Cos’è il Rearm Europe?

 

Il Trattato di Lisbona (2009), uno dei documenti fondativi più importanti dell’Unione Europea, prevedeva l’esistenza di una “Politica di Sicurezza e Difesa Comune”[1] già 16 anni or sono. Di questa Politica fanno parte i principali strumenti e accordi europei relativi al settore militare. Proviamo allora a entrare nel merito delle questioni per non essere subissati dalla retorica dei luoghi comuni.



        Cos’è il Rearm Europe

Nell’ambito di Readiness 2030 trovano posto alcune iniziative e documenti programmatici comunitari, quali Rearm Eu e il Libro Bianco Europeo sulla Difesa. «Rearm Europe è un piano di sviluppo che ruota attorno al come utilizzare le leve finanziarie a nostra disposizione (…) per aiutare gli Stati Membri ad accrescere rapidamente e significativamente le spese nel settore della difesa»[2]. In precedenza erano stati varati altri piani industriali o commerciali riguardanti l’ambito militare[3], attinenti soprattutto allo sviluppo di determinate e specifiche tecnologie di guerra o all’acquisto e fornitura di attrezzature (ad esempio munizioni e artiglieria), mentre invece oggi si cerca di aumentare la disponibilità di risorse allocate alla difesa nei bilanci degli Stati membri. E l’aumento del budget dei bilanci afferenti ai singoli paesi Ue presuppone anche un maggiore coordinamento a livello europeo in campo tecnologico e militare.

 

Le misure previste dal Rearm Europe sono cinque:

-        autorizzare gli Stati membri ad aumentare le spese militari in deroga (ossia consentendo di aumentarle oltre i limiti previsti dalla precedente legislazione comunitaria[4]), fino all’1,5% del Pil all’anno da qui ai prossimi quattro anni. La stima complessiva è di un afflusso di finanziamenti quantificato attorno a 650 miliardi;

-        altri 150 miliardi saranno raccolti dall’Ue sui mercati internazionali. Il prestito sarà stipulato a condizioni senza dubbio agevolate rispetto a quelle che otterrebbero, da soli, i singoli Stati membri (com’era per una parte dei fondi del Pnrr), e verranno utilizzati attraverso grossi appalti comuni transfrontalieri. Tuttavia, i termini per la restituzione sono molto lunghi e quindi c’è il rischio che i tassi di interesse salgano in prossimità della data di scadenza, aumentando il debito dei paesi membri; inoltre è possibile che la Commissione subordini la concessione di questi prestiti alla promulgazione di determinate leggi o decisioni in materia di politica economica o commerciale da parte dello Stato nazionale che ne beneficia. Così facendo non solo si indebita lo Stato per fini di guerra, ma si mette anche a rischio il processo democratico, ponendo un vincolo esterno sull’azione legislativa. Si noti, infine, che agli appalti già menzionati potranno partecipare l’Ucraina, l'Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Svizzera e ogni altro Paese che abbia «sottoscritto con l'UE un partenariato [un accordo] in materia di sicurezza e di difesa»[5];

-        facilitare l’utilizzo dei fondi di coesione per gli investimenti militari;

-        attrarre capitali privati nel settore militare al fine di favorire gli investimenti[6] e il risparmio per le aziende (ad esempio rafforzando la diffusione e, quindi, l’entità dei fondi pensione privati in tutta Europa);

-        abolire le restrizioni sui finanziamenti militari accordati dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei), consentendo investimenti anche in tecnologie esclusivamente militari e non solo in quelle a duplice uso (sia civile che bellico)[7]. Ciononostante, per questa misura bisognerà attendere il via-libera del CdA della Banca (che è composto da rappresentanti degli Stati membri, aventi ognuno diritto di veto sulle decisioni), pur essendo l’esito di questo voto scontato.

 

L’applicazione del Rearm Europe avviene sulla scorta dell’art. 122 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue, che prevede votazioni a maggioranza qualificata[8] sia per quanto riguarda l’adozione del piano da parte dell’Unione che la possibilità di agire in deroga al bilancio nazionale per aumentare la spesa per la difesa. Con la maggioranza qualificata – prevista al posto del voto all’unanimità – si punta a rendere marginali i paesi che potrebbero trovarsi in disaccordo, come l’Ungheria o la Slovacchia, rafforzando al contempo il ruolo della burocrazia centrale Ue.

