Distopie in salsa cilena

 A 50 anni di distanza dal golpe in Cile voluto dalla C.I.A., Rodrigo Rivas, collaboratore di Allende e attivista da sempre, ci parlerà di cosa è successo in quegli anni e anche nei successivi, di una libertà mai ritrovata per il popolo cileno, fino ad arrivare ad una panoramica della siruazione attuale.



Quella libertà che l’elezione di Salvador  Allende avrebbe garantito se la CIA non avesse deciso di soffocare nel 
sangue, grazie a un golpe, questa svolta socialista, facendo sparire e uccidendo migliaia di persone e le speranze di un futuro migliore, più giusto, libero e democratico. Le violenze e le uccisioni continuarono 
anche negli anni seguenti sotto il regime di Pinochet, instauratosi  grazie a questo golpe attuato da polizia nazionale ed esercito.

Rodrigo Rivas ne parlerà con Andrea Vento, membro del G.I.G.A – Gruppo  Insegnanti di Geografia Autorganizzati, docente e studioso di geopolitica (al termine del testo la biografia di Rivas e la cronologia del Cile dal governo di Unidad Popular a oggi).

Domenica 1 ottobre, presso il Circolo Arci di Lari (PI) via porta fiorentina, 1. Ore 17,45
Ingresso libero

A seguire, con un contributo a offerta, pastasciuttata con vino e acqua.
Info:  3408737007

Iniziativa organizzata dal circolo arci di Lari e Associazione politico-culturale “La Rossa” di Lari

Biografia di Rodrigo Rivas, intellettuale cileno, esule figlio di esuli che ha trovato la sua seconda patria in Italia

Rodrigo Rivas è figlio di un esule catalano. Suo nonno, essendo antifascista, nel 1939, al termine della Guerra civile spagnola  (1936-39) che vide la vittoria dei nazionalisti di Francisco Franco, si trasferì a Santiago del Cile con tutta la sua famiglia, compreso il padre di Rodrigo. Proprio a Santiago del Cile, il 18 Aprile 1947, nacque Rodrigo. Rodrigo fa parte di una famiglia molto numerosa. Conosce ben poco dell’origine della famiglia e di sua madre; i nonni materni, che purtroppo non ha conosciuto pare che fossero di origine colombiana. Una delle sue zie materne è morta all’Avana dove ha lasciato una figlia che adesso fa l’artista. Un’altra zia era a capo di un’azienda acquistata dallo Stato ed alcuni dei suoi zii sono stati costretti a lasciare il Cile per motivi politici. Dei cugini materni sappiamo che, purtroppo, cinque o sei di loro sono morti durante i primi tre anni della dittatura di Pinochet (1973-90) in condizioni disumane. Rodrigo non ha avuto nemmeno la fortuna di conoscere i nonni paterni e anche degli zii paterni sa ben poco. Tra i cugini, Rodrigo ne ricorda uno col quale non ha avuto rapporti in quanto Generale dell’esercito durante la dittatura e uno che faceva il calciatore e che è morto proprio negli anni del regime.

Rodrigo fa parte di una famiglia dove, in base a scelte politiche e culturali, ognuno prende strade diverse. I suoi genitori mettono al mondo otto figli e di questi, tra cui lui, in sei lasciano il Cile per vari motivi mentre due rimangono nella terra natìa. A soli 23 anni, il giovane Rodrigo si laurea in Scienze Politiche all’Università del Cile e viene eletto presidente della Federazione degli studenti del Cile. Siamo nel 1970, l’anno in cui Salvador Allende, leader della coalizione di Unidad Popular, composta da socialisti, comunisti, cattolici di sinistra e radicali, diviene Presidente della Repubblica cilena con le elezioni del 4 Settembre.

