Prime riflessioni sul che fare oggi nei luoghi di lavoro

Ben vengano iniziative trasversali che abbiano come obiettivo la costruzione di una opposizione sindacale e sociale, non saremo certo noi a mettere il cappello su percorsi avviati in epoca pandemica e ancora in fieri, anzi li salutiamo favorevolmente come riappropriazione degli spazi di agibilità politica

Ma al di là di tutto bisogna fare i conti con la situazione oggettiva consapevoli che in molti posti di lavoro arriveranno licenziamenti che andranno a colpire anche lavoratori organizzati con il sindacalismo di base. E questi processi di espulsione dai luoghi di lavoro determineranno un arretramento delle nostre agibilità sindacali perchè i tagli occupazionali andranno a colpire settori dove lavoratori  e lavoratrici sono frammentati, divisi, ricattabili e troppo deboli per costruire una opposizione ai processi in atto.

Per queste ragioni non possiamo alzare il livello dello scontro senza pensare alla sua sostenibilità nei luoghi di lavoro, se lo facessimo rischieremmo di ritrovarci ulteriormente indeboliti, divisi e facilmente neutralizzabili.

Prendiamo alcuni esempi per cercare di orientarci in termini realisti e pragmatici.

  • La nostra esperienza diretta ci porta a riflettere sulla praticabilità di alcune proposte come quella di applicare l'art 48 del decreto Cura Italia, quello che prevede la possibilità di rinegoziare gli appalti tra committente e appaltatore e cosi' consentire il ritorno della forza lavoro, oggi in ammortizzatore sociale, in produzione con il 100 per 100 della retribuzione. La subalternità della forza lavoro nelle cooperative ai dettami delle stesse è un fattore di arretramento sindacale e sociale perchè prima di essere soci bisognerebbe essere dei lavoratori e delle lavoratrici pronti a lottare per rivendicare salario, agibilità sindacale e diritti. Gli statuti delle cooperative rappresentano una minaccia costante per i soci con mille intrecci che ci rendono subalterni alle sorti della cooperativa, una condizione di passività e di ricatto che all'occorrenza puo' determinare, decaduti da soci, la perdita del posto di lavoro. Ma nelle cooperative, che presentano comunque degli aspetti positivi come dimostra il fatto che per lo piu' anticipano gli ammortizzatori sociali negati invece da multinazionali e società con ben altre liquidità, si lavora con contratti da fame, basse retribuzioni e con contratti individuali part time che determineranno, un domani, esigui contributi previdenziali condannandoci ad una vecchiaia da fame dopo esistenze all'insegna della precarietà. In molte situazioni, la stragrande maggioranza, la debolezza della forza lavoro delle cooperative determina la impraticabilità di imporre agli appaltatori la rinegoziazione degli appalti che necessita conflittualità con i committenti, sovente rappresentati dalla pubblica amministrazione. La domanda allora da porci è sempre la stessa: ha senso rivendicare l'applicabilità di una legge quando non ci sono le condizioni di forza per sostenerla? Non è il solito esercizio di vanità sindacale per rivendicare successi che poi all'atto pratico sono invece delle sonore sconfitte?
  • Nel Pubblico impiego scontiamo la debolezza delle rsu, imbrigliate dentro un agire angusto che si limita alla contrattazione dei fondi della produttività. Lo abbiamo verificato negli ultimi mesi con tante Rsu, anche ove sono presenti i sindacati di base, silenti verso le condizioni di lavoro negli appalti ove si sperimenta ogni giorno l'accrescimento dei carichi di lavoro, le mancate assunzioni, le riduzioni orarie, la ricattabilità della forza lavoro.
  • Prendiamo ad esempio gli appalti delle pulizie che in questi mesi avrebbero dovuto essere oggetto di profonda revisione per accrescere i servizi di igienizzazioni e sanificazione, a tutela della salute di tutti, forza lavoro e cittadinanza. Ebbene questi appalti non sono stati rivisti perchè gli Enti pubblici continuano ad operare nell'alveo delle compatibilità con il pareggio di bilancio degli enti locali e le politiche di austerità che determinano a loro volta appalti  a ribasso. E il ruolo stesso dei rappresentanti alla sicurezza non puo' limitarsi alla firma di protocolli soprattutto se all'atto pratico sono solo funzionali a salvare i dirigenti e gli Enti pubblici da contestazioni in sede civile e penale per i mancati adempimenti in materia di sicurezza. Come detto e ridetto un protocollo o viene misurato sulle concrete azioni adottate o finisce con l'essere un insieme di norme ad uso e consumo padronale.
  • Il primo obiettivo da perseguire è quello di restituire piena agibilità alle rsu, o almeno ai delegati piu' combattivi, per rompere la gabbia della concertazione che nei settori pubblici continua ad essere dominante. Questa gabbia alla fine determina arrendevolezza anche nelle rivendicazioni piu' elementari in una fase, come quella attuale, nella quale si stanno verificando contrazioni salariali e riduzione di diritti. E' emblematica una recente nota Aran che scarica sugli Enti locali decisioni che dovrebbero invece essere scontate e regolate nella contrattazione nazionale, ad esempio il pagamento dei buoni pasto e delle indennità condizioni di lavoro che a molti lavoratori in smart working sono stati negati.
  • Urge quindi smascherare non solo il ruolo dell'Aran, ergo del Governo, ma anche le modalità con cui sono stati pensati e scritti i contratti nazionali, con pochi diritti e un sistema di deroghe che rinvia alla contrattazione di secondo livello ove il potere decisionale, sempre in virtu' dei contratti e delle leggi approvate in Parlamento, è sempre piu' ridotto escludendo dalla contrattazione materie rilevanti come quella dell'organizzazione del lavoro.
  • Per tornare agli appalti è innegabile che la chiusura di tanti servizi e le incertezze sulla loro riapertura rischia di imprimere una svolta autoritaria della quale farà le spese la forza lavoro piu' debole e frammentata , quella degli appalti. Parliamo della cultura ma anche delle mense e della refezione con tante lavoratrici che per mesi saranno costrette agli ammortizzatori sociali che determinano meno dell'80% delle già basse retribuzioni (la maggioranza dei contratti sono a tempo parziale e con paghe orarie basse)
  • La crisi del settore dei trasporti porterà le compagnie aeree a imporre tagli occupazionali che poi si ripercuoteranno nel settore degli appalti con il rischio che certi servizi possano essere reinternalizzati senza il personale, con l'assenso dei sindacati complici che sventoleranno la conquista della salvaguardia dei posti di lavoro ma scaricando sugli appalti i tagli e i sacrifici.

