo martire della chiesa. Ci sarà qualche affinità con le risposte assurde che dà sul giornale che lo paga profumatamente? Leggiamo prima la lettera del lettore. Lettera di contorno ad un fenomeno classico delle vendite di beni di lusso ai bulimici del lusso. Vorrei anticipare, sperando di non annoiare, una mia storiellina. Un ricordo di gioventù. Mi dissero che un cappello stile cow boy venne venduto in un negozio in Via Montenapoleone a Milano a 500mila lire. 


Storiellina datata, quindi. Al che l’amico del commerciante, giovani entrambe, gli domandò di quel prezzo, evidentemente fuori da ogni conto economico. Lui, il commerciante, lo aveva messo in vetrina, prendendolo da casa sua, dove l’aveva portato dagli States, pagandolo pochi dollari, così per fare un po’ di estetica di richiamo. Entra una ragazza giovane e danarosa e chiede quanto costa quel cappello? Lui le dice, un pò per scherzo o scherno, 500mila lire. Lei li tira fuori e si prende il cappello. Senza senso. La storiella è del secolo scorso ripresa dal pozzo della mia memoria. Ma anche ora le borsette che aumentano di prezzo lo fanno per motivi simili: nulli. Bene il Cazzullo risponde cose assurde sulla carta del quotidiano che vende di più in Italia. Vediamole. La borsetta in via Monte Napoleone spiega l’impennata dei prezzi. Caro Aldo, Milano, via Monte Napoleone, due weekend prima di Natale. 


Le sedi dei marchi del lusso sfoggiano installazioni luminose; macchine che sembrano uscite dal film su Batman, modelle e forse influencer rigorosamente bionde che fotografano. Ero lì non per comprare – non me lo posso permettere – ma per curiosare. E ho notato un dettaglio: la stessa piccola borsa che a metà novembre costava 850 euro ora ne costa 200 in più. Le commesse imbarazzate spiegano che ad ogni ondata di Covid è seguito un aumento e altri ancora ne verranno. Agricoltori e imprenditori delle varie filiere produttive si stanno già difendendo aumentando a loro volta i prezzi. 


Ma a gennaio i lavoratori italiani come riusciranno a mantenere le loro famiglie? Andreina Ricciardi, Milano Cara Andreina, Grazie per il suo racconto. Ovviamente il problema non è il prezzo della borsa firmata. Il problema, come lei fa notare, è la corsa dei prezzi, che riguarda le borsette come le bollette; e come i generi alimentari. Non sono un economista, e lo si vedrà per tutta la risposta. Domanda: ma Cazzullo cosa è? e ogni settore ha le sue ragioni specifiche; ma ci sono anche cause generali. La prima: è dal 2008 che il sistema stampa denaro, prima contro la crisi finanziaria (soprattutto in America e Giappone, poi anche in Europa), e ora contro la crisi da pandemia. 


Non era pensabile che una simile mostruosa iniezione di liquidità, la «montagna di carta» per dirla con Tremonti, citazione che si poteva evitare data la qualità non eccelsa dell’ex ministro delle finanze in ordine economico non generasse prima o poi inflazione: più denaro c’è, meno vale. Inoltre, a ogni crisi aumenta il risparmio privato. Siccome le risorse non sono mai distribuite equamente, tanto meno in epoca di tecnofinanza e paradisi fiscali, ecco che il potere d’acquisto dei contribuenti onesti e a reddito fisso precipita questa dovrebbe proprio spiegarla. Siccome io risparmio il mio vicino di casa non può più comprare il latte ai suoi figlioli. Ben poco si capisce.


 Né era difficile prevedere che alla gelata della pandemia sarebbe seguita la ripresa dei prezzi, che vale ormai pure per l’immobiliare. Né si può pensare che lo Stato paghi a tempo indeterminato la bolletta ai suoi cittadini, tanto più che nelle fasce ufficialmente a reddito basso ci sono pure gli evasori e qui si viene a sapere che i sottoproletari evadono le tasse che non devono pagare vista la loro situazione di miseria o quasi. Oppure se Cazzullo vuole dire che vi sono ricchi che non dichiarano nulla al fisco, lo dica chiaramente. 


Ma per carità non si deve innervosire il ricco di turno con argomentazioni finanziarie e morali, altrimenti porta i suoi soldi al nero in un paradiso fiscale ed allora l’Italia si impoverisce. A questo punto, il salario minimo e la reintroduzione di un meccanismo di adeguamento degli stipendi sarebbe una misura di equità sociale sarebbe, ma attenzione in cauda venenum, leggiamo fino alla fine, dopo quel sarebbe, ipotetico. Che però rischierebbe di far aumentare ulteriormente l’inflazione quindi per tutti i contratti scaduti e /o rinnovati con poche lire si tratta di pazientare ancora per anni ed anni. 


Altrimenti il rischio è di aumentare l’inflazione e poi quella borsetta in Montenapoleone a che prezzo sarebbe venduta ai poveri ricchi e ricchissimi, forse come quel cappello del secolo scorso. Mai più anni ’60 e ’70. Va bene così – risecheremmo, rischieremmo…

 

 


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