Scuola e storia contemporanea. Come distruggere il lavoro del passato....
Scuola e storia contemporanea
di Laura Tussi
Per la storia contemporanea, qualche anno fa, era
sortito un immenso lavoro del Ministero della Pubblica Istruzione dedito
all’aggiornamento degli insegnanti a
cui l’Istituto Nazionale della Resistenza ed i distretti decentrati su tutto il
territorio italiano hanno collaborato a livello centrale e locale.
Tutto questo con grandi esperienze, dove si è
messo a punto, anche grazie a ispettrici preposte, un modello di corso di
aggiornamento che è poi stato utilizzato in altre circostanze, partendo dal
presupposto che non è sufficiente l’aggiornamento relativo ai contenuti,
appunto di tipo passivo e parziale, ma è risultato necessario facilitare
l’intervento di altri elementi nella conoscenza storica: sicuramente la
metodologia storica e la didattica della storia, ma, per esempio, anche oltre
la storiografia, l’inserimento del tema delle testimonianze e delle memorie di
vita. Alcuni corsi erano giocati appunto non sulla tematica della memoria
condivisa, ma sull’argomento relativo alla pluralità delle memorie, sia
per quanto riguarda e concerne la seconda guerra mondiale, la Resistenza, i
movimenti del ’68, ma per esempio, anche la tragica diatriba tra palestinesi ed
israeliani, argomento, oggi, di una sconvolgente e drammatica attualità.
Quindi pluralità di memorie, ma anche di interpretazioni storiche a
confronto. Sulla base di queste esperienze di iniziative ed attività educative
concretizzatesi in corsi di didattica e divulgazione in tutta Italia a livello
regionale per l’aggiornamento del corpo insegnanti e di laboratori con giovani
studenti di discussioni relative alle condizioni di vita, focalizzate, al
centro di situazioni esperienziali in rapporto al loro tempo, sortiva il
concetto di deprivazione di memoria nei giovani, deprivati, appunto di storia,
depauperati di volontà di memoria e conseguentemente di motivazione ai perché,
agli eventi, alle vicende storiche. La responsabilità non è certamente da
attribuire ai ragazzi che non ricordano, perché essenzialmente non hanno
vissuto gli eventi, “non c’erano”…
Il problema sostanzialmente consiste nell’assenza di
memoria, di consapevolezza del proprio vissuto che evita,
impedisce a ciascun soggetto di recuperare il senso dell’esistere e di esserci
nella storia, l’esercizio passivo o attivo del vivere nella storia come
primari, principali fattori causanti, attori nel palcoscenico del divenire, nel
teatro dell’avvicendarsi inesorabile degli eventi, del susseguirsi incessante
degli avvenimenti.
Certamente alcuni periodi storici favoriscono la
solitudine, l’individualismo, il disimpegno politico, la non partecipazione,
l’astensione, nella “solitudine della società globalizzata”, a cui susseguono
altri momenti, periodi più alti, elevati di impegno politico, collettivo che
favoriscono, aiutano la trasmissione della memoria storica.
Era accaduto un dato su cui ci si è molto soffermati nella ricerca da parte
del Ministero della Pubblica Istruzione “Memoria ed insegnamento della storia”:
proprio la generazione che ha vissuto gli anni ’70 di maggior conflitto
ideologico non ha passato, trasmesso, tramandato memoria, non avendo
metabolizzato e rivissuto criticamente anche il sentimento, il senso diffuso di
un fallimento che alcuni dei partecipanti alle lotte politiche di quel tempo
hanno sperimentato e reso proprio, personale, a livello di bagaglio culturale.
I corsi ministeriali hanno centrato storicamente questo tema della memoria nei
confronti degli insegnanti, attraverso gli anni della formazione individuale e
professionale e culturale nel periodo prossimo al dopoguerra (anni 50 e 60) che
coincide con la grande trasformazione economica, culturale e sociale del nostro
Paese. Sussiste una difficoltà dell’educazione alla memoria per cercare gli
strumenti finalizzati alla ricostruzione di memoria a scuola e sul metodo
didattico da impiegare, non solo per l’utilizzo (il far tesoro) del
testimone durante la spiegazione storica in determinati contesti, ma anche per
usare criticamente la propria, personale memoria percettiva in modo che lo
studente costruisca, in rapporto reciproco, relazioni interpersonali e possa
sperimentare sulla propria persona la situazione che lo psicologo Giuseppe
Mantovani sostiene in una conversazione in atto :”i giovani entrano in un
flusso e processo di tipo storico e gli adulti devono loro spiegare a che punto
si trova la conversazione, attribuendo loro gli strumenti perché intervengano
nel processo di trasmissione di memoria”.
