Usa: ma è proprio lecito parlare di ripresa occupazionale e di aumenti salariali nella patria del capitalismo?
Usa: è lecito parlare di ripresa occupazionale e di aumenti
salariali?
Stando a Il Sole 24 Ore il rapporto
sull'occupazione negli Usa fotografa una economia in salute che in un solo anno
avrebbe creato 216 mila posti di lavoro rispetto ai 170 mila preventivati.
Quindi: la disoccupazione sarebbe in diminuzione, attestandosi al 3,7%
rispetto al 3,8% previsto; la paga oraria sarebbe invece cresciuta di 15
centesimi in un anno; la forza lavoro attiva, pur non
raggiungendo ancora i livelli antecedenti la pandemia, nel complesso viene
giudicata in ripresa. Stando invece ad altri dati riportati dai media
occidentali la disoccupazione Usa risulterebbe invece leggermente più bassa.
A prescindere da qualche differenza di misurazione è possibile
capire come, in un anno di sovraprofitti per le imprese statunitensi, la
dinamica salariale sia rimasta decisamente bassa e anche il rapporto tra posti
di lavoro creati e perduti finisca con l’essere insoddisfacente.
I dati possono quindi essere letti e interpetrati con risultati
finali assai diversi (sorvolando per il momento sulla questione della loro
attendibilità)[1].
SALARI, SCIOPERI E LICENZIAMENTI
Dopo gli scioperi nella industria meccanica americana stanno ora
arrivando licenziamenti di massa [2] e analogo risultato (migliaia di tagli
occupazionali) registriamo laddove i sindacati pensavano di avere scongiurato i
processi di ristrutturazione ricorrendo ad accordi temporanei[3] , in sostanza nel caso
statunitense due sono gli atteggiamenti registrati
e contrastanti: da una parte chi esalta
la ripresa del conflitto nella patria del capitalismo al fine di esaltare un
nuovo protagonismo operaio e sindacale d’Oltre Oceano, dall’altra quanti, pur riconoscendo la positiva
novità degli scioperi e di una nascente opposizione nei luoghi della produzione,
sollevano al contempo dubbi e criticità sulla gestione e sugli esiti delle
vertenze criticandone gli esiti e le decisioni finali assunte dal sindacato anche
a seguito di forti pressioni del grande capitale e dell'amministrazione Biden.
Un altro aspetto, spesso taciuto, riguarda la discrepanza tra le
rivendicazioni iniziali e i contenuti dell'accordo finale con il quale è stata
decretata la fine degli scioperi nelle industrie produttrici di auto. A
pensarci bene i risultati ottenuti dal sindacato Usa non sono soddisfacenti:
permangono forti disuguaglianze salariali e contrattuali tra siti produttivi, in
assenza di contributi reali al fondo pensione e al welfare e con
licenziamenti articolati previsti già per inizio 2024.
Possiamo quindi ipotizzare che l'economia statunitense potrebbe
trovarsi nei prossimi mesi alle prese con esuberi consistenti, specie nei
settori meno interessati alla transizione energetica, nei quali il basso costo
del lavoro non rappresenta più una condizione sufficiente a conservare
inalterati i margini di profitto. Anzi potremmo anche asserire che gli aumenti
salariali arrivano dopo anni di retribuzioni in continua erosione, di
investimenti in tecnologie e dopo mesi di scioperi conclusi con accordi discutibili
che presentano sovente risultati parziali come indiscusse vittorie salvo poi
scoprire, a distanza di poche settimane, nuovi esuberi attravererso i processi
di automazione. E anche in questi casi le dinamiche democratiche legate al voto
delle maestranze sugli accordi finali evidenziano numerose irregolarità[4]
Già negli ultimi giorni del 2023, ad esempio, UPS
[5]ha
annunciato centinaia di licenziamenti e la società globale di gestione dei documenti
Xerox ha annunciato tagli del 15% della sua forza lavoro. Contestualmente,
il Conference Board Leading Economic Index prevede il perdurare
della fase recessiva.
Di opinione simile un'economista citata dal New York
Times, Kathy Bostjancic, scrive sul giornale: "Vediamo
già segnali che i settori sensibili al ciclo dell'economia stanno riducendo in
modo significativo l'aggiunta di lavoratori ai loro libri paga"....
"Prevediamo una moderata perdita di posti di lavoro entro la metà del
2024. Il tasso di disoccupazione dovrebbe salire a circa il 5% nel corso del
2024".
Stando ai fatti degli ultimi mesi,
l'amministrazione Biden non solo ha aumentato le spese militari ma in sostanza
ha rivisto, al ribasso, le spese sociali. L'aumento dei tassi di interesse,
poi, ha indebolito la domanda interna e alimentato anche
la disoccupazione, mentre gli aumenti salariali accordati dopo anni
di erosione del potere di acquisto sono rimasti inferiori al reale costo della
vita.
La Federal Reserve, dal canto proprio, aveva
fissato degli obiettivi invalicabili per il 2023 e l’inizio del 2024: la
crescita dei salari del 3% con un tasso di inflazione annuo del 2%. Ora, non
solo queste previsioni sono state smentite nel corso degli ultimi mesi, ma i
tassi di interesse rimarranno invariati e questa decisione avrà impatti
negativi sia sugli interessi dei mutui e sulle carte di credito che sui
pagamenti degli onerosi prestiti studenteschi, per i quali inizialmente
l'amministrazione Biden aveva previsto una moratoria, davanti a migliaia di
insolventi che non riuscivano a onorare i pagamenti.
Non è forse un caso, allora, se numerosi
conflitti sono stati letteralmente disinnescati dal sindacato proprio nei
settori che oggi vediamo colpiti da licenziamenti di massa.
Basti ricordare come la crisi dell'Ups fosse già
nota alla fine della primavera scorsa e che uno sciopero programmato per i
340.000 lavoratori UPS si è tradotto in un accordo che alla fine non ha
arrestato i licenziamenti. Analogo discorso potremmo fare per le aziende
meccaniche, ove alcuni siti produttivi già all'indomani dell'accordo sindacale
annunciavano o licenziamenti o un turn over con nuove assunzioni a
livelli e retribuzioni decisamente più basse.
Nelle fabbriche Stellantis sul finire del 2023
hanno imposto la settimana corta con tagli retributivi, dato che alcune
lavorazioni sono state esternalizzate in fretta e furia, annunciando ulteriori
licenziamenti con la vaga promessa di ricollocazione degli esuberi in altri
siti produttivi una volta terminata la ristrutturazione delle catene per la
produzione di auto elettriche. “Ironia della sorte”: il posto di lavoro
potrebbe arrivare tra mesi, o anni, in una città distante centinaia di km e a
condizioni retributive inferiori a quelle attuali.
Alla luce di queste elementari considerazioni è
ancora possibile parlare di protagonismo operaio negli Usa e di sostanziale
ripresa della dinamica occupazionale?
Riferimenti:
Usa:
+216.000 di posti lavoro a dicembre, sopra stime, disoccupazione stabile
al 3,7% - Il Sole 24 ORE
[1] Ad esempio, la casistica degli
occupati meriterebbe un approfondimento ulteriore se pensiamo che, in molti
paesi, tra la forza lavoro attiva viene annoverato anche chi ha un contratto di
pochissime ore (una sorta di prestazione occasionale).
[3]
UPS opens
huge automated warehouse, where robots outnumber people 15 to 1 - World
Socialist Web Site (wsws.org)
[4]
For a
rank-and-file investigation into the contract vote at UPS! - World Socialist
Web Site (wsws.org)
[5]
Vedi note precedenti
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