La rottura del sonnolento equilibrio europeo: guerra in Ucraina

 fatti nello sAbbiamo intervistato Tiziano Tussi, autore de La rottura del sonnolento equilibrio europeo: guerra in Ucraina, (PGreco edizioni) per parlare di guerra e Unione Europea, dei cambiamenti economici e politici derivanti dalla guerra Nato contro la Russia.

 


Causa reale e causa apparente, quale è la causa della Guerra in Ucraina? Il vero responsabile è Putin o la strategia espansiva della Nato?

È chiaro che vi è un atto reale e cioè che le armate russe sono entrate in Ucraina. Questo atto si può intendere in due modi: come fattualità, è così, oppure tentando di dare un senso più ragionato alla questione. Molte guerre sono iniziate quando il supposto nemico, invaso, non aveva fatto nulla di eclatante contro la parte che invade. Un esempio è nel Risorgimento italiano, tanto per rimanere in casa nostra. Garibaldi in Sicilia perché vi era andato? Vi era stata un’azione di guerra dei Borboni verso il Piemonte? No! Ed il discorso di Vittorio Emanuele II il 10 gennaio 1859, “…non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi…” se non era una scusa ante post, che cos’era? E da notare che l’Italia non esisteva neppure.[1] Naturalmente per la guerra in corso in Ucraina tutte le tappe, che si possono ricordare, dell’allargamento della Nato verso Est Europa, della politica di aggressione degli USA ed alleati verso la Russia, come verso la Cina, gli accordi di Minsk del 2014, le ragioni delle regioni orientali dell‘Ucraina ec. ecc., poco servono di fronte alla reiterazione di “esiste un aggressore ed un aggredito”.

                      

Nel corso degli anni abbiamo ascoltato narrazioni sul fallimento della UE. Da Europa dei popoli, occasione mancata, a Europa dei capitali. Tu parli di Ventotene, Spinelli parlava in realtà di Europa socialista e quindi hanno stravolto quel testo per renderlo compatibile con una unità dei capitali?

Testualmente: “…la rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classe lavoratrici…”.[2] Il testo è chiarissimo. Ma nessuno dei discorsi successivi è mai entrato in argomento. Dirlo oggi appare anche incredibile. Questa Europa è una specie di Moloch che ha lasciato per strada le sollecitazioni di quell’anno della Stesura del Manifesto, anno di guerra, ricordo, per costruire una infrastruttura burocratica dove vige il comportamento del pressapochismo. Facciamo qualcosa, poi si vedranno le reazioni degli stati. Basta leggere un poco sull’argomento, cosa che ho fatto per la stesura del mio libro, e ci si imbatte in una sorprendente galleria di fraintendimenti, piccoli sotterfugi e magheggi che si riflettono sui documenti europei. Lascio alla lettura del florilegio che ho ricordato nel mio testo. Ma un’altra questione vorrei ricordare. L’Europa è sempre ancora da farsi. Nel libro ho riportato parti di una prefazione, di David Sassoli[3] in un testo recente, del 2021, pubblicato in portoghese, nella quale Sassoli dice testualmente (la prefazione è in italiano): “…dobbiamo lavorare, da oggi, perché il funzionamento sia più coerente perché l’Europa abbia competenze chiare…”. Ma la fondazione dell’UE avviene, con tappe di avvicinamento, nel 1957, trattato di Roma. Sperare che la stessa diventi qualcosa, ora, appare perlomeno sorprendente.   E la dice lunga sulla distanza tra le aspettative di Ventotene e la situazione attuale.

 

L’Europa esce con le ossa rotte in termini economici e politici dalla guerra in corso, subalterna alla Nato e agli Usa.