In questo periodo Rodrigo entra nel mondo del lavoro e diventa capo di una azienda statale; inoltre collabora con il Presidente Allende come consulente sui gruppi giovanili e questo gli dà modo di conoscere abbastanza bene e in maniera diretta il Presidente. Ciò che propone Allende per diminuire la povertà del suo popolo è innanzitutto portare sotto il controllo dello Stato le risorse fondamentali, ossia le miniere di cui il Cile è ricco e fare una riforma agraria seria, per distribuire le terre ai contadini che ne sono privi, indennizzando i proprietari terrieri. In realtà Allende non aveva mai puntato a una statalizzazione totale dell’economia, anzi, la linea di base era che le aziende rilevate dallo Stato fossero gestite da Collettivi di lavoratori organizzati. Per cui con l’elezione di Allende inizia un grande processo innovativo a beneficio del popolo che porterà Unidad Popular, con le elezioni parlamentari del marzo  1973 ad avere il 46% dei consensi a fronte del 36% ottenuto nel 1970. Nel frattempo, Rodrigo, viene eletto deputato.

Ma proprio nel 1973, precisamente l’11 Settembre, avviene il Colpo di Stato da parte dei militari guidati dal generale Augusto Pinochet. Rodrigo non sempre dorme a casa, ma quel giorno sì e viene risvegliato alle 6:00 del mattino dagli aerei che sganciano le bombe sulla Moneda, il palazzo presidenziale. Alle 7.30 Rodrigo esce di casa e non vi farà più ritorno.

Allende muore nella Moneda assediata e Pinochet assume il comando del Paese. Egli, in tempi brevi, consegna le miniere alle multinazionali, soprattutto statunitensi e canadesi, consegna tutte le fabbriche a privati e consegna giacimenti di minerali che fino ad ora non venivano sfruttati ai suoi parenti.

In Cile vengono torturati e assassinati dai militari di Pinochet sindacalisti, contadini, studenti e militanti della sinistra. Per questo, Rodrigo, dopo il colpo di Stato, è costretto a continuare la sua lotta politica nella clandestinità, in quanto condannato a morte solo perché, come abbiamo detto, da neolaureato era stato assunto come consulente del presidente Salvador Allende e quindi braccato dall’Esercito e dalla polizia. Ma, la morte del padre, avvenuta durante una perquisizione della sua abitazione, lo spinge ad affrontare direttamente il regime militare; sarà poi il timore di tradire gli amici sotto tortura che lo porterà a chiedere asilo all’ambasciata italiana, dalla quale, grazie all’impegno diplomatico è riuscito a raggiungere il nostro paese ed a rifarsi una vita.

Così, proprio come il padre, anch’egli è esule, ma esule cileno.

Rodrigo arriva a Roma nel febbraio del 1974. Per circa un mese alloggia in un hotel insieme ad altri cileni. A marzo si reca a Milano per partecipare ad una manifestazione sul Vietnam. Alla fine di questa manifestazione gli si avvicina un signore che gli offre un lavoro ben retribuito presso la casa editrice Mazzotta. Rodrigo accetta con entusiasmo ed è e sarà grato per la vita a quel “signore” che, riconoscendogli il titolo di studio cileno, gli ha aperto la strada nel mondo del lavoro.

Nel 1988, Pinochet indice un plebiscito nazionale col quale si sarebbe determinato se lo stesso Pinochet avesse dovuto estendere il suo Governo per altri otto anni, ossia fino al 1996. Egli, nell’intento di dare di sé un’immagine di politico democratico autorizza tutti i cileni anche condannati a morte espatriati, a tornare in Cile per due settimane. Rodrigo quindi, anche se timoroso, torna nel suo Cile dopo ben 18 anni di assenza, per due settimane. Pinochet è convinto di vincere il plebiscito e invece grazie a una straordinaria mobilitazione popolare lo perde, per cui dopo un anno, il generale deve lasciare il Governo e inizia per il Cile la non facile transizione verso la Democrazia.

In Italia Rodrigo ha fatto diversi mestieri: redattore presso la casa editrice Mazzotta di Milano, direttore del Cespi (Centro Studi Politica Internazionale), direttore di Radio Popolare, insegnante universitario a Pavia e Milano, consulente del Ministero degli affari esteri per l’America Latina, responsabile della programmazione sociale degli 8 comuni dell’Alto Tevere Umbro e ha conseguito altre due lauree: la prima in Economia e Commercio presso l’Università Cattolica di Milano nel 1979 e la seconda in Scienze dell’Informazione, conseguita nel 1995 a Roma.

