Esperienze di attivismo
Esperienze di attivismo:
dialoghi con Laura Tussi.
Intervista di
Fabrizio Cracolici a Laura Tussi
Attivismo di pace e
nonviolenza.
Lavorare in rete, tessere
complicità e punti di forza con tutti i compagni di viaggio in cammino verso la
pace e la nonviolenza.
L'importanza degli amici
e compagni di viaggio per migliorare la realtà. Raccontati.
La mia esperienza di
attivismo per la pace è nata a partire da fondamentali punti convergenti: un
contesto sociopolitico dinamico e attraente, una pratica e un’attitudine verso
un impegno disinteressato, una disposizione all’apprendimento e all'azione nonviolenta
condivisa e una modalità di intervento operativa e non burocratica.
Hai
incontrato compagni di viaggio e personalità lungo il tuo percorso di attivismo
per la pace?
Con tanti compagni di
viaggio, ci siamo dovuti coordinare per rispondere a questa sfida che era più
grande di noi: l’impegno per migliorare la nostra realtà.
E ci siamo riusciti
impegnandoci intensamente, ma lentamente, quotidianamente, senza precipitarci
nel darci delle strutture organizzative, accettando compiti e responsabilità
enormi con la convinzione che insieme avremmo potuto affrontarli con leggerezza.
Abbiamo inventato programmi di formazione, fatto ricerche, recuperando memoria
storica, prodotto materiale educativo, realizzato laboratori, seminari,
incontri, webinar e presentazioni in pubblico.
Chi
sono le principali personalità che ti stanno vicino in questo tuo cammino?
Oltre a Te, Fabrizio,
abbiamo incontrato tanti amici importanti da Giorgio
Cremaschi a Paolo
Ferrero a Maurizio
Acerbo e poi ancora altri tra cui Vittorio
Agnoletto, Moni
Ovadia, Alex
Zanotelli, Don Andrea Gallo,
Egidia
Beretta Arrigoni, Claudia
e Silvia Pinelli, Tiziana Pesce,
Rosetta
D'Agati, Agnese
Ginocchio, Chiara
Castellani e altre amiche e amici che credono sentitamente nel
nostro impegno per la pace e la nonviolenza e le pari dignità sociali.
Il lavoro in rete per
l’attivismo di pace nel tessere relazioni e complicità costruttive: quali
sviluppi comporta?
Il lavoro in rete per
l’attivismo di pace è un modo di fare le cose che presuppone il mettersi a
tessere relazioni, apprendimenti, complicità avanzando nella realizzazione di
uno spazio comune, aperto e diversificato dove si possono sommare nuove iniziative,
proposte e impegni. Il lavoro in rete per la pace presuppone il dedicare
particolare attenzione al processo di costruzione degli spazi di incontro ed
azione comune e non alla struttura organizzativa, la quale diventa secondaria e
funzionale alle dinamiche dei processi individuali e dei percorsi collettivi.
L'efficienza
e l'efficacia dell'impegno attivista per la pace in rete.
Il fattore dinamizzante
del lavoro attivista è trainato da obiettivi e traguardi strategici e non dal
lavoro in rete in se stesso. Il senso di una rete non consiste nel rivolgersi
al proprio interno, nel ripiegarsi su se stessa, ma è piuttosto in ciò che si
fa verso l’esterno: qui sta la sua efficienza e la sua efficacia.
Il rispetto, la
valutazione e la valorizzazione delle differenze. Quale importanza hanno?
Lavorare in rete per
l’attivismo di pace presuppone, per quanto detto in precedenza, il rispetto, la
valutazione e la valorizzazione delle differenze e delle diversità insite e
implicite in ogni attivista e soggetto coinvolto. Queste costituiscono un fattore
di rafforzamento, nella misura in cui si rispettano e si utilizzano senza
imporre determinate peculiarità a discapito di altre.
Dare
spazio all'inclusione e non all'ostracismo.
Per questo sono
importanti il dibattito, la pianificazione e la strutturazione di obiettivi e
azioni, così come la specializzazione degli incarichi, per rendere possibile la
complementarità di sforzi e capacità, senza escludere, senza esclusioni e
ostracizzazioni di sorta.
Accordi e disaccordi:
qual è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere?
