IL DIO IN CUI NON CREDO
IL DIO IN
CUI NON CREDO
Libro di
Pierpaolo Loi
Prefazione di Laura Tussi EDIZIONI MULTIMAGE
Prefazione
«Mamma, guarda: il maestro della pace!».
In questo modo, uno scolaro apostrofò il nostro amico e maestro Pierpaolo Loi,
indicandolo ai genitori. Un episodio che è stampato nella memoria e che
sintetizza il suo impegno sia professionale, come insegnante, sia sociale, come
militante nel movimento pacifista. Cresciuto con un'educazione cattolica, ma
anche con un alto ideale di giustizia e uguaglianza dovuti alla militanza di
suo padre nel PCI: Liceo classico, studi di Teologia e di Filosofia; il
Concilio Vaticano Il, la Teologia della Liberazione. Questo il portato
intellettuale e culturale di Pierpaolo Loi che, personalmente, ho voluto soprattutto
intervistare, anche in qualità di poeta, e per cui sto scrivendo la prefazione
al suo ultimo libro.
Negli anni del suo impegno pacifista, si evince il tempo
dell'approfondimento della nonviolenza, dell'adesione convinta alla campagna
dell'obiezione fiscale alle spese militari. La solidarietà internazionale, con
l’Associazione Rete Radié Resch, l’impegno ecumenico e nel dialogo
interreligioso, l’impegno per diffondere la cultura della pace, per un mondo
senza guerre sono tuttora l’orizzonte di umanità della sua vita.
Fin dalla giovinezza ha scritto poesie e canzoni (canti religiosi e
profani). Ha scritto di lui Carlo Bellisai nella prefazione al libro OLTRE
OGNI CONFINE di volti di luoghi di inquietudini e di sogni, Edizioni
Multimage, Firenze 2023: «…rispecchia l’anima umana e artistica di Pierpaolo,
che degli steccati ideologici, teologici, metodologici, ne ha fatto sempre
volentieri a meno, schierandosi sempre dalla parte degli ultimi, degli
indifesi, degli oppressi. Impegnandosi perché il prossimo futuro divenga “il
tempo di osare la pace e curare la Terra”».
Dalle edizioni Multimage
viene pubblicata ora una raccolta di scritti di Pierpaolo Loi che ripercorre le
tappe del suo impegno nonviolento e pacifista a partire dall’incontro con la
figura esemplare di Oscar Arnulfo Romero.
La prima parte contiene un breve saggio a lui dedicato, Monsignor Oscar
Arnulfo Romero: la giustizia la nonviolenza la pace. Una ricostruzione,
appassionata, ma puntuale, della prassi (pratica) nonviolenta di monsignor
Romero – come veniva comunemente chiamato dal popolo salvadoregno - durante il
suo ministero episcopale, in particolare da Arcivescovo di San Salvador, capitale
di EL Salvador (Centroamerica), di fronte ai conflitti sociali, dovuti alla
violenza strutturale di una società dominata da una oligarchia latifondiaria,
alla ingiustizia da ciò derivata, alla repressione violenta da parte dello
stato tramite gli apparati militari e gli “squadroni della morte”, mano armata
dell’estrema destra salvadoregna. Violenza nei confronti delle organizzazioni popolari
e di singole persone, in specie preti, religiosi e religiose, impegnati a
fianco dei poveri delle comunità rurali e degli operai delle città.
Il volume ha come titolo emblematico una importante affermazione che è una
posizione ferma di coscienza, Il Dio in cui non credo. Alla scuola di Oscar
Arnulfo Romero martire per la giustizia, la nonviolenza, la pace. Il titolo
riprende un articolo pubblicato in Chorus
Rivista di ispirazione cattolica, 1° dicembre 2001 – anno V - n. 11: La
guerra e il Dio in cui non credo (pp. 45 – 46 del presente volume).
La vita di Loi si dipana in un fulgido contesto storico, politico e
ecclesiale che vede tra i più importanti esempi di vita e guida dell’esistenza
monsignor Romero “voce dei senza voce”. Una personalità estremamente amante
della nonviolenza che metteva al servizio dei più fragili e dei diseredati
della terra questa sua missione.
