POTERE AL POPOLO: UN TITOLO SBAGLIATO


Potere al Popolo! Mobilitiamoci, contro governo e Pd: un titolo sbagliato di Franco Astengo
Care Compagne e cari compagni questo titolo (Potere al Popolo! Mobilitiamoci, contro governo e Pd,) con cui Contropiano pubblica il comunicato del coordinamento nazionale di “Potere al Popolo” ,è francamente sbagliato.
Non ci si deve mobilitare “contro” :in realtà il testo del comunicato non è così “drastico”, ma il senso complessivo della direzione indicata dal titolo rimane e preoccupa ed è necessario intervenire utilizzando lo spirito profondo del pessimismo dell’intelligenza e dell’ottimismo della volontà.
Da tempo il cono di visuale della politica, anzi della Politica, si è via via ridotto, sfidando al ribasso persino i concetti di politicismo, di "qui e ora", di manicheismo spicciolo.
E' tempo di tornare ad una visione complessiva, che tenga conto della storia della sinistra comunista, del contesto storico che si è andato sviluppando sia a livello nazionale che internazionale,  delle gravi omissioni e rinunce ma anche delle opportunità che possiamo/dobbiamo cogliere.
Il senso profondo della crisi aleggia attorno a noi: per individuarlo basta guardarci attorno, svolgere inchieste empiriche con il metodo semplice dell’osservazione.
E’ sufficiente assistere al dramma della disoccupazione, ai suicidi per povertà, all’arretramento nelle condizioni materiali di vita nel quotidiano, all’impossibilità del rivolgersi al welfare.
Il senso della crisi sta nei negozi chiusi, negli opifici silenti, dove non echeggia più il rumore del lavoro, nel ritorno alla “guerra tra i poveri”, all’odio crescente tra gli apparentemente diversi come i migranti senza che nessuno sia più capace di farli riconoscere tra loro eguali nel gran modo degli sfruttati.
Serge Halimi dalle colonne de “Le monde diplomatique ” qualche tempo fa scriveva di “Medioevo Europeo”. Sì appare proprio un “ritorno al Medioevo” quanto sta accadendo qui nell’Occidente super sviluppato.
Il senso profondo della crisi lo si avverte nell’assenza del conflitto: ci giunge lontano l’eco di “piazze ribelli” poi normalizzate dallo stridere lento sull’asfalto dei cingoli dei carri armati.
Un’eco lontana che non sappiamo raccogliere, rinchiusi qui nella fortezza di un’economia definita “comportamentale” che ci impone i modelli, gli stili di vita, i consumi senza dei quali il nostro individualismo non trova altra strada che annegare nella disperazione.
Il senso profondo della crisi corrisponde all’assenza di un’alternativa, nell’omologazione delle culture, nel rendere omaggio all’eterna e intangibile “costituzione del potente”.
“Ribellarsi” potrebbe rappresentare l’imperativo d’obbligo: ma come?
Il senso profondo della crisi ci impone di riscoprire la politica: la politica, prima di tutto, intesa come ricerca dell’appartenenza alla propria condizione materiale, la politica come studio della situazione umana, dal singolo al collettivo, per cercare, proporre, imporre soluzioni, la politica come sede di rappresentanza degli interessi e dei conflitti.
Le grandi masse dei diseredati, colpiti dall’eterno ma mai eguale massacro capitalista sono chiamate a lottare per ritrovare perché la scienza, la volontà, la forza di organizzarsi per resistere e cambiare profondamente questa società: pietra su pietra come si scriveva un tempo.
E’ necessario una proposta di organizzazione, sensibilità, strutturazione politica che recuperi valori e organizzazione dell’essere di parte recuperando necessariamente quella che appare oggi una parola tabù “Partito”.
Un partito non si costruisce, in queste condizioni, affrettatamente, ma serve porre questo traguardo e per porcelo davvero non basta la “pars destruens”.
Una proposta rivolta a tutti i soggetti dell’opposizione per l’alternativa con l’obiettivo di aprire un dibattito di fondo sulle tendenze della crisi, i suoi riflessi sul sistema politico italiano e le prospettive di una soggettività comunista, anticapitalista, d’opposizione per l’alternativa all’altezza della qualità dello scontro.

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