Oltre la narrazione
Oltre la narrazione
di Laura Tussi
Si scrive non solo per essere ricordati, ma anche per
ricordarsi del proprio io, della propria personalità ed esistenza, per fissare
i ricordi affinché non vengano eliminati dall’inesorabile trascorrere del tempo
Le potenzialità dell’autobiografia e del racconto di
sé sono sviluppate quando la narrazione diviene scrittura, che stimola
consuetudini introspettive e autoconsapevoli, suscitando il ripiegamento
riflessivo sul proprio sé interiore.
La scrittura della personale storia di formazione, della propria vita e
esistenza, apre la psiche al mondo esterno e all’io interiore, stimolando
processi di autoriflessione, per cui la rielaborazione delle dinamiche
riflessive permette al narratore sempre nuove evoluzioni psichiche,
riassorbendo e trasformando pensieri, sentimenti, sensazioni e stati d’animo,
in un processo naturale di esperienze vissute e intuizioni, salvaguardando
tutta la ricchezza della comunicazione interpersonale.
La scrittura della propria interiorità offre al
narratore la potenzialità di un processo di rielaborazione per tradurre le
riflessioni e il pensiero autoreferenziale e permetterà di trascrivere
percorsi, trame di significato, tracce di pensiero interiori per una più acuta
capacità di analisi e consapevolezza di sé.
Attraverso la scrittura è possibile attuare un approccio interpretativo,
attraverso la stessa attenzione richiesta dalla comprensione testuale, in un
circolo virtuoso nell’ambito dei rimandi vicendevoli tra scrittura e pensiero
autobiografico.
I momenti di transizione
Lo spazio potenziale sviluppa un sé differenziato dalla matrice ultima,
ossia una più matura istanza psichica interiore, facente parte della realtà
esterna, che si emancipa così dal rapporto con-fusionale con l’origine, il
cosmos.
Nello spazio tra fusionalità e mondo oggettivo esterno
si colloca l’area transizionale al cui interno si impara a controllare e
sopportare l’angoscia di separazione ed individuazione. Con la maturazione si
passa oltre il fenomeno transizionale, attraverso esperienze culturali,
creative, ludiche o religiose e proprio in tali ambiti si sviluppano e si
collocano le produzioni di diari e autobiografie.
L’esperienza della scrittura rappresenta un’area di confine che crea una
dialettica tra vita privata e mondo esterno.
Scrivere un diario è dunque un’esperienza
transizionale imperniata di creatività, tramite cui si coglie e si avvia
l’importanza della scrittura di sé nella realizzazione della personalità
creatrice.
La presunta rimozione della morte
Gli scritti autobiografici intaccano la morte come
distruzione della memoria e del ricordo nell’oblio, in quanto subentra in essi
il riferimento alla paura della morte nella trasposizione scritta che diviene
tentativo di contrastare la scomparsa assoluta, perennizzando artificialmente
la vita, per esorcizzare la fine ultima come avviene nei riti apotropaici e
taumaturgici. La scrittura autobiografica diventa un antidoto, una
strategia per rubare alla morte la sua aura spaventosa, nella paura di essere
dimenticati, nel timore dell’oblio che non lascia più niente di sé.
L’esigenza di essere ricordati trova espressione nell’autobiografia o nel
diario quali documenti permanenti della propria interiorità, come testimonianza
ineluttabile e indelebile della propria esistenza, prolungando la presenza del
proprio ricordo oltre i limiti della vita terrena, in una sorta di immortalità,
legata al tema terrificante dell’oblio, in quanto si scrive non solo per essere ricordati, ma anche per ricordarsi
del proprio io, della propria personalità ed esistenza, per fissare i ricordi
affinché non vengano eliminati dall’inesorabile trascorrere del tempo.
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