Di questo vogliamo parlare nelle prossime settimane e, senza nulla togliere ai percorsi conflittuali appena iniziati, saranno i luoghi di lavoro e la praticabilità delle nostre proposte e azioni a determinare l'avanzamento e l'arretramento della lotta di classe per guadagnare salario, diritti e condizioni di vita dignitose.

 Per questo pensiamo di riorganizzare il nostro lavoro sindacale con coordinamenti dei lavoratori e delle lavoratrici negli appalti, rivendicazioni delle rsu che guardino alla totalità della forza lavoro operante negli Enti e a prescindere da quale sia il datore di lavoro o il ccnl applicato.

 E sempre nel pubblico bisogna fare i conti con le carenze di organico, i carichi di lavoro e le modalità smart che potrebbero tradursi in rapporti individuali del lavoratore singolo con il proprio dirigente scavalcando ogni riferimento normativo, contrattuale e gli stessi profili professionali, con una vita sempre connessa allo smartphone e soggetta a controlli permanenti del datore di lavoro.

 Ultimo aspetto è quello dei codici di comportamento e dei cosiddetti codici etici, un'arma di distruzione di massa dei diritti e della libertà di parola. La strada è sempre piu' impervia e se vogliamo percorrerla con agire conflittuale bisogna tenere i piedi per terra

 

 

 

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