Nuovo governo, vecchio governo. Una riflessione fuori dal coro

Abbiamo ricevuto a Tiziano Tussi una sferzante riflessione sul nuovo Governo e sugli scenari dell'immediato futuro per previdenza e scuola. Ne è uscito un articolo che spazia dalla scuola al ruolo dei media riprendendo aneddotti dimenticati. Buona lettura

Nuovo governo, vecchio governo.

Scuola e pensioni, due carciofi da spolpare ancora: è stagione!

 

Domenica 14 febbraio una pagina de La repubblica, a firma Tito Boeri e Roberto Perotti, dal titolo ci dice Premiare il merito. Il voto agli insegnanti non è un tabù. Poi nell’articolo si dice…niente, si resta sulle considerazioni generiche. Per la valutazione del merito, dell’eccellenza, per gli insegnanti appare nessuna parola di modalità chiara sul metodo valutativo. 

Stranamente non viene neppure ricordata la sollevazione della categoria all’inizio del 2000 quando si indicò, da parte del ministero, epoca Luigi Berlinguer, un percorso valutativo che gli inseganti rifiutarono con scioperi, più o meno spontanei, ma imponenti, tali da fare recedere da quella posizione il ministro. Ora che gli insegnanti migliori vadano premiati e che i peggiori vadano almeno messi in condizione di aggiornarsi, studiare di più, sembrerebbe accettabile. Ma molto più accettabile sarebbe, da subito, alzare lo stipendio a tutti gli inseganti.

 Nella stessa pagina in oggetto vi è un raffronto tra gli stipendi di alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia. Per non farla lunga: gli insegnanti italiani sono i peggio pagati tra i cinque paesi presi in considerazione. Italia, Spagna, Francia, Olanda e Germania. Il divario più elevato è quello tra Italia e Germania: 1 a 2. Se non si parte da questo dato poco si potrà ottenere a qualsiasi altro livello. Prima si dovrebbero alzare questi stipendi. E che dire degli stipendi dei bidelli? Vogliamo dimenticarcene? Il ministero non si è certo dimenticato dei presidi, invece.

Dopo una generalizzato aumento di stipendio si potrà anche mettere mano all’organizzazione dell’eccellenza, del merito ecc. ecc. Verso l’eccellenza culturale dei professori, cui dovrebbero, in misura variabile, come ogni cosa umana, accedervi tutti. Nell’articolo si fanno proposte che poco hanno a che fare con la questione agitata dal titolo: test INVALSI e PISA, che hanno come obiettivo gli studenti, lasciando perdere le critiche che questi stessi test hanno sollevato. Alcuni passaggi sono condivisibili, quali quello di operare con concorsi, che potremmo definire istituzionali e continui, ogni qualche numero di anni, certo. L’allargamento della presenza nazionale degli asili per i bambini fino a due anni. 

Ma allora perché mettere sempre titoli ad effetto per una materia complessa e difficilmente risolvibile con invenzioni poco praticabili? Ma vogliamo anche dire che sarebbe opportuno che per la scuola al ministero ci pensasse un ministro che sapesse cosa sia realmente, e per l’università pure. Gli insegnanti sono formati dalle università e se queste sono perennemente impoverite di senso critico e culturale poco si potrà fare dopo.

Un aspetto che possiamo indicare risolutamente è l’eliminazione dell’ansia per una mancanza, vera o supposta, a livello personale, per ogni allievo. Come se la vita permettesse di riempire buchi di latenza culturale una volta solo e poi mai più. Forse sarebbe il caso di prospettare per la scuola, come dovrebbe essere, una costruzione costante alla curiosità verso il sapere, nelle differenti discipline o gruppi di esse. Una costruzione di un’impalcatura di sostegno che dovrebbe poi funzionare tutta la vita. Non esiste il recupero immediato che si sostanzia come effettivo una volta per tutte, unico. Il lavoro è continuo e su sé stessi. Quando si raggiunge tale presa di coscienza il risultato è stato raggiunto. Altrimenti i buchi della gruviera della nostra conoscenza resteranno tali. Non è un lavoro alla stregua di quelli della Rivoluzione francese del 1848 – ateliers nationaux. Non si scava una buca per ricoprirla, ma lo scavo è propedeutico al cercare di capire cosa pososa esserci sotto la superficie scavata. Le prime dichiarazioni del nuovo ministro per la scuola, Patrizio Bianchi, sono imbarazzanti: riprenderò il grande lavoro di Azzolina (forse pensa ai anche ai banchi con rotelle?); liceo in quattro anni e via inventando a caso. Mala tempora currunt (sed peiora parantur)/Corrono tempi cattivi (ma se ne preparano di peggiori)

