L’ Aumento dell’età lavorativa? Incide sulla qualità della vita e accresce le malattie professionali

 


L’ Aumento dell’età lavorativa? Incide sulla qualità della vita e accresce le malattie professionali

di Federico Giusti

Un recente studio dell’Inail conferma che l’invecchiamento della popolazione attiva è fonte e causa dell’aumento delle malattie professionali e della crescita di infortuni e morti sul lavoro.

 Il prolungamento della vita lavorativa è determinato dalla legge Fornero e dal sistema di calcolo contributivo che costringe la forza lavoro ad andare in pensione a un’età sempre piu’ avanzata.  I vuoti contributivi, la precarietà incidono non poco perché un contratto a tempo indeterminato arriva con anni di ritardo rispetto a quanto avviene in altri paesi Ue, anticipare l’uscita dal lavoro comporta decurtazioni economiche rafforzate nel corso degli anni e anche con la Manovra di Bilancio tra poco in discussione nelle aule Parlamentari.

 L’innalzamento dell’età media, l’irrisorio sconto accordato alle attività usuranti (dalle quali sono per altro escluse numerose attività), il progressivo innalzamento dell’età pensionabile determinano il logoramento psico fisico e con esso si riducono anche alcune capacità individuali del lavoratore, a dirlo non siamo noi ma un documento dell’Inail che parla di ridotte capacità sia fisiche che sensoriali e l’emergere di malattie croniche, come i tumori e i disturbi muscolo-scheletrici.

La forza lavoro italiana nella Pa è ancora oggi la piu’ vecchia dei paesi Ue (ma anche la meno pagata), l’innalzamento della forza lavoro attiva resta tuttavia un fenomeno europeo e in alcuni paesi nordici la pensione arriva ormai con il settantesimo anno di età.

Nell’arco di un decennio, o poco più, la forza lavoro in età superiore ai 55 anni è cresciuta di oltre sette punti percentuali mentre nella sola Italia di oltre il 10 per cento.

Ora scopriamo che l’ Invecchiamento della popolazione attiva comporta anche la crescita delle malattie professionali, lo stato di salute dei lavoratori oltre i 55 anni di età, registra l’incremento di circa il 17% delle malattie professionali che in un decennio sono cresciute dal 29,3 % al 45,7 % per le donne e dal 44,3 % al 62,6 % per gli uomini.

Le malattie professionali crescono in ogni comparto ma in misura particolare nelle fabbriche, nel trasporto e in altri settori come i servizi e l'agricoltura, tanto che  perfino l’’Oms parla di lavoratore invecchiato chiunque abbia superato l’età di 45 anni e come lavoratore anziano  chi ha oltre 55 anni.

Nei prossimi anni la forza lavoro attiva dopo i 60 anni di età aumenterà di numero e da qui a 10 anni ci vorranno almeno 68 anni anagrafici per acquisire la pensione di vecchiaia uscendo, con il ridursi delle finestre, di fatto a quasi 69 anni. Lo studio Inail dimostra che con l’aumento dell’età lavorativa frequenti sono i tumori, i disturbi cardiaci, le patologie lombo scheletriche e quelle legate alla circolazione e a difficoltà respiratorie, le artrosi, le bronchiti oltre a innumerevoli e altre patologie.

Questa situazione determinerà in breve tempo anche il ridursi dell’aspettativa di vita dopo anni nei quali è stata diffusa la falsa narrazione che potevamo lavorare a lungo per i progressi della medicina e per il miglioramento della qualità della vita e lavorativa. I dati statistici dicono invece l’esatto contrario, aumentando l’età lavorativa, ritardata la pensione, ci ritroviamo in attività uomini e donne con stato di salute alquanto precario, logorati nel fisico e nella mente, particolarmente vulnerabili e decisamente a rischio.

Questi sono gli effetti dell’innalzamento dell’età pensionabile e di quel calcolo degli anni con il sistema contributivo che ritarda l’uscita dal lavoro per non incorrere nella sventura di percepire assegni previdenziali da fame.

alg-pubbl-invecc-popolazione-attiva-sit-malprof_6443199249425.pdf (inail.it)

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