Musei della città, o Museo nella città?

Si continua a parlare di cultura e turismo, di pianificazione e obiettivi strategici senza prima analizzare le potenzialità della città, senza fare i conti con i poteri economici forti che in ambito culturale, e non solo ovviamente, fanno da sempre il bello e il cattivo tempo. Una città che non sa valorizzare le chiese, i Musei di Palazzo Reale e San Matteo..... A seguire il comunicato congiunto di Sgb e Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali ....

Musei della città, o Museo nella città?

Il dibattito è sempre attuale e ciclicamente ritorna in riva all’Arno: Pisa, città dalle mille potenzialità culturali non riesce in alcun modo a connettere le sue realtà che testimoniano la ricchezza storica di questo angolo di toscana.
Occorre anzitutto fare una promesse, Pisa è una città figlia di diverse città; la città dei residenti, quella degli studenti e la città dei turisti.
Enti” che da sempre hanno avuto moltissima difficoltà nel confrontarsi e nel dialogare in maniera programmatica.
La città dei turisti ad esempio ruota, per per lo piu', attorno a piazza Duomo e a tutto quello che concerne la suddivisione stessa di uno dei luoghi più scenografici del Paese. Da tempo immemore si parla di “decongestionare” il turismo a senso unico,  quello che si ferma poche ore attorno a Piazza dei Miracoli, la soluzione esisterebbe ossia inserire negli itinerari il sistema dei “musei dei Lungarni”, una buona idea che tuttavia, con la recentissima apertura del museo delle navi Antiche,  potrebbe tramutarsi in percorsi reali.

Il sistema museale pisano, del resto, escludendo la fabbrica di denaro che continua ad essere piazza Duomo, vive una forte crisi, che sembra non arrestarsi. basti pensare al Museo Nazionale di San Matteo, vero gioiello dell’arte medioevale europea, rilegato ad aperture col contagocce con uno score di visitatori annuali pari a poche manciate di migliaia di presenze oppure a Palazzo Reale semisconociuto perfino agli autoctoni.
In ultima analisi le mura, anche esse da poco presenti nell’offerta culturale della città, viste però come un bene di serie B, da utilizzare si, ma con moderazione.
La ricchezza e il futuro della città dipendo senza alcuna ombra di dubbio da questi sistemi di vasi non comunicanti che fanno gara a sè senza coordinarsi tra di loro.
Altra partita interessante poi è quella riguardante le condizioni dei lavoratori della cultura, spesso utilizzati col contagocce, in molto casi sostituiti da personale non esattamente qualificato, lavoratori quasi sempre sottopagati e con professionalità non riconosciute.
E’ evidente che alcuni siti restano sotto la diretta responsabilità dello Stato, mentre altri sono di competenza del Comune, è assurdo, nel 2019. chiedere una sorta di patto di responsabilità per lo sviluppo del nostro Patrimonio? E in questo patto inserire precise clausole a tutela della forza lavoro?
E’ possibile coniugare la qualità dell’offerta culturale con la qualità del lavoro?
E' da un anno che poniamo queste domande, inascoltati, alle autorità locali, reiterarle significa prendere atto che ad oggi l'offerta culturale inadeguata ha ripercussioni negative sulla stessa economia cittadina.
E un ragionamento del genere, sia ben chiaro, dovrebbe partire da Pisa per estendersi, senza campanilismi, alla intera provincia.


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