Usa: economica in ripresa con aumenti salariali e dei posti di lavoro? I dati dicono altro
Usa: è lecito parlare di ripresa occupazionale e di aumenti
salariali?
Stando a Il Sole 24 Ore il rapporto
sull'occupazione negli Usa fotografa una economia in salute che in un solo
posto crea 216 mila posti di lavoro rispetto ai 170 mila preventivati. Quindi
la disoccupazione sarebbe in diminuzione attestandosi al 3,7% rispetto al 3,8%
previsto e la paga oraria sarebbe cresciuta in un anno di 15 centesimi, nel
complesso la forza lavoro attiva, pur non raggiungendo ancora i livelli
antecedenti la pandemia, sarebbe in ripresa. Nel frattempo il debito estero americano raggiunge il suo apice ossia 34 mila miliardi di dollari e cresce la percentuale del debito in rapporto al PIL in tutti i paesi a capitalismo avanzato
Stando invece ad altri dati riportati dai media
occidentali la disoccupazione Usa sarebbe leggermente più bassa ma siano
sufficienti questi dati per capire come in un anno di sovraprofitti per le
imprese statunitensi la dinamica salariale sia rimasta decisamente bassa e
anche il rapporto tra posti di lavoro creati e perduti non sia soddisfacente.
I dati possono quindi essere letti diversamente fermo
restando che anche la casistica degli occupati meriterebbe un approfondimento
ulteriore se pensiamo che tra la forza lavoro attiva in molti paesi viene
annoverato anche chi ha un contratto di pochissime ore, una sorta di
prestazione occasionale.
Dopo gli scioperi nella industria meccanica si
registrano due atteggiamenti contrastanti, da una parte chi esalta la ripresa
del conflitto nella patria del capitalismo e quanti invece hanno sollevato
dubbi e criticità su questa ondata di scioperi terminata per volontà sindacale
dopo settimane di forti pressioni dell'amministrazione Biden.
E altro aspetto, taciuto da molti, riguarda
l'analisi tra le rivendicazioni iniziali e i contenuti dell'accordo finale che
ha posto fine agli scioperi nelle industrie produttrici di auto, a pensarci
bene i risultati ottenuti dal sindacato Usa non sono soddisfacenti permanendo
forti disuguaglianze salariali e contrattuali tra siti produttivi, in assenza
di contributi reali al fondo pensione e al welfare e con licenziamenti
articolati previsti già per inizio 2024.
Possiamo quindi ipotizzare che l'economia statunitense
potrebbe trovarsi nei prossimi mesi alle prese con esuberi consistenti specie
nei settori meno interessati alla transizioni energetica nei quali il basso
costo del lavoro non rappresenta più una condizione sufficiente a conservare
inalterati i margini di profitto.
Sempre negli ultimi giorni del 2023,
UPS ha annunciato centinaia di licenziamenti, la
società globale di gestione dei documenti Xerox ha annunciato tagli del 15%
della sua forza lavoro e il Conference Board Leading Economic Index
prevede il perdurare della fase recessiva -
Un'economista citata dal New
York Times, Kathy Bostjancic, scrive sul giornale: "Vediamo
già segnali che i settori sensibili al ciclo dell'economia stanno riducendo in
modo significativo l'aggiunta di lavoratori ai loro libri paga"....
"Prevediamo una moderata perdita di posti di lavoro entro la metà del
2024. Il tasso di disoccupazione dovrebbe salire a circa il 5% nel corso del
2024".
Negli ultimi mesi l'amministrazione
Biden ha aumentato non solo le spese militari ma in sostanza ha rivisto, al
ribasso, le spese sociali, l'aumento dei tassi di interesse ha indebolito la
domanda interna e alimentato anche la disoccupazione, gli aumenti
salariali accordati dopo anni di erosione del potere di acquisto restano
inferiori al reale costo della vita, numerosi conflitti sono stati poi
letteralmente disinnescati dal sindacato proprio nei settori che oggi vediamo
colpiti da licenziamenti di massa.
Basti pensare che la crisi dell'Ups
era già nota alla fine della primavera scorsa e uno sciopero programmato per
i 340.000 lavoratori UPS si è tradotto in un accordo che alla fine non ha
arrestato i licenziamenti. Analogo discorso potremmo fare per le aziende
meccaniche ove alcuni siti produttivi già all'indomani dell'accordo sindacale
annunciavano o licenziamenti o un turn over con nuove assunzioni a livelli e
retribuzioni decisamente più basse.
Nelle fabbriche Stellantis sul finire
del 2023 hanno imposto la settimana corta con tagli retributivi perchè alcune
lavorazioni sono state in fretta e furia esternalizzate, si annunciando
ulteriori licenziamenti con la vaga promessa di ricollocazione degli esuberi in
altri siti produttivi una volta terminata la ristrutturazione delle catene per
la produzione di auto elettriche. Ironia della sorte un posto di lavoro
potrebbe arrivare tra mesi, o anni, in una città distante centinaia di km e a
condizioni retributive inferiori a quelle attuali.
La Federal Reserve per il 2023
e inizio 2024 aveva fissato degli obiettivi invalicabili: la crescita dei
salari del 3% con un tasso di inflazione annuo del 2%, ma queste previsioni nel
corso dei mesi sono state invece smentite. Nel frattempo i tassi di interesse
rimarranno invariati e questa decisione avrà impatti negativi non solo sugli
interessi dei mutui e sulle carte di credito ma anche sui pagamenti degli
onerosi prestiti studenteschi per i quali inizialmente l'amministrazione
Biden aveva previsto una moratoria davanti a migliaia di insolventi che non
riuscivano a onorare i pagamenti.
Alla luce di queste elementari
considerazioni è ancora possibile parlare di protagonismo operaio negli Usa e
di sostanziale ripresa della dinamica occupazionale?
Usa:
+216.000 di posti lavoro a dicembre, sopra stime, disoccupazione stabile
al 3,7% - Il Sole 24 ORE
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