Silenzio assordante su Pensioni e lavoro

Silenzio assordante sulle pensioni e sul lavoro

Paragonare l'intervento di Mario Draghi in Parlamento e la sua maggioranza alla Costituente nata dalla sconfitta del naxifascismo è sinonimo della perdita della realtà.

A leggere l'intervento di Mario Draghi il paese sarebbe davanti a una svolta epocale tra lotta alla pandemia e un piano di riforme per far ripartire l'economia nazionale.

Pensare poi all'alleanza governativa, con il sostegno attivo di sindacati rappresentantivi e terzo settore a rappresentare il blocco sociale di riferimento, come a una sorta di grande e trasversale forza per il bene del paese vengono addirittura i brividi.

Per ammissione di Draghi l'aspettativa di vita alla fine della pandemia calerà di almeno 5 anni eppure di anticipare la età pensionabile, rivedendo i coefficienti di calcolo che ad oggi sono sfavorevoli e destinati a produrre assegni previdenziali da fame, non si vuole parlare anzi è ormai acclarata la fine della quota 100 e il ritorno alla Fornero.

Di previdenza non si vuole parlare rinviando di qualche mese la discussione anche se intanto si porrà fine all'anticipo della quota 100 e al reddito di cittadinanza per poi passare, come già scritto, agli ammortizzatori sociali e al ripristino , parziale magari, dei licenziamenti collettivi.

La ragione del rinvio di ogni discussione sulla previdenza è legata a non scontentare il blocco sociale di riferimento  che già sappiamo non avere mosso un dito contro la Fornero.

A fine anno finirà la quota 100 e chi vorrà andare in pensione prima magari potrà farlo a costo di drastiche riduzioni dell'assegno previdenziale.

Chi paga allora i costi della crisi? I lavoratori e le lavoratrici costretti\e a carichi di lavoro insostenibili, alla precarietà occupazionale ed esistenziale, condannati a lavorare fino a quasi 70 anni e nella speranza di arrivarci in salute perchè in caso contrario saranno destinati a miseri assegni con i quali  arriveranno a metà mese.

Non  a caso tra le richieste della Bce c'era non solo la soppressione della quota 100 ma la fine del reddito di cittadinanza e politiche attive del lavoro scaturibili dalla revisione profonda degli ammortizzatori sociali.

Il programma della Bce è lo stesso del Governo Draghi, il calcolo della pensione poi avverrà con il contributivo (magari se vuoi andare prima in pensione oltre alla decurtazione dovrai cedere gli anni del retributivo ad un calcolo sicuramente piu' sfavorevole) decurtando ulteriormente il già esiguo assegno previdenziale.

Gli scenari possibili sono quelli di una Riforma Fornero rivista ma rafforzando quei meccanismi che condannano i pensionati di domani alla fame rinviando quindi sempre piu' l'età della pensione per non finire tra gli indigenti.

Altro punto saliente delle controriforme sarà la previdenza integrativa destinata ad acquistare sempre piu' forza con il pieno e attivo sostegno sindacale.

Poi c'è la questione del salario di secondo livello che verrà collegato alla produttività e in questo modo, sempre con il sostegno sindacale, verrà stravolto l'impianto contrattuale sposando le tradizionali tesi della Cisl.

Magari rivedranno anche i coefficienti ma non nella direzione auspicata per non accrescere la spesa pubblica.

E come già avvenuto in alcune grandi aziende del privato, per chi si avvia verso l'età pensionabile potrebbe arrivare la proposta irricevibile ed economicamente penalizzante: trasformare il contratto full time in part time con ulteriore perdita economica e in prospettiva assegni previdenziali inferiori, ipotesi già presente nel Libro verde europeo sull'invecchiamento demografico.

E tutto cio' in attesa delle indicazioni di Bruxelles autentico faro per il Governo Draghi

 

 

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