Rileggendo "Il Monte Rosa è sceso a Milano"

 Rileggendo "Il Monte Rosa è sceso a Milano"


Tiziano Tussi da www.resistenze.org
 



Immergersi nella lettura, anche parziale e a caso, del testo di Secchia-Moscatelli, Il Monte Rosa è sceso a Milano ci riporta a tempi storici che appaiono lontanissimi ma che sono stati vissuti l'altro ieri, una settimana fa al massimo. I tempi storici sono decisamente più lunghi di quelli dell'attualità, che specialmente in questi ultimi anni, con la dittatura esistenziale della rete, che per carità è anche utile, dato che ce ne stiamo, ora, servendo, ma che ha assunto caratteristiche di invasiva e assoluta pervicacia. Un tempo del passato nel quale reali problematicità e criticità di vita erano quotidiane. Non si poteva buttare tutto in un mondo virtuale che potrebbe anche soddisfarci in senso momentaneo, ma che lascia sul terreno storico ben poco, al di là dei cambiamenti tecnici e tecnologici.

Un libro che è una densissima guida a ciò che successe oramai ottant'anni fa. Per di più in una zona, quella occidentale d'Italia - il Biellese, la Valsesia e la Valdossola - che si situano fuori dal racconto odierno delle tematiche che interessano il pubblico dei lettori, dei consumatori e dei viventi nel centro delle questioni italiche, per cui vengono citate città e luoghi dell'immaginario collettivo che piacciono o che sono di pubblico dominio - città d'arte, concentrazioni di lavoro moderni, agglomerati urbani molto abitati. Per il periodo resistenziale i luoghi del libro in questione erano centrali e significativi. Nel testo è presente anche una cartina specifica. Si può così evincere precisamente l'importanza di questo cuneo di territorio italiano che si insinua nella Svizzera, che rappresentava un retroterra di possibile ricovero per chi scappava, renitenti alla leva, ebrei, nemici del fascismo. Per quelle ed altre strade di montagna, sentieri e mulattiere sono passati anche personaggi illustri di politici italiani, che hanno trovato rifugio, sempre un po' controllato, in Svizzera.

Ma al di là dei casi singoli, il testo risente della visione radicale degli estensori che sottolineano, subito, l'importanza delle masse di appoggio alla Resistenza. Che fu un fenomeno che si accompagnava anche alla segretezza delle operazioni militari e politiche intraprese. Segretezza che rimarrà nella memoria dei partigiani anche dopo la fine della guerra. Un certo comportamento di attenzione per le parole usate e con chi queste erano spese, rimase nel comportamento di molti ex partigiani, una condotta di attenzione politica verso l'interlocutore, una vigilanza rivoluzionaria. Per di più la Resistenza non ha tenuto, stilato, precisi rapporti in tutte le occasioni. Le battaglie spesso condotte in situazioni di inferiorità numerica lasciavano sovente poco tempo per un resoconto dettagliato.

Gli Autori si richiamano, e Secchia lo farà più volte anche in altri testi, alla tradizione rivoluzionaria e guerrigliera italiana del passato, dell'800. Un nome su tutti: Garibaldi, ma anche Mazzini. I due accompagnati da esempi del Novecento, Lenin, Mao Tse Dun (così scritto) Giap, Fidel Castro e Che Guevara e, curiosamente, Cabral. Questo espresso in altra sede. Appare altresì nel testo un riferimento preciso alla guerra condotta dall'URSS e dalla volontà di porre l'Italia su piani nuovi, più avanzati e con gli occhi puntati su esempi internazionali che derivavano dalle lotte che popoli oppressi stavano svolgendo in tutto il mondo nel secondo dopoguerra.

Ma restiamo sulle tematiche precise del libro. Anche in quei luoghi, citati nel libro, la sinistra forma il nocciolo duro del fenomeno guerrigliero, possibile perché non è dal 1943 che si forma l'impronta della Resistenza, ma, dicono gli Autori, sono almeno venti anni che i partiti di sinistra si stanno adoperando per contrapporsi al fascismo. E questa azione lascia il segno su tutto quello che accade dal 25 luglio 1943 all'8 settembre dello stesso anno. Rotti gli argini della dittatura il popolo italiano si allarga nella pianura della libertà rinata. Ed anche se Moscatelli e Secchia non ricordano il sopporto che ebbe Mussolini negli anni Trenta, è chiaro che il 25 luglio rappresenta un allargamento della libertà che lascia sorpresi gli stessi politici ed oppositori al fascismo. Sembra riprendere vitalità la tradizione di opposizione ai regimi forti che furono le 5 giornate di Milano o le 10 di Brescia. Perciò già il 9 settembre inizia a prendere corpo la prima forma di organizzazione per gli scontri con il potere in atto. E ci si intenerisce nel leggere delle enormi difficoltà che i partigiani, all'inizio del periodo resistenziale ebbero per tenere assieme i gruppi di resistenti.

All'inizio, pochissime armi, diffidenze dei politici moderati verso una contrapposizione forte con il regime, che si stava riorganizzando nella Repubblica di Salò, con un difficile rapporto con la monarchia che si era comportata, come da tradizione, molto male verso il popolo italiano. Fare il partigiano rappresentava comunque un mezzo per sopravvivere in tempi assolutamente confusi alla fine del 1943. Ci si assumeva un ruolo preciso, ci si metteva in una situazione dalla quale era possibile immaginarsi un nuovo e positivo mondo modo nel futuro prossimo. Infatti, chi stava con il regime saloino poco aveva da sperare, stando la sudditanza verso le SS tedesche, e chi cercava di sopravvivere scappando e tornando a casa poteva sempre essere ripreso nell'ingranaggio della scelta da compiere o nel pericolo costante di essere riconosciuti come renitenti alla leva, con i guai ne derivavano. Problemi questi tutti maschili che venivano cancellati dall'appartenenza ad un movimento che avrebbe potuto, come in effetti poi fu, avere dalla sua delle possibilità di riscatto nazionale, di partecipazione alla rimessa in piedi dell'Italia, distrutta dalla guerra, e con la possibilità anche di un ruolo politico d'avanguardia.

