Se la popolazione invecchia….
Se la
popolazione invecchia….
Nell’arco
di venti anni la popolazione italiana sarà in prevalenza composta da over 60.
Ha senso perseverare con le politiche di contenimento dei flussi migratori?
L’Italia
si annovera tra i paesi dove il numero degli anziani è destinato a crescere in
misura maggiore anche rispetto ad altre nazioni della Ue e le prime riflessioni
riguardano il rapporto tra occupati e pensionati e le politiche in materia di
immigrazione.
Un
paese a capitalismo avanzato può oggi permettersi il rapido invecchiamento
della popolazione? È, ammesso che sia lecito pensare ad un paese di vecchi, i
conti della Previdenza pubblica potranno sopportare il peso economico di tanti
pensionati specie se gli occupati risulteranno in calo con la popolazione
attiva in fase regressiva e tanti contratti part time o precari con un gettito
contributivo ridotto?
Domande
scontate ma tali da suggerire ben altre risposte a quelle lette sugli organi di
stampa, ad esempio sarebbe socialmente insostenibile un ulteriore aumento
dell’età pensionabile “per la tenuta dei conti pubblici”, stesso discorso vale
per la riduzione delle misure di welfare con ulteriori tagli alla sanità e alla
previdenza. Perfino i vertici Inps manifestano preoccupazione annunciando da
qui a dieci anni una passività in forte aumento: dall’attivo odierno di 23
miliardi ad un passivo di circa 45.
Siamo
abituati all’utilizzo strumentale dei dati statistici per indurre il
legislatore di turno ad intraprendere politiche restrittive di austerità, intanto
la nostra economia non cresce, il Pil aumenterà meno di quanto previsto, le ore
lavorate al contrario di altri paesi non aumentano.
E
la coperta diventa troppo corta, gli scenari macroeconomici, stando ai
documenti ufficiali della finanza pubblica, non inducono ad ottimismo specie se
le previsioni vengono smentite e se dalla Ue parte una procedura per mettere
sotto controllo il nostro paese. Nel Documento
di economia e finanza è possibile cogliere la preoccupazione per la crescita
del debito e per l’invecchiamento della popolazione, aumentando gli inattivi il
deficit dello Stato sarà fuori controllo, del resto il debito già oggi si
attesta l 150% del Pil. Non siamo un paese che vive al di sopra delle proprie
possibilità, semmai il ragionamento dovrebbe partire da altre considerazioni
ossia dalla revisione radicale delle tasse, in Italia i super ricchi pagano
assai meno di tutti gli altri paesi, le imprese beneficiano di aiuti e sgravi
fiscali anche quando non investono in tecnologia, ricerca e formazione o quando
si ostinano a delocalizzare produzioni senza alcun ritorno occupazionale. Il vero problema non viene mai evidenziato: in
troppi non pagano le tasse o le pagano in misura non proporzionale alla
ricchezza posseduta, avere ridotto le aliquote fiscali è stato un errore alimentando
le disuguaglianze sociali e impoverendo le casse statali.
Gli argomenti trattati e le soluzioni prospettate sono ben altre, si giustifica l’attuale sistema di tassazione invece di modificarne le regole, ci si limita a prendere atto dell’invecchiamento della popolazione atteso nei prossimi anni senza mai ampliare il nostro welfare per offrire condizioni di vita migliori e servizi accessibili per quanti decideranno di mettere su famiglia, acquistare una prima casa e facendo dei figli. All’aumento del debito si vorrebbe rispondere con le solite politiche di austerità che sono causa del problema e non certo la soluzione.
Non rappresenta certo una novità che tra meno
di 30 anni, nel 2050, i cittadini over 65 rappresenteranno il 35% della
popolazione, a quel punto è lecito chiedersi se l’Inps sarà in condizione di
pagare le pensioni e soprattutto se l’assegno previdenziale erogato raggiungerà
cifre tali da assicurare una vecchia dignitosa.
Non è in gioco solo la tenuta delle casse statali ma risulta invece insostenibile un sistema avulso dalla logica proporzionale tra ricchezza posseduta e versamento delle tasse. Se pensiamo alle pensioni di domani poi il rischio è quello di divere intervenire a sostegno di tanti pensionati che percepiranno assegni di poco superiori a 1000 euro mensili in virtù del sistema previdenziale costruito da decenni di controriforme.
E
per concludere, se il tasso di fertilità italiano è in fondo alla classifica
mondiale non basta ricordare che il calo demografico riguarda tutti i paesi
sviluppati perché il nostro paese presenta una situazione ben più grave delle
nazioni Ue e del g7. Non basta allora contenere il debito pubblico senza
aumentare le aliquote fiscale, urge rivedere le politiche in materia di
immigrazione, quelle del lavoro e al contempo mettere mano alla riforma del
welfare non nell’ottica di impoverirlo o di privatizzarlo (magari per favore
sanità e previdenza integrative) ma semmai per ampliarne i servizi offerti
senza alcuna distinzione generazionale.
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