La Cub: percorso di lotta e mobilitazione nei beni culturali

 

La Cub: percorso di lotta e mobilitazione nei beni culturali


 

Da alcune settimane è partito un cantiere che ci vede impegnati, insieme ad altri sindacati di base, nella costruzione di una mobilitazione e di uno sciopero degli operatori e operatrici della cultura.

Un percorso che si annuncia assai complesso, sia per la frammentazione del settore, sia per le consuete difficoltà legate alla legge che regola, o meglio limita, il diritto di sciopero nei servizi essenziali.

L’appello lanciato da “Mi Riconosci?” è stato l’inizio di un percorso di confronto che, nelle prossime settimane, ci porterà all’organizzazione di assemblee locali, in tutto il territorio nazionale.

 

Perché uno sciopero e una mobilitazione nel settore?

 

Perché sono ormai improcrastinabili iniziative concrete di denuncia e di lotta, per rivendicare la dignità del lavoro culturale in Italia, sottraendolo alla giungla nel quale è stato relegato da anni.

Una giungla fatta di precariato, di contratti farlocchi, di associazioni di volontariato chiamate a sostituire la forza lavoro, con il sostegno attivo anche delle amministrazioni locali.

Anche in questo settore, infatti, le esternalizzazioni, la logica degli appalti e dei subappalti, sempre al ribasso, il ricorso strutturale a cooperative che applicano contratti sfavorevoli hanno prodotto, negli anni, precarietà e sfruttamento.
Se già in passato chiedevamo la regolamentazione del volontariato culturale per impedire la sostituzione di forza lavoro contrattualizzata, oggi questa necessità è divenuta insopprimibile.

É necessario rilanciare una campagna di reinternalizzazione dei servizi culturali, rigettando il sistema degli appalti, che garantisce profitti ai privati, impoverendo le lavoratrici ed i lavoratori.


Perfino parlare di un contratto di riferimento può essere un atto rivoluzionario in un sistema in cui si applicano contratti collettivi sempre più svantaggiosi, convenienti soltanto ai datori pubblici e privati, non solo per i livelli salariali, ma anche dal punto di vista normativo, visti gli istituti fin troppo moderati e ristrettivi, che li caratterizzano.

 
Diffusissime sono le  false Partite IVA, un bacino di lavoro autonomo divenuto da tempo lo strumento non per valorizzare le professionalità, ma per spingere alla precarietà e ai bassi salari i lavoratori e le lavoratrici del settore.

Perfino in materia di ammortizzatori sociali siamo arretrati rispetto ad altri paesi europei, come dimostra l’assenza di un reddito di discontinuità per  tutte quelle professioni caratterizzate da intermittenza strutturale.

 

La presenza di tanti, troppi, precari e precarie nei servizi culturali, è una vergogna inaudita contro la quale la Cub intende mobilitarsi. Per queste ragioni, aderiamo convintamente all’appello di “Mi riconosci? E sosteniamo attivamente la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della cultura.

 

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