Giornalista professionista, scrittore ed economista, ha pubblicato una cinquantina di libri su politica ed economia internazionali, oltre ad aver insegnato in alcune Università estere.

In Italia ha fornito e fornisce tuttora un importante contributo alla crescita culturale e alla formazione di varie generazioni di giovani che hanno studiato e tutt’oggi studiano i suoi numerosi libri e hanno beneficiato delle sue lezioni.

Rodrigo è sempre ben disponibile a parlare della sua esperienza di vita e noi studenti siamo molto interessati dai suoi racconti e dalle sue lezioni. Testimone delle atrocità che si sono verificate in Cile durante gli anni della dittatura, stupisce e incanta quel suo modo pacato e coinvolgente di esporre i fatti. Nelle sue parole non ci sono rabbia e rassegnazione ma voglia di far conoscere ciò che è successo, in modo che non si ripeta mai più in nessuna parte del mondo.



Blog di Rodrigo dove leggere i suoi scritti, le sue analisi e le sue riflessioni: http://rodrigoandrearivas.com 

Emiliano Barsotti 

Cronologia storica del Cile dal governo di Unidad popular ad oggi

4/9/1970: Il candidato di Unidad popular (Up) Salvador Allende viene eletto presidente col 36,3% contro il 35,8% del candidato della destra Jorge Alessandri e il 30% del democristiano R. Tomic.

4/11/1970: insediamento di Allende e attivazione delle “Quaranta misure del governo popolare” finalizzate all’attuazione di un programma di costruzione del socialismo per via democratica.

6/11/1970: il presidente Usa Nixon davanti al Consiglio nazionale di sicurezza dichiara “Non dobbiamo permettere che l’America Latina pensi di poter intraprendere questo cammino senza subirne le conseguenze”.

15/7/1971: nazionalizzazione delle miniere del rame di proprietà di due multinazionali statunitensi. Washington indispettita acuisce le azioni di destabilizzazione contro il governo di Allende.

Dicembre 1971: prima grande mobilitazione delle “pentole vuote” orchestrata dalla destra.

Ottobre 1972: le manovre di destabilizzazione si intensificano minando l’unità del governo e culminano nello sciopero dei camionisti che, finanziato da gli Usa con 4 mln $, paralizza il Paese. 

Novembre 1972: grazie alla mobilitazione popolare e agli sforzi impiegati, il blocco dei trasporti viene superato. Allende avvia una tournée mondiale che lo condurrà fino alla tribuna dell’Onu, dove denuncia gli attacchi che subisce il suo governo, soprattutto da parte di imprese statunitensi: “…il potere e la condotta nefasta delle multinazionali, i cui bilanci superano quelli di molti paesi… Gli stati subiscono interferenze nelle loro decisioni fondamentali, politiche economiche e militari, da parte di organizzazioni globali che non dipendono da nessuno stato e che non rispondono né sono controllate da nessun parlamento o istituzione rappresentativa dell’interesse collettivo”. Un’analisi lungimirante di ciò che in seguito sarà definito processo di globalizzazione

Marzo 1973: alle elezioni legislative l’Unidad popular avanza e ottiene il 43,4% dei voti.

29/6/1973: un reggimento di artiglieria sotto il comando del tenente colonnello Roberto Souper insorge e assedia i palazzi del governo con carri armati e altri mezzi pesanti ma viene respinto dalle forze armate lealiste: è il tanquetazo che servirà come prova generale del golpe. 

agosto 1973: viene proclamato un nuovo sciopero dei trasporti che paralizza il Cile. Il 22 Pinochet viene nominato capo di stato maggiore dopo le dimissioni di Prats a seguito dei contrasti all’interno delle forze armate. Allende dichiara pubblicamente la propria fiducia nei confronti di Pinochet.