La risposta fa il paio con quella precedente. Se non ha un’anima, caratteristiche proprie, istituzioni proprie che funzionano veramente, va da sé che questa compagine sia destinata ad essere trainata da altre organizzazioni, cui per altro fanno parte diversi paesi europei, la NATO ad esempio. La subalternità agli interessi internazionali di altri Paesi o associazioni varie si dimostra palese. E questo non fa bene ad una organizzazione che si dice di equilibrio internazionale. Infatti, anche in questa crisi ucraina l’UE non appare come un attore indipendente e credibile. Altri sono gli interessi che pesano sul campo di battaglia. E gli sforzi per seguire le tracce politiche di altri sono disvelanti. L’affanno con cui l’UE cerca di mantenere una qualche distanza non siderale da Nato ed USA risultano in effetti patetici. Anche tenendo conto delle divisioni in seno europeo e del gioco, scoperto, con il quale gli USA si insinuano nella politica, diciamo così, europea, mettendosi in mezzo, ora appoggiando uno stato, ora appoggiando un altro. Chiaro è il caso della Polonia.

 

Nel libro spieghi che i paesi non traggono mai insegnamento dalla loro storia. Quali lezioni dovrebbero trarre Italia, Ue, Usa e Russia?

Sarebbe un po’ troppo superbo stilare una ricetta di comportamenti per il mondo intero. In ogni caso basterebbe ricordarsi, e non è avvenuto troppo tempo fa, di come le cose sono terminate, nella cosiddetta guerra fredda, per capire che non occorre certo rifarne la genesi. La politica di potenza alla lunga non sta in piedi. Avrebbero dovuto capirlo specialmente gli USA e ricordarsi le lezioni della sua storia. Ma dubito potrà mai accadere. Quella confederazione ha da troppo tempo messo sotto il tappeto la razionalità storica e sociale. Basterebbe ricordare la lezione del Vietnam, anche se ora gli USA cercano di riprendersi zone di influenza in quel Paese orientale. Il resto segue. Per rimanere all’Italia, proprio la galleria di esempi da me fatti nello scritto dimostra che è possibile avere una certa indipendenza dai centri di potere internazionale. In fondo non si rischia veramente molto, solo la salvezza dello spirito italiano. Ricordo spesso un inciso di Giaime Pintor, che trovò la morte saltando su una mina tedesca, nella Seconda guerra mondiale e che disse: “Gli italiani sono un popolo fiacco, profondamente corrotto dalla sua storia recente, sempre sul punto di cedere a una viltà o a una debolezza. Ma essi continuano a esprimere minoranze rivoluzionarie di prim'ordine: filosofi e operai che sono all'avanguardia d'Europa.”[4] Ecco qui ancora l’Europa, prima di Ventotene, ma di ben altra fatta, che non l’attuale.

 

Gli accordi del 2014 che avrebbero dovuto essere l’inizio della pace in Ucraina sono stati subito sabotati dagli Usa. Ce ne vuoi parlare?

Questi accordi, conosciuti come accordi di Minsk, non sono mai stati accettati dal governo ucraino e dall’Occidente. Essi prefiguravano una forte autonomia dell’oriente ucraino, in quel paese nazionale, mentre per la Crimea la questione rimaneva sospesa ed aperta a livello internazionale, dato che la Russia aveva già incamerato il territorio e l’Ucraina non aveva riconosciuto tale annessone. Ricordiamo che la stessa Crimea era stata donata all’Ucraina nel 1954 da Kruscev, per commemorare 300 anni di un trattato tra cosacchi ucraini e la Russia. Il libro su avvale di una parte seconda, una sorta di appendice, che copre circa metà del testo, che ceca di spiegare la situazione della Crimea vista da diverse angolazioni scritto proprio nel 2014, con Cristina Carpinelli, e pubblicato su alcuni siti in rete. Ora lo si può leggere anche in versione cartacea e ripercorre la storia di quegli anni di rioccupazione russa.

 

Nel libro riprendi alcune figure ormai storiche, dal generale Pasti a Craxi di Sigonella. Vuoi parlarcene?

