Il pensiero unico del merito e della performance

 Nell'accordo tra Ministro della Pubblica amministrazione e Sindacati si evince il rafforzamento della performance che negli anni è servita alla discrezionale distribuzione del salario accessorio ma assai poco al miglioramento e all'accrescimento delle prestazioni rese da uffici e servizi.

Il cosiddetto merito sta alla base di concezioni filosofiche consolidate secondo le quali l'erogazione del salario deve essere diseguale a seconda delle prestazioni rese dai singoli.

Che, nel corso del tempo, il merito presunto sia servito per dividere la forza lavoro e metterla in stupida competizione per avere porzioni di salario che spetterebbero di diritto è cosa risaputa, se poi cediamo alla logica della moltiplicazione dei profili professionali per accrescere disuguaglianze il disastro, per la forza lavoro, giunge al suo compimento. Il problema è che quasi tutti ormai ragionano secondo i dettami imposti dalla filosofia del merito in una assurda gara competitiva finalizzata solo ad accrescere la quantità e la qualità del lavoro prodotta a parità di salario.

Una volta sposati i valori produttivisti si è pensato, per il pubblico impiego, di stabilire gerarchie premianti determinando meccanismi distributori del salario accessorio, ad oggi tuttavia i risultati sperati si sono dimostrati del tutto errati e la finalità del merito è diventata una sorta di sacra ideologia utile solo a dividere la forza lavoro.

Meritocrazia e centralità del mercato sono parti integrante della medesima ideologia che poi sorregge il Patto sottoscritto da Sindacati e Ministro Brunetta.

La meritocrazia non la disinnescato i cosiddetti privilegi ma essa stessa ne ha prodotti altri su basi tutt'altro che oggettivi e razionali come si vorrebbe far credere.

Poi possiamo anche discettare sulla meritocrazia di stampo egualitario o di natura liberale, resta il fatto che sia servita, come la performance, per creare meccanismi di controllo e di omologazione nei luoghi di lavoro dettando linee comportamentali rigide e funzionali alle logiche di mercato o ai programmi politici degli amministratori locali. E la famosa autonomia dalla politica finisce cosi' nel baule del dimenticatoio a favore di ideologie "nuove " basare sul presunto merito.

Quando si scrive, come nel Patto, che l 'obiettivo da raggiungere è lo smaltimento del lavoro arretrato, la prima domanda da porsi dovrebbe essere quella di privilegiare assunzioni per garantire almeno la copertura del turn over presente e passato ma qui casca l'asino (ci perdoni il simpatico animale) perchè le dotazioni organiche sono state cancellate e sostituite da generici piani di fabbisogno.

 Quindi è implicito che le assunzioni arriveranno con grande ritardo e in numero del tutto insufficiente, cresceranno i carichi di lavoro e le mansioni esigibili, si rivedranno i profili professionali (ce lo chiede l'Europa in cambio dei soldi del Recovery) solo in funzione delle logiche di impresa (che sono ben diverse da quelle dei cittadini che rivendicano servizi migliori, maggiori e accessibili)

Oggi il salario diventa variabile in base ai giudizi dei dirigenti o dei magagers che a loro volta debbono rispondere assertivamente agli obiettivi dei politici, degli Enti e del mercato secondo la logica del risparmio o del guadagno. Ma tutto cio' cosa abbia da spartire con il potenziamento dei servizi pubblici è tutto da dimostrare.

Anche la contrapposizione tra vecchi e nuovi assunti va analizzata dentro contesti ideologici vecchi come quelli dei giovani rampanti da contrapporre alla gerontocrazia della fase domestica del capitalismo. Ma anche in questo caso la realtà stride con la facile ideologia del merito basta pensare che non esiste formazione capillare e diffusa negli Enti pubblici e sovente avviene invece l'autoformazione fuori dal canonico orario di lavoro e senza retribuzione alcuna.