Con la deroga di bilancio la Commissione potrà orientare le priorità di spesa dei paesi membri in maniera ancor più pervasiva rispetto all’oggi: bisognerà aspettare i dettagli tecnico-normativi del Rearm Europe per capire quali spese militari saranno esentate dal calcolo del deficit e quali no. E, a quel punto, domandarsi: «Gli Stati membri dovranno investire in equipaggiamenti identificati come prioritari a livello europeo o potranno finanziare ciò che vogliono senza coordinamento all'interno dell'UE? Dovranno farlo attraverso progetti di collaborazione transeuropei o no? Che ne è della preferenza europea e dei criteri di ammissibilità? Dovranno utilizzare questi fondi per produrre o acquistare attrezzature europee o potranno anche equipaggiarsi all'estero?»[9]. Il Libro Bianco Europeo sulla Difesa fornisce qualche dettaglio in più per rispondere a questi interrogativi.



[1] Trattato sull’Unione Europea, artt. da 42 a 46.

[2] Commissione Europea, Comunicato Stampa del Presidente Von der Leyen sul pacchetto di difesa, 4 Marzo 2025.

[3] Fra i principali troviamo: Fondo europeo per la difesa (Efd), Strategia Europea per l’industria della difesa (Edis), Programma Europeo di Investimenti nel settore della Difesa (Edip), Rafforzamento dell'Industria Europea della Difesa mediante Appalti Comuni (Edirpa), Legge a Sostegno della Produzione di Munizioni (Asap), Task Force per gli Appalti Congiunti della Difesa (Djtpf), Revisione Coordinata Annuale sulla Difesa (Card), Accordo di Cooperazione Strutturata Permanente (Pesco), Politica Estera e di Sicurezza Comune (Cfsp). A livello prettamente politico evidenziamo, sulla base di quanto è giunto a nostra conoscenza, l’esistenza di uno Strumento Europeo per la Pace (Epf) (destinato, manco a dirlo, al finanziamento fuori bilancio di missioni militari comuni), di diversi organismi istituzionali comunitari deputati a questioni di sicurezza e difesa, come l’Agenzia Europea per la Difesa (Eda) e alcuni organismi minori, quali ad esempio una specifica sottocommissione del Parlamento Europeo (Sede) e di alcune specifiche Direttive promulgate da tempo (2009/81/EC; 2009/43/EC).

[4] La base giuridica è costituita dall’aggiunta di motivazioni di ordine militare a quelle circostanze eccezionali per le quali è prevista l’attivazione dell’art. 26 del Regolamento SGP n. 2024/1263 per singoli paesi membri (cd. “clausola di fuga nazionale”). L’art. 25 consentirebbe la deroga per l’intera Ue (cd. “clausola di fuga generale”) ed è stato utilizzato in passato per far fronte alla pandemia da Covid-19.

[5] Commissione Europea, Comunicato stampa: La Commissione presenta il Libro Bianco sulla Difesa Europea e il Piano ReArm Europe/Preparati per il 2030, 19 Marzo 2025.

[6] Magari – sulla base di quanto consigliato nel Rapporto Draghi – armonizzando le regole e le legislazioni nazionali, allentando le regole prudenziali per gli investimenti bancari e quelle per le fusioni societarie, indebolendo le politiche anti-trust e via dicendo.

[7] Si consideri che Draghi vorrebbe liberalizzare gli investimenti Bei al punto da consentirgli di investire direttamente in azioni di imprese appartenenti a settori strategici (cfr. M. Draghi, The future of European competitiveness, Part B: In-depth analysis and recommendations p. 261) e che, inoltre, già nel 2024 era stata ampliata la lista delle tecnologie a duplice uso (cfr. Banca Europea per gli Investimenti, Comunicato stampa: EU Finance Ministers set in motion EIB Group Action Plan to further step-up support for Europe’s security and defence industry, 12th April 2024).

[8] La “maggioranza qualificata” prevede il voto favorevole perlomeno del 55% degli Stati membri, a condizione che rappresentino almeno il 65% della popolazione comunitaria. Draghi ne è un forte sostenitore e lo applicherebbe a molteplici ambiti (cfr. M. Draghi, op. cit., Part B, p. 319).

[9] F. Santopinto, The ReArm Europe Plan: Squaring the Circle Between Integration and National Sovereignty, Institut de Relations Internationales et Strategiques, https://www.iris-france.org/en/the-rearm-europe-plan-squaring-the-circle-between-integration-and-national-sovereignty/.

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