Questi sono gli esempi cui mi riferivo prima. Esempi di indipendenza culturale e politica dai centri di potere internazionale. Cito anche il caso di Moro, che in un viaggio negli USA, nel settembre 1974, da ministro degli Esteri, fu oggetto di alcune minacce da parte dell’establishment statunitense e in particolare dovette subire l’astio di Henry Kissinger, allora ai vertici della politica USA. “Lei la pagherà cara” disse Kissinger a Moro.  Si riferiva alla politica del democristiano Moro verso il PCI. Dopo quattro anni, venne rapito e ucciso dalle Brigate Rosse. Certo non è possibile affermare una corrispondenza diretta tra i due momenti ma è curioso questa successione nel tempo. Un altro esempio forte è il caso Mattei. Dato che il nostro primo ministro, Giorgia Meloni, lo ha rivendicato nel discorso di insediamento in Parlamento, ricordo che lo stesso Mattei fu fatto saltare in aria nel 1962, in ottobre, per la sua politica di indipendenza dalle Sette sorelle, aziende petrolifere, praticamente tutte USA, tranne una. Meloni è al corrente di questa deriva?

  

Parli anche della guerra in Cecenia che consideri rilevante ai fini della comprensione di quanto accade oggi.

Le guerre in Cecenia, ve ne sono state due, hanno attinenza con la miopia della Russia contemporanea e con la sua protervia fuori contesto storico sugli scenari dell’ex URSS. Per di più questi scontri hanno avuto come corollari gli attentati al teatro Dubrovka, a Mosca, ed alla scuola di Beslan, nell’Ossezia del Nord. Centinaia di morti e nessuna reale risoluzione del problema, se non successivamente con il controllo di Ramzan Kadyrov, potere dittatoriale, su quel Paese. E naturalmente occorre ricordare, come corollario, la morte di Anna Stepanovna Politkovskaja, che su quelle guerre scrisse molto e cercò di portare il suo apporto per una uscita in positivo dalla guerra. La letteratura è imponente e nel libro vi faccio riferimento. Una specie di grande cerotto su una situazione esplosiva, in parte eredità della disgregazione dell’URSS, in parte rottura di una convivenza che assume tratti primitivi. Gli scenari sono molti frastagliati e riassumerli in poche righe è difficoltoso ma si può dire che i comportamenti dell’autorità attuale della Cecenia dipendono in larga pare dal vento moscovita. Così come è stato per il caso Wagner.

 

 E per chiudere dedichi poche pagine a una riflessione sulla guerra strisciante come comportamento normale nel nostro secolo. Abituarsi alla guerra e alla subalternità al sistema capitalistico, insomma, ma ci sono letture critiche della realtà e possibili vie di uscita? Pensi che possa esistere un nuovo movimento contro la guerra su base nazionale ed internazionale e con quali pratiche e prospettive?

Sinceramente non mi pare vi siano movimenti significativi, se non religiosi, per esempio cattolici, il papa Francesco, che prendano le misure di un pacifismo che tenda ad aprirsi e che venga, in qualche modo sopportato dal potere nazionale di un qualche stato, o a livello internazionale. Ma anche per i cattolici sono tempi duri, con poche possibilità di riuscita. Quello che manca, parrà paradossale alla luce di quanto detto sin qui, è un contropotere sul piano della fattualità storica, del potere reale. Nel periodo della guerra fredda per lo meno un confronto, a volte quasi uno scontro diretto e spesso indiretto, metteva il mondo capitalistico sull’avviso. Lo caricava di attenzione a non strafare. Ora quella contrapposizione non vi è più. La Russia ha ben altra collocazione politica e culturale, potemmo definirla di rivalsa e con venature medioevali, e la Cina è in grandi ambasce con la necessità di controllare il proprio territorio, vastissimo. Un mondo di mezzo così come la possiamo indicare. E quindi cerca anch’essa una posizione di confronto/scontro con gli USA e tutto il suo carrozzone, ma sullo stesso piano. Le tendenze maoiste sono oramai seppellite sotto una mole di così tanta imponente vita capitalistica che non credo, a breve, le cose cambieranno. Perciò per la Cina concorrenza capitalistica in salsa orientale, e cioè da grande dinastia cinese. Cosa rimane? Ben poca cosa. Cosa possiamo fare? Nulla di eclatante ma continuare a fare quello che facciamo per cercare di tenere vivo un discorso umanistico, che è stato spinto ad un livello preilluministico dal capitalismo e dalla tecnologia da esso dipendente. Altro non c’è da fare, che continuare a sforzarci di rimanere umani. Già altri lo hanno detto[5] e credo proprio non ci sia altro. Poi quando sarà, certamente una organizzazione politica potrà nascere proprio sulle spalle di umani che sono restati tali.