22/8/1973: il parlamento approva una mozione della Democrazia Cristiana in cui si denuncia “il grave deterioramento dell’ordine democratico” perpetrato da Allende e si chiede alle forze armate di “porre immediatamente fine a tutte queste situazioni”.

11/9/1973: colpo di stato militare guidato da A. Pinochet sostenuto dalla destra e dalla Democrazia Cristiana e organizzato dagli Usa. Allende assediato alla Moneda con i suoi fedelissimi rifiuta la resa e si suicida. Svanisce il sogno cileno di una transizione democratica verso il socialismo. Nei mille giorni del suo governo il Cile si riappropriò del rame, estese la riforma agraria, difese l’istruzione pubblica e gratuita, ridusse la mortalità infantile, aumentò i salari, creò l’area sociale dell’economia, nazionalizzò le banche e altre imprese strategiche e promosse la partecipazione popolare.

Viene instaurata una feroce dittatura militare che provoca 3.200 morti, oltre 100.000 arresti, 38.00 torturati e decine di migliaia di esiliati. Un’intera generazione, insieme alla prospettiva di una società più equa, viene annientata.



1975: applicazione delle teorie neoliberiste della ‘Scuola di Chicago’ sul laissez-faire, sul libero mercato e sulla riduzione della spesa pubblica. Vennero privatizzate gran parte delle imprese appena nazionalizzate, restituiti ai latifondisti 1/3 delle terre oggetto di riforma, ridotti gli stipendi, privatizzate la sanità e l’istruzione ma, in compenso, vennero aumentate le spese militari. La ricetta neoliberista, in assoluta anteprima mondiale, portò ad un quindicennio di crescita economica sostenuta (6-8% annuo) che andò per l’85% a beneficio del 20% più ricco della popolazione e creò gravi effetti sociali, economici e culturali ai danni dei strati popolari e del ceto medio.

11/9/1980: approvazione della nuova Costituzione che contiene principi di politiche economiche liberiste e garantisce a Pinochet la presidenza fino al 1989.

1988: il Plebiscito indetto da Pinochet per ottenere il prolungamento del mandato presidenziale per un altro quadriennio viene, a sorpresa, respinto da parte del 56% dei votanti.

14/12/1989: le prime elezioni democratiche presidenziali registrano la vittoria della Concertazione Democratica di centrosinistra che porta il democristiano Patricio Alwyin alla presidenza.

11/3/1990: insediamento del nuovo presidente e avvio della “transizione alla democrazia” che incontra grandi resistenze da parte dei militari che mantengono ampi poteri ottenendo anche l’impunità per i crimini commessi durante la dittatura. Pinochet nominato Capo delle forze armate.

11/3/1994:  Eduardo Frei Ruiz-Tagle, candidato democristiano della Concertazione Democratica si insedia alla presidenza. Sotto il suo governo il Cile ha registrato una sostenuta crescita economica (fino al ’98) ed è entrato a far parte del Mercosur come membro associato nel 1996 e ha stipulato trattati di libero commercio con gli  Stati Uniti, la Cina e i paesi dell’Unione Europea.

Le politiche economiche, attuate dai presidenti della Concertazione Democratica dopo il ritorno alla democrazia nel 1990, non sono risultate in controtendenza rispetto al liberismo del periodo di Pinochet: sono infatti continuate le privatizzazioni come nel caso dell’acqua e delle concessioni alle multinazionali per lo sfruttamento del rame. Venne, però, perseguita una politica di riduzione del disagio sociale senza tuttavia incidere in modo sostanziale negli squilibri socioeconomici: nel 1996 il 20% più ricco della popolazione deteneva ancora il 56,5% del reddito nazionale, mentre il 20% più povero solo il 3,9% e nel 2011 erano ancora rispettivamente il 51,03% e il 5,38%. Il Cile è il paese con il maggior squilibrio nella distribuzione della reddito dell’America Meridionale.