Non dobbiamo dare per
scontato che tutte le persone appartenenti a organizzazioni attorno a un
medesimo proposito generale siano già completamente d’accordo. Occorre
promuovere le opere di espressione di tutte le idee e visioni per trovare
quelle convergenze che danno un’identità all’impegno, ma anche per conoscere le
divergenze.
Tra
disaccordi e punti di convergenza.
Un disaccordo trascurato
può tradursi in fattore di conflitto che scoppia proprio per essere stato
tenuto in uno stato di tensione latente per molto tempo. Troppo tempo.
Il
disaccordo può diventare un fallimento?
Per questo, bisogna
sforzarsi di trovare tutti i punti di convergenza possibili, cercando di
costruire consensi di base che siano inclusivi, procedendo per accordi minimi
fondati sul criterio che nessuno ha tutta la ragione né tutto il torto e
occorre sempre prestare attenzione a quella parte di accordo che possa tenere
insieme le varie posizioni. Promuovere una dinamica e uno spirito di
apprendimento e azione reciproco implica una disposizione a condividere ciò che
ognuno conosce, ma anche una disponibilità ad ascoltare e comprendere quello
che altre e altri sanno: le progettualità, le idee, le istanze
innovative.
Che significa condividere
esperienze?
È importante perciò
un’azione riflessiva critica e autocritica, che renda possibile non solo uno
scambio di descrizione o racconto delle esperienze particolari, ma conduca a
una condivisione degli insegnamenti che le esperienze stesse hanno lasciato.
Questo compito, frutto di un processo di sistematizzazione è fondamentale,
poiché permette la costruzione di un pensiero proprio condiviso a partire dai
contributi di ognuno.
Il
lavoro in rete è alla base dell'azione nonviolenta?
In tal senso, il lavoro
in rete per l’attivismo di pace significa la costruzione di condizioni e
disposizioni per l’apprendimento e l’azione nonviolenta.
Creare di fronte a ogni
contesto, un ambito teorico che permetta la produzione di una conoscenza
critica del vissuto: delle sue caratteristiche, interrelazioni, radici e
esigenze.
Il
ruolo dell'esperienza nei processi di pace?
È molto importante
promuovere processi e meccanismi di accumulo dell’esperienza: utilizzare
registri e socializzare memorie di quanto è stato realizzato, riassumere gli
accordi, lasciare una testimonianza della valutazione dei progetti. Molte volte
non compiendo tali operazioni si vanno a ripetere errori già fatti. Non si
costruiscono nuovi gradini dai quali ripartire per rilanciare nuove sfide.
Questa è la base per un processo di sistematizzazione delle esperienze, inteso
come appropriazione critica del processo vissuto, per ricavarne i propri
apprendimenti e le azioni specifiche su una determinata attività, e su
molteplici iniziative in atto.
Il processo di attivismo
non è lineare, né regolare, ma è asimmetrico e variabile. Perché?
Il processo di
costruzione del lavoro in rete per l’attivismo non è lineare, né regolare, ma è
asimmetrico e variabile.
È fondamentale mantenere
una dinamica comunicativa molto intensa, che alimenti la possibilità di restare
in contatto, di apportare e ricevere contributi utilizzando tutte le forme e i
mezzi possibili: scritti cartacei e elettronici, incontri personali, assemblee,
riunioni, incontri, webinar per accomunare avvenimenti e socializzare proposte
e decisioni. Occorre stare bene attenti: tutto ciò che si pratica deve essere
trasparente nei confronti del collettivo, senza temere di evidenziare gli
errori e le difficoltà.
Sono
importanti la fiducia e l'amicizia reciproche per attuare fondamentali processi
e attivismi di pace?
Non può esistere lavoro
per l’attivismo di pace se non è fondato sulla fiducia reciproca. Ma la fiducia
non si concede gratuitamente, la fiducia si costruisce come parte di una
relazione, di una sinergia, di un accordo e persino di modalità di affetto e
sentimento che accomunano su ideali condivisi.
L’onestà, la franchezza e
la disposizione alla critica consolidano le relazioni di una rete. Considero
necessario poter contare su forme e istanze di animazione e coordinamento
perché l’attivismo di pace non funziona da solo, ma come un prodotto di iniziative,
proposte, relazioni, accordi e disaccordi che possono diventare strategie
d’azione.
