Per un'educazione umanista
I grandi non capiscono mai niente da soli. Per
un'educazione umanista e nonviolenta
Libro di Olivier Turquet. Edizioni Multimage
di Laura Tussi
“I grandi non capiscono mai niente da soli. Per un'educazione umanista e
nonviolenta” è il titolo di un libro di Olivier Turquet.
L'aforisma iniziale vuol essere un epiteto provocatorio oltre che un
omaggio all'autore di questa breve frase, Antoine de St. Exupery, tratta dalla
celebre opera “Il piccolo principe”.
Turquet sostiene che l'educazione sarà fautrice di un nuovo mondo, per un
futuro migliore che avrà appunto necessità di una nuova pedagogia
dell'educazione, una innovativa grammatica pedagogica come pilastro di base di
una società descolarizzata e rivoluzionata. Il libro è dedicato a tutti coloro
che educano e a cui piace l'educazione in se stessa, prendendo coscienza che
non si smette mai di imparare perché l'apprendimento è un processo senza
limiti, un percorso che va oltre e varca i confini.
L'Autore si rivolge così direttamente al lettore, chiamandolo in causa, per
la necessità di riflettere sui grandi temi della formazione e su alti argomenti
pedagogici, che in questo testo vengono semplificati e resi fruibili al
pubblico, tramite schede di insegnamento, tecniche di lavoro su se stessi, per
agire nel modo migliore, e con strumenti didattici per poter utilizzare
appropriate strategie educative. Il libro è scandito in tre settori che
includono "i perché" per rispondere alle domande che scaturiscono da
un'innata e inesausta sete di ricerca e di sapere, "gli strumenti"
utili all'agire pedagogico nella risoluzione di problemi pragmatici, "i
materiali" prodotti dall'Autore e da "compagni di viaggio"
nell'iter formativo e pedagogico, con brevi commenti e integrazioni.
Olivier Turquet, in qualità di maestro e pedagogo, rivela nel suo testo la
questione centrale: “chi è questa persona che dovremmo educare?”, perché è
evidente che se l'educatore interagisce con un soggetto deve avere un'idea su
questo essere, sulle sue caratteristiche, esigenze, difficoltà, sulle
potenzialità e gli eventuali limiti, per andare oltre la considerazione del
bambino come tabula rasa, da riempire di
nozionismo scolastico: una visione ottusa che rappresenta, in sintesi, la
considerazione più passiva, sottomessa e determinata del valore dell'essere
umano. Ma la pedagogia, a partire dal XX secolo, sviluppa un'idea dell'età
evolutiva che sembra aprire nuove prospettive e orizzonti alternativi,
considerando il bambino in processi di sviluppo, attraverso varie fasi, per cui
diventa adulto in un percorso che non si compie mai completamente, ma si evolve
nell’inesausta tensione a una maturità mai compiuta, a un processo di
educazione permanente, di apprendimento e formazione lungo tutto l'arco della vita
(Lifelong learning).
L'Autore indaga sulla autentica identità del soggetto da educare, citando
gli svariati tentativi della Nuova Pedagogia o Pedagogia Attiva, in numerose
correnti di pensiero nel corso del ‘900, da Freinet a Lodi a Montessori, dalle
esperienze istituzionali private di Summerhill e Barbiana, da Waldorf agli
asili antiautoritari, tutti generosi tentativi e efficaci esperienze educative,
la cui comune convergenza risulta sempre lo sviluppo umano, l'integralità del
bambino, la ricerca della felicità: le basi della scuola del futuro. Così
appare indispensabile una nuova definizione dell'essere umano che ne ampli le
capacità evolutive e che Turquet ritrova in una definizione convincente del
celebre intellettuale umanista Silo, secondo cui “l'uomo è un essere storico
che trasforma la propria natura attraverso l'attività sociale”. Con questa
considerazione iniziale, l'Autore analizza la provocazione di Ivan Illich di
“descolarizzare la società”, in quanto il sistema scolastico attuale e
contemporaneo è uno strumento di trasmissione dello status quo, un luogo contenitivo di produzione di
consumatori obbedienti, di cittadini ottusi, di uomini-macchina votati
all'efficientismo imposto dal progresso sfrenato e sottomessi alle logiche del
capitalismo e del liberismo imperanti. Dunque per realizzare un progetto
pedagogico è necessaria una comunità educante di “reti educative”, di legami
relazionali, di “ambienti consoni” come sostiene Steiner, di classi itineranti,
basata sull'idea di compartecipazione con persone partecipi insieme a un
progetto pedagogico educativo, centrato sull'essere umano, coltivando la
diversità nella passione per la nonviolenza, maturando quella “forza interiore
che è arma fondamentale contro ogni violenza”.
“I grandi non capiscono mai niente da soli” è un utile percorso di
riflessione che parte dalle domande spiazzanti dei bambini e cerca delle
risposte senza la pretesa assolutista di imporre la propria verità, ma
fornendo, in alternativa, strumenti pratici di lavoro a chi sente la necessità
di percorrere il cammino verso la pedagogia della nonviolenza, che ponga al
centro l'essere umano, per apprendere e imparare sempre senza limiti e confini.
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