1998: Pinochet diventa senatore a vita ma ciò non fu sufficiente, il 17 ottobre del 1998, ad evitargli la reclusione nell’ospedale londinese in cui era ricoverato, a seguito del mandato di arresto internazionale emesso dal giudice spagnolo Baltasar Garcon, per i crimini commessi contro i propri connazionali spagnoli in Cile. Si aprì un complesso caso diplomatico internazionale che coinvolse, oltre al Cile e al Regno Unito, anche la Spagna che si concluse con la scarcerazione di Pinochet decretata nel marzo 2000 dal ministro degli Interni laburista, Jack Straw, per motivi “umanitari”. La revoca, al rientro in patria, dell’immunità parlamentare da parte della Corte d’Appello, spalancò all’ex dittatore le porte del processo nel quale, dopo un iniziale rinvio a giudizio, ottenne, l’anno successivo, la sospensione per motivi di salute. La Corte Suprema nel 2005, respingendo il ricorso della difesa, dette nuovamente via libera all’effettuazione del processo che non arrivò a conclusione per la sopraggiunta morte, il 10 dicembre 2006, dell’ex dittatore che per 17 anni governò il paese con pugno di ferro macchiandosi di orrendi crimini.

11/3/2000: il socialista Ricardo Lagos diviene il terzo presidente della Concertazione Democratica. Il governo di Lagos è stato uno dei più apprezzati, arrivando a toccare il 75% di popolarità. Durante la sua presidenza si sono intensificate le relazioni estere, le riforme istituzionali e la crescita economica dopo la recessione del ’99.

11/3/2006: si insedia alla presidenza la socialista Michelle Bachelet della Concertazione Democratica. Rifiuta i funerali di stato a Pinochet. Contro di lei si solleva la contestazione degli studenti per la mancata riforma dell’istruzione. Recupera in seguito popolarità grazie alla capacità di affrontare la crisi economica del 20082009 ottenendo il consenso dell’opinione pubblica e del sistema economico del Paese, ma scontentando i ceti popolari per la diminuzione salariale. Nel 2008 è stata nominata Presidente della neocostituita Unasur, l’Unione delle Nazioni Sudamericane.

11/3/2010: il magnate Sebastian Piñera di Rinnovamento Nazionale, candidato della “Coalición por el Cambio” si insedia come primo presidente di destra dopo il ritorno alla democrazia, favorito dalle divisioni nel campo del centrosinistra, causate dall’incapacità di invertire le politiche neoliberiste di Pinochet.

2011-2013: Sotto Piñera, riprende forza il movimento studentesco nel 2011 e nel 2013, fino a scuotere l’intera sinistra e a richiedere non soltanto un’educazione gratuita e di qualità ma anche i mezzi per ottenerla: riforma fiscale, nazionalizzazione del rame e, soprattutto, fine del modello liberista inscritto nella Costituzione del 1980 attraverso la convocazione di un’assemblea costituente. Queste sono le richieste più importanti, insieme, alla riforma sanitaria, che gli studenti avanzano a Michelle Bachelet candidata, alle presidenziali del 17 novembre 2013, di “Nueva Mayoria” (Nuova Maggioranza) la coalizione che comprende la Concertazione, i partiti di sinistra e i movimenti.

Dopo decenni in cui Allende ha rappresentato solo un grande politico da commemorare, durante le manifestazioni, in cui gli studenti si sono fusi con i minatori e i portuali, il ritratto di Allende è tornato nelle strade ma, questa volta non si trattava più di celebrare un’icona: i manifestanti affermavano di riconoscersi nel progetto politico che egli incarnava e che continua a rappresentare. L’esperienza dell’Unidad Popular non è fallita: è stata soltanto interrotta e la figura di Allende non è quella di un presidente che si lascia alle spalle un processo politico condannato. Essa incarna l’audacia politica: quella che ha affermato la modernità di un progetto di trasformazione della società, non solo in Cile, ma in tutto il continente latinoamericano.