Infatti la vocazione di Romero era quella di difendere il popolo dallo
strapotere criminale dei potenti, tramite parole (le sue omelie domenicali, in
particolar modo) e azioni che gli valsero il riconoscimento internazionale
della sua opera e purtroppo anche le minacce contro la sua stessa incolumità e
vita perché lui oltre che profeta degli ultimi inevitabilmente fu martire. Il
24 marzo di quest’anno (2025) ricorre il quarantacinquesimo anniversario del
suo assassinio.
Nella seconda parte del libro di Pierpaolo Loi, possiamo leggere il suo
impegno per la diffusione della cultura della nonviolenza e della pace, a
partire dalle considerazioni sulla giustificazione della guerra del Golfo e nel
rispetto di tutte le chiese contro le guerre come le comunità ecclesiali di
base.
Pierpaolo Loi si indigna per l’estrema leggerezza etica e per la brutale
irrazionalità della guerra della Nato contro la Serbia. E inoltre, anche sulla
scorta del grande appello di padre Alex Zanotelli, ha sempre preso posizione
contro tutte le guerre dimenticate della terra, dando soprattutto voce alle
tragedie e ai genocidi dell’Africa, perché proprio la guerra manovrata dalla
potenza economica e dalla vacuità del denaro è il Dio in cui Pierpaolo Loi non
crede, a proposito di un radicale antiamericanismo.
Pierpaolo Loi crede, al contrario, nettamente nella necessità di una
rifondazione dell’antropologia, ossia dall’io penso, dunque sono, all’io sono
corresponsabile dunque sono, nella giustizia e nella pace per un mondo diverso
anche a partire dall’enciclica Pacem in Terris, in cui si condanna il
potere militare, perché non può esserci pace senza giustizia. E tutti ci
chiediamo leggendo queste pagine pregne di significato: il neoliberismo è
morto? E ancora: un altro mondo è possibile? Quale pace per il mondo attuale?
In quanto il frutto della giustizia è seminato dalla pace oltre la violenza
delle religioni, perché educare alla mondialità e alla umanità universale e
alla nonviolenza di pace è il compito ineludibile in un mondo plurale.
Secondo Pierpaolo Loi è imprescindibile compiere e attuare resistenza
attiva nonviolenta contro tutte le leggi che si ritengono inique a partire
dalla società per la pace, per la cultura e per l’educazione umanitaria,
tramite l’orizzonte del dialogo come sosteneva Panikkar e la rivoluzione
nonviolenta secondo Leone Tolstoj, da Aldo Capitini e la nonviolenza nella
marcia per la pace Perugia Assisi, fino ad analizzarne alcuni aspetti del
pensiero religioso.
Pierpaolo Loi considera inoltre e soprattutto le posizioni disarmiste del
mondo nonviolento sul 4 novembre dall’iniziativa internazionale “Ogni vittima
ha il volto di Abele”, fino a individuarne gli addentellati nella luminosa e
eclettica personalità di David Maria Turoldo, il cantore della pace. È ancora
la Pacem in Terris di Giovanni XXIII che riuscì ai tempi, proprio in
quei tempi, a sventare la guerra e l’incubo nucleare. E poi ancora il sogno di
Martin Luther King e la follia della guerra mondiale a partire dall’obiezione
di coscienza e il servizio militare nel continuo interrogativo incessante e
inesausto: è possibile diventare ed essere cristiani e anarchici?
Inoltre non bisogna dimenticare e tralasciare il riferimento alle lettere
(personali o lettere aperte) scritte agli arcivescovi di Cagliari monsignor
Giuseppe Mani e monsignor Giuseppe Baturi, e al Presidente della CEI cardinal
Zuppi in riferimento alla questione dell’ordinariato militare e dei cappellani
con le stellette.
Perché non è sufficiente pronunciare e scrivere la parola pace, ma è
necessario attuare prassi che contrastino nettamente la subcultura o peggio la
barbarie della guerra.
Sempre.
Laura Tussi
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