Comuni e Stato: la mancata collaborazione e intesa non genera solo burocrazia ma acuisce i problemi sociali:il caso dei giovani e della scuola

I bilanci degli enti locali sono materia complessa, sicuramente ostica per il cittadino, le stesse regole sulla trasparenza non si sono tramutate in siti informativi capaci di trasmettere conoscenze e informazioni se non dopo intricate ricerche a zig zag. Di fatto la decantata trasparenza non si traduce mai in immediata acquisizione di informazioni e dati che consentano magari di capire se una amministrazione abbia speso piu' soldi nella manutenzione delle strade o nei servizi educativi, se le somme destinate alle telecamere sono invece frutto di riduzione di spesa nel sociale. Dobbiamo quindi fidarci o dei siti informativi o degli addetti ai lavori il che stride con tutte le teorie sulla partecipazione del cittadino che, qualora volesse acquisire conoscenza diretta, incontrerebbe un muro quasi invalicabile.

Detto cio' focalizziamo l'attenzione odierna su alcuni punti sui quali sarebbe opportuna una riflessione collettiva
  1. In questi anni numerosi enti locali hanno cercato di passare allo stato le poche materne comunali. Ci sono aree del paese dove il calo della popolazione è evidente, il bonus bebè è un aiuto insufficiente perchè per fare figli occorrono anche altre certezze come una casa a costo ridotto, servizi per l'infanzia a portata di tutti e soprattutto un impiego con salario dignitoso. In qualunque modo si affronti il problema demografico si dovrebbe partire dal riconoscere le vere cause della bassa natalità:  lavoro incerto, precario e mal pagato, nidi sono ancora servizi a domanda individuale e con una percentuale elevata dei costi a carico delle famiglie,  il caro affitti sopravvissuto durante il periodo di crisi  nonostante il crollo del mercato immobiliare. Ad oggi i prezzi delle case sono piu' bassi di dieci anni fa, un appartamento pagato 15 anni fa 200 mila euro oggi risulta vendibile a 170 mila, tuttavia se i risparmi sono serviti a fronteggiare la crisi, quanti avranno la necessaria liquidità per gli acquisti?
  2. Solo il 20 per cento dei bambini bisognosi hanno avuto fin dall'inizio dell'anno scolastico la dovuta assistenza. Parliamo dei comuni che dovrebbero garantire gli  assistenti  alla autonomia e alla comunicazione,  ossia quelle figure professionali spesso indispensabili in classe per gli alunni con disabilità fisiche o sensoriali,  consentire loro , e quindi anche agli altri alunni, la frequenza delle lezioni. Da una recente inchiesta ( https://www.openpolis.it/il-contributo-dei-comuni-per-i-servizi-ausiliari-allistruzione/)  scopriamo che in molte aree del paese la presenza degli educatori è a dir poco sporadica, mancano gli assistenti ma anche gli insegnanti di sostegno o la presenza di questi ultimi viene ritenuta sufficiente per risparmiare sui primi. Stato (che deve pensare agli insegnanti di sostegno) ed enti locali (competenti per gli assistenti) dovrebbero operare insieme e in una unica direzione ma sovente sono proprio gli enti locali in difficoltà economiche e in ritardo e lo Stato ritarda nelle nomine degli insegnanti. A rimetterci non sono solo i bambini diversamente abili, e le loro famiglie, ma anche tutta la classe. La soluzione potrebbe essere non solo la sinergia tra ente locale e ministero della pubblica istruzione ma anche un impegno di spesa degli enti locali maggiore, al contrario invece notiamo un crescente disimpegno sul fronte istruzione pensando che il Comune debba solo svolgere funzioni di guida e di controllo. Dismettere scuole e nidi o passarle dalla gestione diretta dei comuni al terzo settore puo' essere utile per dirottare fondi e personale verso le politiche di sicurezza ma sia ben chiaro che investire nel sociale e nella istruzione è un concreto e reale impegno anche per la sicurezza stessa, per la integrazione sociale. A chi invoca telecamere nelle scuole rispondiamo di assumere maestre giovani e di ammodernare le strutture, migliorare l'offerta educativa e abbassare la età media delle insegnanti, sono queste le scelte prioritarie
  3. Sempre un altro rapporto (https://www.openpolis.it/che-ruolo-hanno-i-comuni-nella-promozione-di-attivita-sportive/) parla di ente locale e della spesa per sport e tempo libero. Ci permettiamo di aggiungere due considerazioni: la prima riguarda le scuole aperte perchè nell'età della scuola dell'obbligo cresce il numero di quanti non praticano discipline sportive. Per anni la scuola non è scesa in campo per un quieto vivere con le società sportive molte delle quali beneficiano, previo pagamento di canone locativo, delle strutture comunali. Noi non vogliamo scatenare una crociata con le società sportive ma pensiamo che ogni scuola dovrebbe mettere a disposizione insegnanti e strutture almeno un pomeriggio alla settimana, qualche ora di sport per bambini\e , ragazzi\e che non praticano discipline ma potrebbero farlo a costo praticamente zero e dentro una programmazione scolastica attenta alle problematiche sociali. E anche in questo cas,o l'ente locale potrebbe fare la sua parte mettendo a disposizione gli scuolabus o garantendo un piccolo fondo di spesa per queste attività. Non basta costruire qualche area per le attività sportive, si tratta invece di accompagnare allo sport e alla socialità le nuove generazioni, il ruolo del pubblico dovrebbe essere quello di favorire stili di vita sani, pratiche sociali inclusive, insomma un tempo si diceva di educare allo sport, alla socialità , concetti ormai dimenticati ma da ripristinare adeguatamente accompagnate da pratiche e scelte amministrative coerenti e conseguenti
  4. Chiudiamo sull'estate: ancora una volta i quartieri popolari e periferici sono escusi dai cartelloni estivi, dalle attività di musica, cultura e intrattenimento. Si è fatta forte l'idea che le manifestazioni estive siano solo ad uso e consumo dei turisti e non della popolazione autoctona. Un altro esempio di esclusione ed emarginazione sociale che produrrà danni incredibili dei quali bisogna iniziare a parlare.

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