Sono
importanti i legami di pace?
Quanto più distribuiti
sono i compiti di animazione e coordinamento, con la maggior ripartizione
possibile delle responsabilità, tanto più il lavoro in rete sarà dinamico e
appartenente a tutti coloro che vi partecipano. Tuttavia avere linee guida o
punti di riferimento è fondamentale per poter contare su legami di riferimento
comuni. Legami forti, condivisi, di stima, amicizia, amore.
Legami forti, condivisi,
di stima, amicizia, amore: legami di pace?
Credo nelle relazioni
orizzontali, democratiche e reciprocamente esigenti, dove ognuno contribuisca
in parità di condizioni, ma dove esistono anche dei ruoli di direzione,
animazione, orientamento, articolazione e decisione.
Nel lavoro in rete
circolano anche relazioni di potere, come in ogni ambito della vita. Ma queste
relazioni di potere non devono essere le stesse che predominano nelle nostre
società capitaliste, inique, escludenti, autoritarie, emarginanti e sopraffatte
dal pensiero unico neoliberista. Possono essere relazioni di potere
democratiche, sinergiche ovvero dove il potere di ognuno alimenti il potere
degli altri e delle altre e dell’insieme nel suo complesso.
Relazioni
di amore e legami di pace?
Dove le capacità si
amplificano allo stesso modo per tutti e non solo per un gruppo che esercita e
impone le sue decisioni.
Relazioni di amore e
legami di pace dove l’unione delle nostre capacità collettive offrano come
risultato maggiore possibilità di azione di quelle che avremmo avuto
singolarmente e grazie alle quali usciamo dall’incontro e dall’incarico
arricchite e arricchiti da nuove risorse utili per affrontare i nuovi problemi
e le complesse sfide.
La nostra crescita come
persone, società, collettività e umanità. Tue riflessioni?
In sintesi l’attivismo
implica una cultura e una visione di trasformazione e espressione. Per questo
possiamo parlare della rete per la pace come di una cultura organizzativa. Ma
non solo come nozione generale e teorica, ma come creazione quotidiana, che
attraverso gli spazi di vita, la quotidianità dei rapporti e dell'esistenza,
chiede di trarre da noi stessi il meglio che abbiamo, contribuendo così alla
nostra stessa crescita come individui, come società, come collettività e
umanità.
La
pace permette di trasformarci in persone?
In tal modo, potremmo
essere capaci di trasformarci come persone, nella misura in cui ci vedremo
coinvolti in processi trasformatori delle relazioni sociali, economiche,
politiche e culturali del contesto nel quale ci è toccato vivere.
Uniti affrontiamo le
sfide globali della nostra epoca. Per arrivare dove?
Le sfide della nostra
epoca sono immense e vanno oltre la lotta per la giustizia, l’equità, la pace,
i diritti umani.
Questo XXI secolo,
segnato da contraddizioni e dinamiche planetarie, marcato dal predominio di un
modello economico, sociale, politico e culturale non universalizzabile, non
sostenibile, chiede anche a quanti credono che "un altro mondo sia
possibile" di lavorare con un’altra cultura politica e di costruire
relazioni di potere non prevaricatrici, ma orizzontali, condivisibili e
arricchenti, differenti in tutti i terreni in cui ci troviamo.
E'
necessaria un'etica di pace fondata sull'appartenenza alla genesi terrestre e
alla coscienza planetaria?
Con un’altra etica,
centrata sull’essere umano e una coscienza planetaria, il lavoro per la pace
può diventare un’opzione efficace e efficiente per realizzare i cambiamenti a
livello locale e globale.
Dal lavoro comunitario,
con l’organizzazione settoriale, il consolidamento delle comunicazioni
elettroniche con tutto il pianeta, l’articolazione di organizzazioni,
istituzioni e movimenti sociali, il lavoro in rete si presenta come
un’opportunità significativa per affrontare l’esclusione sociale,
l’emarginazione, il disagio fisico e psichico, le difficoltà esistenziali e
costruire cittadinanze globali e locali in qualunque angolo del pianeta.
Commenti
Posta un commento