Mentre il sole 24 ore, stesso giorno, ci porta a casa della Professoressa Elsa Fornero. Un pezzo di Paolo Bricco, rubrica A tavola con… Tutto lo scritto è teso a mettere in prima piano l’austerità e la sobrietà tutta piemontese della Fornero. Si pigia molto sul tasto della povertà, dalla quale occorre uscire totalmente; del passato della vita della stessa, figlia di una famiglia non ricca, padre operaio contadino, m ostinatamente alla ricerca del successo nella vita, anche dopo aver frequentato una scuola non di punta, come quella liceale, bensì un Istituto tecnico, scuola di Ragioneria.

 Tutto il pezzo senza ricordare che per sua responsabilità la pensione e quindi il lavoro per molti si è allontanata, la prima, ed allungato, il secondo, di mesi ed anni, prima di potere passare al ruolo di pensionato. Le lacrime che Fornero ha pianto durante la conferenza stampa di presentazione della sua riforma, nel novembre 2012, sono state abbondantemente commentate e nel pezzo lei le accredita al ricordo dei suoi genitori che le sarebbero venuti in mente nel momento della spiegazione dei tagli pensionistici. Insomma, un quadretto di interpretazione rigorosa della vita. Vengono in mente sette religiose severe e inflessibili, parche con i piaceri dell’esistenza.

 Forse questa è la visione di Fornero, ma non del sentire profondo degli italiani, che infatti l’hanno apostrofata con parole di denigrazione. Il problema centrale però non viene colto, né dal giornalista né dalla Fornero, in questo caso sembra logico.

 I soldi agli italiani sono stati chiesti dal due Fornero-Monti a chi, dopo una vita di lavoro avrebbe visto con piacere un periodo pensionistico, anche lungo. Non sono stati chiesti agli evasori, elusori, mafiosi, ricchi e super ricchi, benestanti. 

Non sono state fatte tasse nuove per loro e neppure nuovi metodi per una radicale investigazione sulle ricchezze illecite, per poi requisirle e redistribuirle. Non è stata perseguito la corruzione e la concussione, lo scambio di favori, le dimenticanze colpevoli dell’amministrazione pubblica, ecc. ecc. 

E non basta che a fine del pezzo, riandando ancora sul lato del rigore, toccando ancora il tasto della frugalità si ricorda che Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica, offrì una mezza mela, durante una cena al Quirinale a Mario Pannunzio, direttore della rivista Il Mondo. Come dire che dei piemontesi, quali la Fornero, ci si può fidare. Bel finale, solo che la mela era in effetti una pera e che la mangiò, la mezza pera, Ennio Flaiano. Parchi sì, ma occorre esser almeno precisi e chiamare le cose con il loro nome.

 La Fornero la si poteva perlomeno anche mettere assieme a qualche esecrazione popolare che le venivano e le vengono ancora indirizzate, senza smezzarle. Ricordando magari i motivi delle stesse. 

Aggiungiamo che questo scambio di frutta, siamo alla frutta, mela-pera, ha coinvolto anche altri che lavorano da giornalisti poco precisamente non avendo necessità di essere bravi e bastandogli il posto che occupano, per famiglia o altro di simile in società. Ferruccio De Bortoli è uno di questi, che ripete lo scambio di frutta, invenzione di Montanelli, che aveva invenzioni di questo tipo, da giornalista ruspante prodomo sua. Ma fermiamoci qui, alle pere a metà.

 

Tiziano Tussi

 

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