Sanità ed enti locali i settori pubblici piu' colpiti dalla crisi del potere di acquisto

 Le statistiche parlano di aumenti del 20 per cento in poco piu' di un ventennio nel comparto pubblico, sia consentito dubitare di questi dati guardando a 9 anni di sostanziale blocco della contrattazione deciso con decreto legge che ha arrestato i rinnovi contrattuali e indebolito i contratti di secondo livello con i fondi della produttività soggetti a continue decurtazioni. Se non fosse stato per le risorse variabili aggiunte dagli Enti gli stipendi oggi sarebbero in recessione.

Ma le disuguaglianze salariali nel Pubblico Impiego vedono i comparti sanità ed enti locali in maggiore sofferenza a conferma che lo stipendio di molti dipendenti pubblici oggi è inferiore di almeno il 30-40% rispetto alla media europea.

Per questo quando si parla di aumenti derivanti dai rinnovi contrattuali dovremmo essere piu' attenti alle cifre e considerare la dinamica salariale dal 2000 ad oggi.

Ad esempio, stando ai dati Aran, si guarda alla media degli stipendi dimenticando che nell'arco di 20 anni le sperequazioni sono cresciute all'interno di ogni singolo comparto , ad esempio tra livelli medio bassi ed alti.

Poi se vediamo i dati dell'inflazione ci si rende conto che la crescita degli stipendi è avvenuta in linea con i dettami dell'austerità che sappiamo essere la causa della perdita di potere di acquisto.

Gli interventi statali sono stati decisivi ad esempio laddove, con la complicità dei sindacati firmatari, hanno sostituito gli arretrati contrattuali con la indennità di vacanza contrattuale, una miseria pari a poco piu' di 10 euro al mese, manco il costo di un caffè al giorno.

Se i prossimi contratti vedranno una crescita salariale superiore al 4% della inflazione sia ben chiaro che non recuperemo le migliaia di euro nel frattempo perduti senza poi dimenticare la iniquità della performance e delle pagelline destinate ad aumentare la diseguale, e  opinabile, distribuzione delle risorse stanziate.

Anche gli stipendi nella scuola sono rimasti al palo nonostante i rinnovi contrattuali a conferma che i dipendenti pubblici italiani hanno pagato i costi dell'austerità piu' che in ogni altro paese Ue (eccetto la Grecia dove il pubblico è stato letteralmente devastato).

Altro aspetto dirimente riguarda i numeri degli occupati, basta pensare che negli Enti locali in un quindicennio abbiamo perso 500 posti di lavoro e la sanità non se la passa certo meglio.

E le nuove assunzioni costano decisamente meno del personale in uscita che ha beneficiato nel corso della vita lavorativa di progressioni orizzontali che hanno accresciuto la massa stipendiale.

Anche in caso di perfetto turn over non recuperemmo gli organici perduti nei nove anni di blocco e in ogni caso e , anche con i rinnovi contrattuali, gli enti pubblici spenderanno meno del passato per l'inquadramento del personale neo assunto e ad inizio di carriera.

Di cosa allora dovremmo rallegrarci?

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