Educazione e processi di pace
Educazione e processi di pace
di Laura Tussi
La scuola deve promuovere l'altro come punto di
incontro tra le diversità, quale principio attivo di scambio vicendevole e di
integrazione solidale, dove l'alterità venga accettata e accolta in quanto ricchezza
e risorsa per conoscere il mondo circostante e se stessi.
L'istituzione scolastica è chiamata a promuovere e trasmettere i valori
della pace, al fine di pensare, concepire e progettare una società senza guerre, dove si mobilitino
meccanismi positivi di cultura della nonviolenza in un
ambiente ecosostenibile, in cui le risorse delle ricchezze naturali siano spartite equamente tra i
ceti e i gruppi sociali, nella civiltà delle relazioni tra popoli, genti e
minoranze, per un'utopia attuale e realizzabile concretamente nel qui ed ora,
nell’attualità del presente.
Un futuro senza conflitti armati e genocidi è generato
dalla condivisione della coesistenza tra culture aperte nel tessuto sociale e
collettivo, che deve promuovere e progettare un processo civile orientato alla pace e
al dialogo tra culture e religioni, dove l'altro divenga meta di condivisione,
scambio e confronto pacifico, evitando ogni affronto sprezzante e
violento.
L'altro è un microcosmo di conoscenza in un pluriverso di differenze che
permettono di avvicinarsi all'attualizzazione concreta del concetto di pace tra
popoli, a partire da ogni singolo individuo, chiamato ad entrare in relazione
con il diverso da sé, al fine di porre in comunicazione molteplici entità ed
identità che racchiudono ciascuna un microcosmo di idee, valori, sentimenti,
pensieri, progetti da spartire collettivamente nella quotidianità, all'interno
degli ambiti comunicativi e sociali, dove poter imparare a convivere e ad
accogliere i caratteri identitari e impliciti nel soggetto che aiuta o chiede
aiuto, che soccorre chi soffre o è soccorso.
La società intera è chiamata a promuovere i valori e
gli ideali e a rivendicare i diritti umani contro ogni
intenzione basata sul conflitto armato, nella pretesa di prevaricazione
sull'altro, in quanto occorre immaginare, ipotizzare e realizzare l'utopia
contemporanea di un mondo senza guerre, dove il più debole venga aiutato e
accolto e non sottomesso da pretese prepotenti di sfruttamento, prevaricazione
e riduzione in schiavitù dei più bisognosi.
Il dialogo è una risorsa pedagogica che consente di mettere in discussione
i propri assunti, le certezze e i presupposti nel confronto con gli altri, come
atteggiamento tramite cui la pluralità delle esperienze può agire come
arricchimento reciproco e non come volontà di sopraffazione e prevaricazione,
promuovendo invece comportamenti equilibrati tra il prestare la giusta
attenzione nei riguardi dell'alterità e il riconoscimento delle
differenze. La scuola è il luogo dove si genera un nuovo orientamento umanitario
per tradurre gli atteggiamenti negativi di non accettazione e condivisione, che
nascono da pregiudizi razziali molto diffusi nella società, in idealità e
comportamenti positivi e costruttivi.
Gli insegnanti propongono piani e programmi di attività, di analisi,
confronto e utilizzo didattico di elementi appartenenti alle culture degli
allievi immigrati, con l'intenzione di contribuire, come istituzione educativa,
alla costruzione dell'identità degli stessi, valorizzandone i patrimoni
personali e culturali.
La presenza nella scuola di persone immigrate rappresenta uno
stimolo a impegnarsi e a interrogarsi sui valori di cui siamo tutti portatori, in prima persona,
perché l'educazione interculturale rappresenta per la scuola un elemento
innovativo e critico, che comporta la trasmissione di idealità e valori di
pace, accoglienza e dialogo con l'altro.
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