La Mobilità sociale non esiste

 La mobilità sociale  oggi non esiste e nei 40 anni neoliberisti si è praticamente arrestata se solo il 12 % dei figli di genitori poco istruiti arriva alla laurea.

Fino alla fine degli anni ottanta l'accesso all'istruzione universitaria era sicuramente piu' accessibile poi sono arrivati i numeri chiusi, le frequenze obbligatorie, l'aumento dei costi di iscrizione e per molte famiglie i coti sono diventati inaccessibili.

Contemporaneamente si faceva strada l'idea che l'istruzione non fosse uno strumento di mobilità sociale con la retorica della straordinaria bellezza autoregolativa del mercato.

Non  a caso il Governo Draghi ha capito che la riduzione del numero dei laureati rappresenti un problema anche per la economia italiana. Ma l'attenzione di padroni e governanti resta strumentale, non si parla di cancellare i numeri chiusi per l'accesso ad alcune facoltà nè di abbattere i costi per l'università.

Vanno letti invece bene i dati Ocse, ad esempio la laurea sancisce in Ue un aumento salariale rispetto ai diplomati, la strada che vogliono percorrere è quella di costruire un sistema di istruzione che avrà ripercussioni sulla stessa dinamica salariale.

In Ue un laureato arriva a guadagnare il 60 per cento in piu', in Italia il 40%, sono i dati ai quali Confindustria è interessata per determinare quali corsi universitari , e non , siano da potenziare a discapito di altri ritenuti se non proprio inutili una sorta di rami secchi da recidere.

La mobilità sociale è ben altra cosa rispetto alle dinamiche salariali, quando l'ascensore sociale è fermo la stessa società presenta contraddizioni innumerevoli, disuguaglianze e molto altro ancora.

Ma se favorire la mobilità sociale diventa strumento per realizzare ulteriori disuguaglianze salariali e sociali, siamo in presenza di un utilizzo strumentale, e utili ai fini dei processi di ristrutturazione in atto, dei dati statistici.

Inizia la campagna contro i laureati in discipline senza appeal,non si dice esplicitamente che alcuni corsi siano stati volutamente depotenziati e innumerevoli lavori sono stati soggetti a una precarizzazioni crescente con partite iva da fame e salari\contratti da fame. E' il caso delle discipline umanistiche ma anche di altre.

Sotto attacco è quindi la scolarizzazione di massa, idea che non tutti possano accedere all'istruzione secondaria e terziaria e se vi accedono è solo per favorire i desiderata del mercato e dell'economia.

Rispunta poi la ideologia del merito che sarebbe il motore con il quale spingere le famiglie ad investire per l'istruzione dei figli dimenticando che oggi un fuori sede non ha case dello studente ma deve affittare un posto letto a 500 euro al mese.

Si va verso non una nuova mobilità sociale per l'istruzione di massa ma verso criteri selettivi, e di "merito" destinati a pochi e solo verso alcuni percorsi di studio che alla occorrenza le multinazionali finanziano e impongono (visto il crollo dei finanziamenti pubblici) agli atenei come dimostrato dalle grandi industrie di armi \istituti di credito che hanno favorito la nascita di nuovi corsi di studio.

In Italia tra i 25 e i 64 anni, solo il 30% ha il diploma di scuola secondaria superiore, l’8% quello universitario e il 62% quello elementare e medio inferiore.  6 italiani su 10 hanno un livello di istruzione basso, poi ci sono gli analfabeti di ritorno con oltre il 40 per cento degli italiani privi di nozioni matematiche o incapaci di comprendere bene la lettura di un testo.

Che la mobilità sia ferma è un dato acclarato, che il Governo voglia ripristinarla è tutto da dimostrare, piuttosto si utilizza la mobilità per altri fini che determineranno nuove disuguaglianze sociali ed economiche legando la istruzione pubblica ai programmi confindustriali

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