Ilva: cosa sta accadendo?
Da
anni si muore di Ilva in Puglia o meglio per le sostanze prodotte dallo
stabilimento siderurgico, ci sono decine di ricerche scientifiche ad
attestare che l'aumento esponenziale dei tumori è legato a quella
produzione industriale.
Quanto
accade oggi è il risultato non solo del progressivo smantellamento
della industria italiana tra delocalizzazioni, pochi investimenti
tecnologici destinati anche a ridurre l'impatto ambientale. Siamo il paese con
il piu' alto numero di siti industriali mai bonificati, la nazione dove
per anni si è pensato solo a contrarre ai minimi termini il costo del
lavoro delocalizzando produzioni o ricattando lo Stato per ottenere
ammortizzatori sociali in cambio dei mancati licenziamenti. E siamo il paese nel quale i padroni, italiani e stranieri, hanno da sempre invocato, e sovente ottenuto, uno scudo di impunità, quella impunità promessa anche ai vertici della proprietà dell'ex Ilva e poi non rispettata dal Governo.
Ma
nel caso di Taranto, la tutela della produzione siderurgica, la salvaguardia dei cittadini di Taranto per decenni esposti alle polveri che hanno reso impossibile la vita in alcuni quartieri, la
mancata riconversione della fabbrica sono le principali cause di questa
situazione, senza dimenticare come numerose fabbriche italiane siano state
oggetto di acquisizioni farlocche da parte di multinazionali che non
avevano alcuna intenzione di riqualificare gli stabilimenti e investire
negli stessi.
Mancato controllo da parte dello Stato e delle autonomie
locali, assenza di un piano industriale che l'Italia da 30 anni non ha
piu', una crisi acuita senza dubbio dall'Ue di Maastricht, dalle scelte
imposte per salvaguardare l'egemonia tedesca. Accadde con l'unità d'Italia nel sec XIX, è avvenuto con l'Ue, le scelte operate hanno messo in ginocchio interi popoli deindustrializzandone vaste aree.
Hanno smantellato
l'industria pubblica e chi lo ha fatto, per anni, è stato considerato il
salvatore della sinistra, l'Ilva venne svenduta alla famiglia Riva, lo
Stato rinuncio' a sanificare l'area tarantina, non ci fu innovazione
tecnologica, l'obiettivo era solo quello di privatizzare l'Italsider e presentarsi come i salvatori dello stato dal deficit.
Si
parla spesso e volentieri, ma a sproposito, di degrado, cosa c'è di piu'
degradante della immagine di tante fabbriche abbandonate, di interi capannoni dismessi e mai riqualificati? E quelle
fabbriche dismesse e mai riconvertite sono il risultato della sconfitta
dello Stato o meglio la vittoria del liberismo, delle privatizzazioni,
dei soldi pubblici utilizzati non per la riconversione produttiva ma
solo per gli ammortizzatori sociali, la sola risposta atta a scongiurare licenziamenti di massa che avrebbero messo in discussione il controllo sociale operato dai sindacati nelle aziende.
Sono anni, anzi lustri o decenni, nei quali
l'atteggiamento di sudditanza rispetto alle multinazionali ha prodotto incalcolabili danni, sperpero di soldi perchè quelle multinazionali volevano solo
salvaguardare gli utili dei loro azionisti, non avevano alcuna
intenzione di investire, ricorrevano al pubblico solo con il ricatto dei
posti di lavoro per ottenere ammortizzatori sociali. Oggi le
multinazionali stanno lasciando il nostro paese, lo fanno dopo avere
capitalizzato utili, lo fanno con quella falsa generosità quando, forse, una
eventuale nazionalizzazione delle aziende avrebbe dei costi
difficilmente sostenibili. Sarebbe stato sufficiente impiegare
diversamente i soldi regalati alle multinazionali, avremmo cosi'
riconvertito la produzioni, sanificato i siti inquinati sradicando le
cause di tante malattie mortali che colpiscono la popolazione. E il
picco delle malattie è ancora lontano, ci attendono lustri di morti e
devastazioni. Non si tratta solo di nazionalizzare ma di avere una idea
di riconversione industriale che manca nel nostro paese da oltre 30 anni
e all'orizzonte non esistono sindacati e forze politiche capaci di
invertire la tendenza.
