Toscana: sempre piu' incidenti e morti sul lavoro. Laboratorio della insicurezza?

 a seguire il comunicato stampa del Sindacato di Base Cub

Pochi giorni fa a Stagno, in un noto laboratorio di pasticceria, sul nostro territorio si è verificato purtroppo l'ennesimo morto sul lavoro. Su tutto possiamo mediare o venire a miti consigli, ma se c'è una cosa che non possiamo, e non potremo mai accettare, sono le morti sul lavoro. Non crediamo sia neanche pensabile di uscire al mattino, salutare la propria famiglia, così come facciamo ogni mattina nella ritualità quotidiana, sapendo di ritrovarla alla sera al rientro, mentre un incidente durante lo svolgimento del proprio lavoro non lo permetterà più. No, tutto questo non è assolutamente accettabile.

Il 2020 si è concluso da poco e anche quest'anno ci sono stati tantissimi morti sul lavoro e non ci stancheremo mai di dirlo, ancora chiamati impropriamente ed in modo ipocrita "morti bianche" 1.270 lavoratori che non hanno fatto più ritorno a casa nel 2020, perché uccisi dall'insicurezza sul lavoro.

Un tema, quello delle stragi sul lavoro, troppo spesso dimenticato, ignorato e di cui non si è detto una sola parola in questi mesi, durante i vari cambi di governo, compreso purtroppo anche questo in fase di costruzione. Non c'è stato un governo in questi anni che abbia realmente fatto qualcosa di concreto per fermare queste stragi sul lavoro.

Nonostante nel 2020 ci sia stato il problema del Covid 19, con il look out completo nei mesi primaverili e quello successivo per zone in autunno, i morti sono stati 1.270 il 16,6% in più rispetto all'anno precedente. Dato in controtendenza sia rispetto agli infortuni sul lavoro non mortali, il 13,6% in meno, e le denunce legate alle malattie professionali il 26,6% in meno rispetto al 2019 (dati inail).

Come Organizzazione Sindacale abbiamo indicato spesso le misure legislative e amministrative che potrebbero porre un argine a questa tragedia, ma è come scontrarsi contro un muro. La trasformazione del lavoro in una merce senza tutele ne diritti in un mercato giungla in cui vige solo la regola del massimo profitto , risultato delle politiche neoliberiste degli ultimi quarant’anni, non viene in alcun modo messa in discussione dai governanti del momento.


Verrebbe da stare zitti se non fosse che il silenzio farebbe il gioco di chi in questi anni ha fatto e continua a fare poco e nulla contro quelli che, per salvare le coscienze, vengono derubricati come incidenti, mentre spesso sono veri e propri omicidi.
Per questo e per evitare di restare prigionieri del senso di impotenza che rischia di prenderci, dobbiamo, anche quando ci costa fatica, dire, gridare i nomi dei caduti di questa ignobile guerra perché le loro morti non finiscano per essere vissute come eventi naturali, tragici ma inevitabili. E dobbiamo continuare a denunciare le responsabilità di governi e forze politiche le cui scelte e leggi hanno distrutto diritti, valori e precarizzato le esistenze per assoggettare le persone e la società alla ricerca del massimo profitto a tutti i costi.
Ma anche se necessaria la denuncia da sola non basta occorre ricostruire quei rapporti di forza che permettano di imporre, attraverso le lotte, scelte in controtendenza rispetto alle logiche dominanti.


E’ dunque sempre più indispensabile che su temi come questo le forze sindacali e politiche, le associazioni, i comitati e tutte le persone che sentono come intollerabile la realtà presente diventino finalmente consapevoli della necessità irrinviabile di unirsi nelle lotte per il cambiamento. Rinviare è colpevole.








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