Nella società precapitalistica tradizionale i cui
momenti apicali erano scanditi da feste popolari in comunità, saghe narrate e
cantate, rituali stagionali reiterati, ciclici in rapporto al divenire della
natura circostante, di memorie povere o grandiose tramandate di padre in
figlio, condizioni non più esistenti né in territori di campagna né di città,
nell’ambito del nostro Paese d’appartenenza, gli anziani in questo tempo
mitico, in illo tempore, svolgevano e praticavano l’importante e
vitale funzione di spiegare ai giovani come si viveva, cosa era la vita nel
presente, nella quotidianità.
La situazione patriarcale chiusa, anche autoritaria, evidentemente,
permetteva che sussistesse una rituale trasmissione di memoria anche a livello
di quotidiano di piccole esperienze, di personali vissuti.
Nella società contemporanea ancora una volta la scuola
deve assumersi un compito che forse non le è proprio, appunto, la funzione
basilare e relazionale tra generazioni di trasmissione della memoria storica,
ma in assenza di un sistema formativo efficientemente integrato, di una più
ampia ed estesa società educante in contesti di comunità.
L’unico luogo educativo molto prezioso a tal fine risulta appunto l’istituzione scolastica, con tutti i suoi problemi irrisolti, le
questioni pesanti, le difficoltà evidenti, sia a livello burocratico sia sulla
base dei rapporti di incontro ed interscambio dialogico e culturale tra
generazioni, di intesa ed accordo comuni nei processi didattici ed educativi.
Questo rapporto tra memoria e storia risulta un binomio relazionale tra le
singole soggettività. Una frase di Hobsbawm, nell’introduzione del saggio “Il
secolo breve”, che descrive la condizione dello storico nello studiare storia
contemporanea, si adegua proprio alla posizione ed al ruolo degli insegnanti.
Sostiene Hobsbawm: “parliamo dei nostri ricordi ampliandoli e correggendoli e
li rievochiamo come uomini e donne di un tempo e di uno spazio particolari,
coinvolti in varie guise, ruoli, aspetti, nella storia, come attori di un
dramma, per quanto siano state insignificanti le nostre parti, come osservatori
del nostro tempo e, non da ultimo, come persone le cui opinioni sono state
formate da ciò che noi siamo giunti a considerare come eventi cruciali: siamo
portatori di questo secolo che è parte di noi”. Questo spiega, per esempio,
l’attenzione per lo sterminio, per la Shoah, come parte fondante della coscienza
successiva alla seconda guerra mondiale. Ma il problema consiste nel fatto che
senza memoria diventa molto difficile presentare, prospettare, progettare il
futuro. La memoria è una mappa di orientamento del presente in quanto
permeabile, muta nel tempo, si trasforma, è proteiforme. Per esempio, un
problema emerso tra i colleghi del gruppo di progettazione di ricerca
consisteva nel quesito: cosa può ricordare una generazione che non ha vissuto
situazioni estreme e precarie da ricordare, eventi eroici da raccontare,
condizioni traumatiche come la guerra da scongiurare…cosa ha da ricordare?
Nei laboratori ministeriali si sono svolti esercizi di memoria considerando
e valutando che per la generazione degli anni ’50 e ’60 tra i colleghi non
sussisteva tanto una memoria politica quanto di tipo sociale riflessa nei
grandi cambiamenti intervenuti nella storia italiana. Siamo partiti dal
presupposto, messo in luce dal pedagogista Alessandro Cavalli, nell’ambito
della ricerca dal titolo “i giovani ed il tempo”, per cui ha evidenziato la
netta cesura di memoria politica come elemento che non ha permesso il passaggio
di consegna delle eredità conquistate come monito ed indicazione riguardo alla
storia contemporanea trasmessa alle nuove generazioni.
Il rapporto tra adulti e giovani consiste nel
necessario passaggio di memoria come elemento di costruzione e di confronto
della storia.
Commenti
Posta un commento