Poi si racconta che il merito è contrapposto alla burocrazia ma anche in tale caso si raccontano bugie se pensiamo alla giugla di regolamenti che impongono ad esempio incombenze sempre maggiori ai singoli dipendenti anche in materia di rendicontazione del lavoro svolto (specie se in modalità agile) o al rispetto di orari di servizio tendenti a riprodurre logiche da fabbrica fordista nonostante si vada verso il potenziamento del lavoro a progetto anche attraverso lo smart (che subisce a sua volta decurtazioni economiche e mancati rimborsi delle spese sostenute. Parlare allora di generico diritto alla disconnessione ci sembra veramente poco rispetto alle prestazioni aggiuntive rese con la modalità agile e a costi decisamente piu' bassi visti i risparmi derivanti dalla mancata erogazione del buono pasto e dai minori costi per utenze, trasferte e altri capitoli di spesa.

Se la fabbrica post fordista promuoveva l'auto controllo, la futura Pubblica amministrazione andrà rafforzando meccanismi di omologazione e di auto disciplina, sotto la costante minaccia dei codici etici e comportamentali, con il ricatto del salario accessorio e all'occorrenza la scure della Magistratura contabile.

L'uguaglianza delle opportunità diventa la nuova ideologia sulla quale basare un sistema sempre piu' iniquo e diseguale giusto a confutare tutti i luoghi comuni sui quali si basano i presunti processi di Riforma.

Da qui bisogna riprendere una analisi aggiornata contro il classismo meritocratico che scaturisce sempre e comunque dalla  disuguaglianza delle opportunità effettive.

Prendiamo ad esempio la scarsa mobilità  oggi esistente e prodotto  degli anni neoliberisti, le elites sono sempre le stesse e i costi in continuo aumento delle spese universitarie e della formazione alimentano le disuguaglianze sociali ed economiche alla faccia della uguaglianza delle opportunità.

E qui entrano in ballo il sistema scolastico e i programmi affermatisi negli ultimi decenni, il favoritismo e il nepotismo non si combattono quando crescono le disuguaglianze economiche e di classe. E anche la trasformazione in atto delle scuole professionali dovrebbe indurre a qualche riflessione perchè ci riporta indietro nel tempo , a un sistema scolastico nel quale i figli delle elites frequentavano i licei mentre i figli del popolo erano destinati agli istituti tecnici funzionali ad un rapido ingresso nel mercato del lavoro (oggi con contratti capestro a bassa retribuzione e senza alcuna certezza in merito alla stabilizzazione).

L'uguaglianza formale, la retorica delle pari e medesime opportunità sono un simulacro a occultare invece  le stesse logiche dominanti nei vechi regimi aristocratici, sono cambiati i contesti e le figure di rifeimento ma non i meccanismi e le logiche dominanti. L'ideologia del merito ha preso il posto del privilegio aristocratico, la composizione sociale delle elites è cambiata ma al contempo si è arrestata la mobilità sociale tanto che oggi si riprendono vecchie teorie come quelle dell'aristocrazia naturale dei talenti e del presunto merito. E la selezione dei meritevoli sovente si confonde con la scelta verso chi esegue pedissequamente ordini precostituiti e cosi' il merito diventa sinonimo di fedeltà assoluta verso i dettami dei vertici aziendali, dettami che poi prevedono anche norme comportamentali individualiste ed egoiste, l'assunzione di responsabilità spettanti invece a livelli piu' alti, una sorta di scaricabarile verso i livelli piu' bassi della scala gerarchica aziendale e sociale.

La meritocrazia impone una esistenza precaria nella quale per mantenere l'esistente si è costretti a continui sacrifici, a sottoporsi a esami e prove in nome della formazione permanente che poi formazione non è nel senso proprio del termine. Proprio mentre il sistema scolastico e formativo pubblico sconta la sua arretratezza per mancanza di investimenti, si scarica sul singolo, in nome della ricerca del merito, il compito di sopperire ai limiti del sistema pubblico.

E il Patto siglato da Brunetta e sindacati non solo è subalterno alla logica meritocratica ma dimentica perfino di indagarne gli innumerevoli risvolti teorici e pratici nel corso del lungo XXI secolo.

 

 




La subalternità culturale e politica dei sindacati rappresentati è sconcertante e arriva al punto di sottoscrivere intese che si ripercuoteranno solo contro i lavoratori e le lavoratrici della Pa.


Commenti