[1] Rimando al mio Una storia marginale. La formazione dell’Italia unita come risultato degli scontri diplomatici e militari dei maggiori paesi europei per l’egemonia continentale in Il Risorgimento: un’epopea? Per una ricostruzione storico-critica, a cura di Cristina Carpinelli e Vittorio Gioiello, Zambon, Milano, 2012.

[2] Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Il manifesto di Ventotene, prefazione di Eugenio Colorni (1944), Corriere della Sera, RCS Quotidiani S.p.A., Milano, 2010, p. 31.

[3] David Sassoli, Presidente del parlamento europeo, è morto l’11 gennaio 2022.

[4] Ultima lettera di Giaime Pintor al fratello Luigi (varie sedi).

[5] Ad esempio, Vittorio Arrigoni,critto dimostra che è possibile avere una certa indipendenza dai centri di

potere internazionale. In fondo non si rischia veramente molto, solo la salvezza dello
spirito italiano. Ricordo spesso un inciso di Giaime Pintor, che trovò la morte
saltando su una mina tedesca, nella Seconda guerra mondiale e che disse: “Gli
italiani sono un popolo fiacco, profondamente corrotto dalla sua storia recente,
sempre sul punto di cedere a una viltà o a una debolezza. Ma essi continuano a
esprimere minoranze rivoluzionarie di prim'ordine: filosofi e operai che sono
all'avanguardia d'Europa
.”
4
Ecco qui ancora l’Europa, prima di Ventotene, ma di ben
altra fatta, che non l’attuale.
Gli accordi del 2014 che avrebbero dovuto essere l’inizio della pace in Ucraina sono
stati subito sabotati dagli Usa. Ce ne vuoi parlare?
Questi accordi, conosciuti come accordi di Minsk, non sono mai stati accettati dal
governo ucraino e dall’Occidente. Essi prefiguravano una forte autonomia
dell’oriente ucraino, in quel paese nazionale, mentre per la Crimea la questione
rimaneva sospesa ed aperta a livello internazionale, dato che la Russia aveva già
incamerato il territorio e l’Ucraina non aveva riconosciuto tale annessone.
Ricordiamo che la stessa Crimea era stata donata all’Ucraina nel 1954 da Kruscev,
per commemorare 300 anni di un trattato tra cosacchi ucraini e la Russia. Il libro su
avvale di una parte seconda, una sorta di appendice, che copre circa metà del testo,
che ceca di spiegare la situazione della Crimea vista da diverse angolazioni scritto
proprio nel 2014, con Cristina Carpinelli, e pubblicato su alcuni siti in rete. Ora lo si
può leggere anche in versione cartacea e ripercorre la storia di quegli anni di
rioccupazione russa.
Nel libro riprendi alcune figure ormai storiche, dal generale Pasti a Craxi di Sigonella.
Vuoi parlarcene?
Questi sono gli esempi cui mi riferivo prima. Esempi di indipendenza culturale e
politica dai centri di potere internazionale. Cito anche il caso di Moro, che in un
viaggio negli USA, nel settembre 1974, da ministro degli Esteri, fu oggetto di alcune
minacce da parte dell’establishment statunitense e in particolare dovette subire
l’astio di Henry Kissinger, allora ai vertici della politica USA. “Lei la pagherà cara”
disse Kissinger a Moro. Si riferiva alla politica del democristiano Moro verso il PCI.
Dopo quattro anni, venne rapito e ucciso dalle Brigate Rosse. Certo non è possibile
affermare una corrispondenza diretta tra i due momenti ma è curioso questa
successione nel tempo. Un altro esempio forte è il caso Mattei. Dato che il nostro
primo ministro, Giorgia Meloni, lo ha rivendicato nel discorso di insediamento in
Parlamento, ricordo che lo stesso Mattei fu fatto saltare in aria nel 1962, in ottobre,
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Ultima lettera di Giaime Pintor al fratello Luigi (varie sedi).
per la sua politica di indipendenza dalle Sette sorelle, aziende petrolifere,
praticamente tutte USA, tranne una. Meloni è al corrente di questa deriva?