15/12/2013: al secondo turno delle elezioni presidenziali la socialista Michelle Bachelet, col 62% dei voti sconfigge la candidata dell’Unione democratica Indipendente, Evelyn Matthei, sostenuta dalla coalizione di destra Alleanza per il Cile e assume l’incarico l’11 marzo 2014

17/12/2017: Sebastian Piñera di Rinnovamento Nazionale, sostenuto dall’alleanza Chile Vamos, al secondo turno delle presidenziali conquista, col 54,6% dei consensi, il secondo mandato ai danni dell’esponente del Partito Radicale Social Democratico, Alejandro Guiller, appoggiato dalla coalizione Nuova Maggioranza. Anche lui come i predecessori si insedia l’11 marzo successivo.

18/10/2019: a Santiago esplodono le proteste studentesche innescata dall’aumento del prezzo dei biglietti dei trasporti urbani, che nei giorni successivi si estendono alle classi sociali impoverite dalle mancate riforme della struttura economica, ancora di chiara matrice liberista. “Non per 30 centesimi, ma per 30 anni” diviene lo slogan delle piazze gremite, lasciando intendere che l’esasperazione popolare era frutto non tanto dell’aumento dei trasporti urbani di 30 centesimi, bensì di 30 anni di mancate riforme. Durante la “transizione” post dittatura il Cile ha conosciuto un periodo di forte sviluppo economico, ma questo ha ulteriormente ampliato le diseguaglianze, e ha lasciato indietro e ai margini larghe fasce della popolazione. Il Paese non è riuscito a trovare un compromesso tra lo sviluppo dell’economia di mercato e le protezioni sociali, in modo da garantire coesione sociale e stabilità democratica.

Ottobre 2019–18/3/2020: le oceaniche proteste si allargano alle principali città cilene guadagnandosi l’appellativo di Estallido social (esplosione sociale). Il 18 ottobre il presidente Sebastián Piñera dichiara lo stato di emergenza, autorizzando il dispiegamento dell’esercito cileno nelle principali regioni a fianco delle forze di sicurezza (i famigerati Carabineros). L’esercito torna nelle strade per la prima volta dai tempi della dittatura. La repressione violenta dei manifestanti viene denunciata, oltre che dall’Onu, anche dal direttore dell’Istituto nazionale per i diritti umani del Cile, Sergio Micco: “L’Istituto ha registrato testimonianze di denudamenti, torture, spari contro i civili, maltrattamenti fisici e mentali, botte e ritardi della polizia nel condurre le persone fermate al commissariato, mantenendole nei furgoni, ammassate e con scarsa ventilazione, per ore”. Le proteste di piazza cessano a metà marzo, a causa dalla pandemia da Covid-19, con un pesante bilancio: 34 fra uccisioni dirette e sospette, 2.400 feriti fra cui alcune centinaia colpiti volontariamente agli occhi, circa 5.000 arresti e numerose violenze sessuali ai danni delle donne fermate. 

I partiti presenti in Parlamento si accordano per l’effettuazione di un Plebiscito per una nuova Costituzione che chiuda i conti con la dittatura e con il neoliberismo istituzionalizzato.

25/10/2020: il Plebiscito Nazionale 2020 chiama i cileni ad esprimersi su una nuova costituzione o sul mantenimento di quella di Pinochet del 1980 e su quale organo debba provvedere a redigerla. Vittoria schiacciante di Apruebo, nel primo quesito, e di una assemblea costituente elettiva ex novo nel secondo, con oltre il 78% dei consensi in entrambi.

16-17 maggio 2021: votazioni per l’Assemblea costituente (Convenciòn Constituyente), netta sconfitta dei partiti tradizionali, soprattutto di centro-destra (38 seggi), e vittoria degli indipendenti, in prevalenza esponenti del movimento popolare, con 48 seggi su 155, dei quali 24 conquistati dalla Lista del Pueblo; la sinistra radicale (Apruebo Dignidad), alleanza fra Partito comunista e Frente Amplio, ottiene 27 seggi contro i 25 della lista Apruebo di centrosinistra, mentre17 vengono riservati alle popolazioni amerindie.

21/11/2021: il primo turno delle elezioni presidenziali vede in testa José Antonio Kast di estrema destra con il 28%, seguito da Gabriel Boric, giovane esponente della sinistra emerso dalle proteste.

