Il falso mito della digitalizzazione

Digitalizzazione e innovazione saranno la nostra salvezza?
 
 Siamo il paese dove in intere province passano treni con il contagocce o ci sono ancora i binari unici, eppure per anni i Governi hanno investito nell'alta velocità.

Cosa significa allora innestare un vero e proprio cambiamento strutturale?

Prendiamo ad esempio digitalizzazione e modernizzazione della pubblica amministrazione; nella Pa mancano perfino gli accessi alle banche dati, siamo indietro di anni con l'adozione dei software gratuiti e molti dipendenti devono portarsi da casa i programmi con i quali lavorare. Siamo il paese nel quale la connessione è un tabu' per molte famiglie del Sud con migliaia di ragazzi impossibilitati a connettersi per seguire le lezioni in Dad. Siamo il paese nel quale lo smart è considerato strumento per ridurre il costo del lavoro scaricando i costi sui lavoratori che si vedono perfino privati del buono pasto.

Molti servizi pubblici sono all'età della pietra (lo diciamo provocatoriamente ma senza essere troppo lontani dalla realtà), innumerevoli servizi potrebbero essere erogati via digitale ma invece avvengono solo in presenza. E ragionamenti analoghi potremmo fare per il turismo e la cultura, basta pensare che molti teatri non sono stati capaci neppure di attivare un cartellone in streeming. 

Ma fanno sempre piu' gola le risorse destinate a questi capitoli, si parla di circa 46,3 miliardi di euro, pari al 20,7 per cento delle  risorse totali del Piano, ben 11,75 miliardi destinati alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione , 26,55 alla Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, ossia ai privati.

 Chi deciderà quali interventi privilegiare? Sicuramente le associazioni datoriali che hanno già inviato al nuovo Esecutivo i propri desiderata certi di essere ascoltati con molta piu' attenzione rispetto al Governo precedente. Ironia della sorte i boiardi della Pubblica amministrazione, quelli per i quali la digitalizzazione e la modernizzazione restano ancora un tabu', saranno chiamati a governare i processi.

 E lo Stato quali indirizzi offrirà? E il controllo sui fini e sulla destinazione di questi soldi? Ad oggi mancano risposte

Si parla poi di digitalizzare la sanità ma negli ospedali mancano infermieri, tecnici di laboratorio, ricercatori e medici, non sarebbe meglio pensare prima di tutto alla loro assunzioni andando ad ammodernare le strutture ospedaliere?

Per la Pa si parla di investimenti in infrastrutture digitali e cyber security, "per lo sviluppo di servizi digitali in favore dei cittadini e delle imprese". Non saremo in presenza della solita idea che per modernità della Pa si intenda erogare servizi migliori e piu' efficienti per le imprese pensando solo dopo ai cittadini?

E poi si racconta di innovazione dei microprocessori,  di milioni destinati alla digitalizzazione per le Piccole e medie imprese, di banda larga, 5G e monitoraggio satellitare. 
 
Qualcuno puo' dirci quali siano i ritorni per la cittadinanza e per il lavoro? Chi investirà e quanto in formazione e nuova occupazione?  Accettare le decisioni dall'alto senza aprire bocca?
 
E molti finanziamenti poi saranno  crediti di imposta  dimenticando che molte aziende e perfino Enti pubblici ad oggi non hanno liquidità da spendere .
 
Che fine farà poi il vecchio piano Industria 4.0? Fino ad oggi cosa ha prodotto, quali i benefici e le ricadute positive? Non si andrà verso una sorta di capitalismo della sorveglianza a danno della forza lavoro dimenticando l'utilizzo degli algoritmi per accrescere lo sfruttamento creando nuove forme di servitu?
In agguiato vediamo il solito controllo monopolistico delle imprese high-tech , i diritti di autore conservati nelle mani di pochi a fare il bello e il cattivo tempo.
Per dirne una come la metteremo con il commercio che ormai naviga sulla rete con acquisti e ordini on line?  Sono tutte domande meritevoli di risposta, giusto per ricordare che davanti alle cosiddette modernizzazioni occorre avere un atteggiamento non di aprioristica chiusura  ma neppure quel beota entusiasmo di chi accetta i processi di ristrutturazione senza conoscerli, una sorta di  sempre verde subalternità culturale e materiale ai disegni rinnovati del capitale.

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