Parli anche della guerra in Cecenia che consideri rilevante ai fini della comprensione
di quanto accade oggi.
Le guerre in Cecenia, ve ne sono state due, hanno attinenza con la miopia della
Russia contemporanea e con la sua protervia fuori contesto storico sugli scenari
dell’ex URSS. Per di più questi scontri hanno avuto come corollari gli attentati al
teatro Dubrovka, a Mosca, ed alla scuola di Beslan, nell’Ossezia del Nord. Centinaia
di morti e nessuna reale risoluzione del problema, se non successivamente con il
controllo di Ramzan Kadyrov, potere dittatoriale, su quel Paese. E naturalmente
occorre ricordare, come corollario, la morte di Anna Stepanovna Politkovskaja, che
su quelle guerre scrisse molto e cercò di portare il suo apporto per una uscita in
positivo dalla guerra. La letteratura è imponente e nel libro vi faccio riferimento. Una
specie di grande cerotto su una situazione esplosiva, in parte eredità della
disgregazione dell’URSS, in parte rottura di una convivenza che assume tratti
primitivi. Gli scenari sono molti frastagliati e riassumerli in poche righe è difficoltoso
ma si può dire che i comportamenti dell’autorità attuale della Cecenia dipendono in
larga pare dal vento moscovita. Così come è stato per il caso Wagner.
E per chiudere dedichi poche pagine a una riflessione sulla guerra strisciante come
comportamento normale nel nostro secolo. Abituarsi alla guerra e alla subalternità
al sistema capitalistico, insomma, ma ci sono letture critiche della realtà e possibili
vie di uscita? Pensi che possa esistere un nuovo movimento contro la guerra su base
nazionale ed internazionale e con quali pratiche e prospettive?
Sinceramente non mi pare vi siano movimenti significativi, se non religiosi, per
esempio cattolici, il papa Francesco, che prendano le misure di un pacifismo che
tenda ad aprirsi e che venga, in qualche modo sopportato dal potere nazionale di un
qualche stato, o a livello internazionale. Ma anche per i cattolici sono tempi duri, con
poche possibilità di riuscita. Quello che manca, parrà paradossale alla luce di quanto
detto sin qui, è un contropotere sul piano della fattualità storica, del potere reale.
Nel periodo della guerra fredda per lo meno un confronto, a volte quasi uno scontro
diretto e spesso indiretto, metteva il mondo capitalistico sull’avviso. Lo caricava di
attenzione a non strafare. Ora quella contrapposizione non vi è più. La Russia ha ben
altra collocazione politica e culturale, potemmo definirla di rivalsa e con venature
medioevali, e la Cina è in grandi ambasce con la necessità di controllare il proprio
territorio, vastissimo. Un mondo di mezzo così come la possiamo indicare. E quindi
cerca anch’essa una posizione di confronto/scontro con gli USA e tutto il suo
carrozzone, ma sullo stesso piano. Le tendenze maoiste sono oramai seppellite sotto
una mole di così tanta imponente vita capitalistica che non credo, a breve, le cose
cambieranno. Perciò per la Cina concorrenza capitalistica in salsa orientale, e cioè da
grande dinastia cinese. Cosa rimane? Ben poca cosa. Cosa possiamo fare? Nulla di
eclatante ma continuare a fare quello che facciamo per cercare di tenere vivo un
discorso umanistico, che è stato spinto ad un livello preilluministico dal capitalismo e
dalla tecnologia da esso dipendente. Altro non c’è da fare, che continuare a sforzarci
di rimanere umani. Già altri lo hanno detto
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e credo proprio non ci sia altro. Poi
quando sarà, certamente una organizzazione politica potrà nascere proprio sulle
spalle di umani che sono restati tali.
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Ad esempio, Vittorio Arrigoni,

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