19/12/2021: contro i pronostici al secondo turno delle presidenziali Boric sconfigge l’ex pinochetista Kast con il 56% rispetto al 44%, divenendo il presidente della Repubblica più giovane della storia del Cile e anche quello più votato dal popolo in voti assoluti. Scongiurato il ritorno verso i tempi bui della dittatura e compiuto un fondamentale passo avanti verso la fine della “transizione democratica”. Promesso sostegno politico dal nuovo governo alla conclusione del percorso costituente che porti all’approvazione di un nuovo testo costituzionale che chiuda i conti con l’eredità della dittatura e con l’impianto neoliberista dello stato cileno.

11/3/2022: si insedia il nuovo presidente Boric con il primo governo della storia sudamericana a maggioranza femminile (14 su 24). Al ministero della Difesa va la nipote di Salvador Allende, Maya Fernández Allende, già deputata del Partito socialista e recentemente approdata al partito di Boric.

L’inattesa sconfitta nel referendum costituzionale del 2022

La stesura del nuovo testo costituzionale articolato in 338 articoli, da parte dei 155 membri della Convenzione, in maggioranza progressisti, rappresentanti dei movimenti usciti dalle lotte di piazza e indipendenti, conduce all’atteso Plebiscito nazionale previsto per il 4 settembre 2022, per il quale, nonostante le grandi aspettative nel Paese, i sondaggi lasciavano presagire un esito incerto.

Il nuovo testo, definito da più parti come una delle proposte costituzionali più avanzate a livello mondiale, dichiarava fra le varie il Cile “uno stato sociale e democratico di diritto, plurinazionale, interculturale, regionale ed ecologico“, chiudeva con l’impianto liberista dell’economia introducendo nuovi diritti sociali e stabiliva la nuova democrazia come “paritaria e inclusiva“. Soprattutto tre le tematiche introdotte nel testo (il diritto all’aborto, la parità di genere nel settore pubblico col 50% dei posti riservati alle donne e la questione dei diritti dei popoli originari) non vengono apprezzate dall’intero popolo cileno che al referendum, a seguito di strumentalizzazioni, fake news e di un’aggressiva campagna mediatica delle destre, per il 62% si esprime in modo contrario all’approvazione della nuova Costituzione. Una bruciante sconfitta, per le forze progressiste e per i movimenti popolari, riconducibile ad un testo particolarmente innovativo per i diritti sociali e l’assetto dello Stato, che a causa del meccanismo elettorale del referendum, accettare o respingere in toto, ha indotto molti cileni che condividevano l’impianto del testo, ma che divergevano su uno o pochi punti, a votare per il respingimento. Una batosta anche per il neopresidente Boric che subisce un ridimensionamento nel suo progetto politico di riforme economiche e costituzionali e lo costringe, da un lato, ad un rimpasto nella squadra di governo, a vantaggio dei moderati, e, dall’altro, ad un nuovo percorso costituente, dopo il fallimento di questo primo tentativo.

La destra si aggiudica le elezioni per il nuovo Consiglio Costituzionale del 2023

Domenica 7 maggio: l’ultraconservatore Partito Repubblicano del Cile dell’ex candidato alla presidenza, José Antonio Kast, esce vincitore con il 34,3% delle preferenze dalle elezioni per il nuovo Consiglio Costituzionale. Il successo elettorale garantisce al partito di Kast 23 dei 50 seggi dell’organismo chiamato a scrivere il nuovo testo. Altri 11 seggi alla coalizione di centrodestra Chile Segura (20,4%) e un seggio riservato alle Liste dei Popoli Indigeni. Si tratta dello scenario più temuto dalla coalizione di governo progressista di Gabriel Boric: i partiti di sinistra (Unità per il Cile 27,7% e 16 seggi) non avranno infatti neanche il potere minimo di veto nella nuova Costituente. Il paradosso è che dopo 4 anni di lotte sociali per cambiare la Costituzione di Pinochet, ora c’è il rischio che venga riscritta dai suoi nostalgici.

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