Qui gli autori, in un sotto capitolo preciso ricordano il ruolo che ebbero le donne nella Resistenza: staffette, portaordini, accudenti, infermiere. Tutte attività che hanno permesso alla Resistenza di diventare quella che poi è stata, specialmente per potere risultare poi vittoriosa e decisiva per la vita politica post-fascista. Un libro che mette i nomi dei caduti, delle formazioni, anche dei dissapori fra le formazioni, delle ingenuità che hanno contraddistinto la guerra partigiana, gli scontri politici interni.

Un testo che lascia intravvedere la necessità di accompagnare questa lettura con altre, per cercare una completezza di analisi. Vediamone alcune. Nello scritto vi è un riferimento esplicito a Fra Dolcino. I luoghi del martirio del frate sono gli stessi di questa guerriglia contemporanea, sono stati quelli del martirio del frate ribelle, ucciso nel 1307 dai feudatari piemontesi. Orbene, in quelle valli indicate sopra il ricordo di Fra Dolcino si può trovare ancora ora. Un ricordo che si è avvalso di un passaparola che dura dall'età medievale. Per quanto riguarda l'importanza delle donne ricordo un testo di Nuto Revelli, L'anello forte, proprio sulle donne dei soldati mandati in Russia a morire assiderati che hanno permesso la continuazione del lavoro dei campi e la ripresa dopo la guerra delle attività economiche nelle campagne piemontesi. E da ultimo, ma solo per non mettere in fila troppe considerazioni, Luciano Raimondi che era stato internato nel campo di reclusione svizzero di Lago Nero. Tornato in Italia, darà il via, come leader di riferimento, al fenomeno dei Convitti Rinascita, che saranno attivi per anni dopo la Seconda guerra mondiale, una sorta di collegi di sinistra nell'Italia degasperiana. Il Lago Nero era un campo di contenimento per partigiani comunisti e di sinistra che si erano rifugiati, o erano ripiegati, in Svizzera per sfuggire all'arresto ed alla sicura morte in Italia. Sullo sfondo del racconto il breve periodo della Repubblica dell'Ossola, che ebbe così tanta importanza per la guerra partigiana.

L'importanza dei nomi e dei morti, così come dei partigiani vittoriosi, è significativa. Occorre dare una forma ed un senso preciso alle persone, alla loro umanità, ai loro caratteri. Così come è importante individuare chi tradì, chi risultò tepido per calcoli politici o economici, chi si mise da parte. La Resistenza fu come un fiume ora a secco, ora in piena, che scorre verso il mare e che arrivato in pianura, nel 1945, diventò sempre più grosso, tanto da inglobare interi reparti di coloro che erano stati, fino ad allora dalla parte avversa. Questo favorì gli ultimi giorni e settimane dello scontro, facendolo pendere ancora di più verso i rivoltosi. Ma ebbe poi anche conseguenze nei periodi successivi, ritardando un percorso di rivolta sociale, di ammodernamento politico ed economico che ancora tarda, così come scrive Aldo Aniasi, che aveva trovato il suo posto di partigiano in Valsesia, in un testo del 1975, nella prefazione al libro, chiudendola, dopo aver ricordato la liberazione d'Italia: "Siamo oramai certi di un futuro di libertà, di democrazia, di giustizia. Una certezza che durerà poco. Presto i dubbi, le paure, la rabbia, cominciano a serpeggiare tra noi, presto ci rendiamo conto che la nostra lotta deve continuare."

E per chiudere, una nota triste, ma che potrebbe servire a capire di più la situazione che Secchia e Moscatelli delineano nel libro, che vien pubblicato nel 1958, pieno di fiducia per l'avvenire. Ludovico Geymonat, partigiano-filosofo dice, subito dopo la liberazione di Torino, alla fine della guerra: (vado a memoria): E adesso? Bene, ci hanno fregato.

Alcune indicazioni di lettura, oltre al testo in oggetto:

La guerriglia in Italia. Documenti della resistenza Militare italiana, introduzione di Pietro Secchia, Feltrinelli, Milano, 1963.
- Guerriglia nell'Ossola, a cura di M. Fini, F. Giannantoni, R. Pesenti, M. Punzo, prefazione di Aldo Aniasi, Feltrinelli, Milano, 1975.
- Movimento Nuovi partigiani della pace, quaderno n° 2, aprile 2005 - Ristampa di Pietro Secchia, La resistenza accusa, discorso al Senato, del 28 ottobre 1949.
- Tiziano Tussi, Eretici. Fra dolcino dei misteri, Historia, 1991
- Tiziano Tussi, Il sapere per la società civile, atti del Convegno di Varese, 14-15-16 maggio 1992, Edizioni Università Popolare di Varese, a cura di Fabio Minazzi, giugno 1994. (Sui Convitti Rinascita)
- Nuto Revelli, L'anello forte. La donna: storie di vita contadina, Einaudi, Torino, 1985.
- William Langewiesche, Esecuzioni a distanza, Adelphi, 2011

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