Quianto accade oggi con la fuga da Taranto di
ArcelorMittal è strettamente connesso con il progressivo abbandono
dell'Italia da parte della Fca, non siamo noi a scriverlo ma IlSole24
Ore, quotidiano di Confindustria. Si continua a disquisire , dei non problemi, per esempio enfatizzando una invasione di migranti
che invasione non è soprattutto se rapportata ai numeri europei, non si
discute di futuro industriale e lavorativo del nostro paese, di ammodernare la pubblica amministrazione rilanciandone i servizi, di potenziare l'istruzione di ogni ordine e grado.
Qual'è la
ragione per la quale molte multinazionali scelgono altre nazioni e
risultano da tempo in fuga dall'Italia? Colpa dei lacci e lacciuoli
imposti dalla politica, dalle troppe tasse o piuttosto dalla assenza di
una idea\pratica industriale a livello Statale? O piuttosto dal fatto
che i soldi pubblici non sono impiegati per la manutenzione di strade e
territorio pensando che a risolvere i problemi sia sufficiente qualche grande opera, sorvolando poi sulla
devastazione del territorio che questa opera comporta?
E la bonifica,
la riconversione? Gli investimenti in ricerca e tecnologia?
Silenzio
assoluto, zero risposte In questi anni si sono svendute aziende
pubbliche senza nulla avere in cambio, pochi soldi e zero progetti di
rilancio e di riconversione, ecco il vero problema taciuto e occultato
da tempo, per non parlare poi dell'impoverimento tecnologico degli
ultimi 30 anni, si raccontava della incapacità del capitalismo familiare
novecentesco di innovarsi ma le multinazionali estere cosa hanno fatto?
E perchè non si sono arrestati i processi di esternalizzazione e
delocalizzazione quando era a tutti chiaro che avrebbero avuto costi
maggiori dei benefici?
E per quale ragione non si sono
operate scelte dirimenti per impedire la fuga ai privati o all'estero
della tecnologia italiana, perfino IlSole 24Ore (articolo di Paolo
Bricco riportato integralmente dal sito di Contropiano) ne parla scrivendo
solo
il 33% delle imprese assorbe know-how (il 14% in meno, in un sistema
industriale ad alta sensibilità e ad alta amplificazione interna di ogni
shock è una differenza consistente), mentre fa il contrario – cioè
trasferisce questo sapere dal nostro Paese alla casa madre – il 24%,
cioè sei imprese su cento in meno.
e ancora
Il
dai e vai tra sistemi industriali nazionali, che dopo la progressiva
integrazione avvenuta con l’ultima globalizzazione stanno adesso vivendo
un passaggio di regressione per via delle guerre commerciali, dei nuovi
sovranismi politico-culturali e delle riperimetrazioni in senso
nazionale dei grandi gruppi industriali, è basato anche sui
trasferimenti di competenze manageriali. Si sono ridotti i punti di
collegamento tra consociate italiane e case madri straniere: nel 2005,
secondo l’Istat, il 56% delle imprese riceveva know how manageriale e
commerciale dall’estero e il 33% lo ricambiava.
Le multinazionali continuano ad assorbire conoscenza: il 32%, la stessa quota di prima della Grande Crisi, continua a trasferirle alle case madri. Hanno smesso di pompare competenze manageriali verso l’Italia: a riceverle sono il 42% delle controllate italiane, il 14% in meno.
Possibile
che il giornale di Confindustria mostri maggiore lungimiranza di tanta
stampa e intellettuali del centro sinistra? Il nostro paese è terra di
conquista per gli utili di tante multinazionali, le aziende italiane
trasferiscono all'estero le loro linee produttive e perfino la sede di
riferimento, trionfa la logica del massimo utile attraverso operazioni
finanziarie per superare la crisi di sovrapproduzione o l'assenza di
innovazione tecnologica.
Gli
stranieri arrivati in Italia hanno saccheggiato produzioni e
conoscenze, hanno acquistato a pochi soldi le nostre intelligenze, nello
stesso tempo la politica e il sindacato si è sottomessa a questi
disegni, ci siamo sdraiati davanti alle multinazionali non con il
cappello in mano ma alla stregua di zerbini Arrivano, sfruttano,
ottengono finanziamenti statali, scaricano oneri e costi sul pubblico e
poi all'occorrenza delocalizzano e scappano via. E' la vittoria del
capitalismo predatore, la sconfitta dei lavoratori e dei cittadini
avvelenati dalle fabbriche della morte e dall'ignavia sindacale e politica.
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