PROCESSI CONDOR

  PROCESSI CONDOR

prima parte

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A Milano, venerdì 19 aprile alle ore 18,00, Francesca Lessa presenterà alla Libreria Claudiana (Via Francesco Sforza 12/A), il suo libro "I processi Condor".
Mi è sembrato opportuno informare su questo importante incontro con quattro piccoli riferimenti che pubblicherò a partire da oggi:
I.- appunti sul condor andino e alcuni nostri antenati, ammazzasette per soldi o per pura stupidità.
II.- appunti sul professore Martín Almada, il Premio Nobel Alternativo recentemente scomparso, scopritore degli “Archivi del Terrore" in Paraguay.
III.- alcune generalità sull'accordo tra i supercriminali sudamericani con le stellette.
IV - pochi appunti veloci sulle recenti avvisaglie che - temo - potrebbero preludiare la gestazione di un nuovo Piano Condor tra criminali, con e senza stellete. 

I IL CONDOR PASSA ANCORA

Un condor andino può percorrere oltre 170 km in 5 ore senza mai battere le ali.
Sorvola sornione volteggiando silente, ma difficilmente passa inosservato essendo lungo fino a 130 cm, con una apertura alare di 300-320 centimetri e 9-12 chil di peso forma. 
Il condor è un controsenso naturale. Non dovrebbe volare ma, non sapendolo, vola.

Da bipede di australi pianure e mari, la sola volta che l'ho visto passare, radente, vicino alla.mia testa, mi è sembrato un aliante. 
Ero nel deserto di Atacama e ricordo che, piuttosto impaurito, cercai di rimpiocciolirmi abbassando la capoccia.
Solo che la sua ombra  diventò ancora più gigante.
Poi, vedendolo allontanarsi con procedere elegante e maestoso, mi sono seduto per terra a discutere con me stesso sul mio stupido - e/o troppo ignorante, che è lo stesso - rapporto con la natura. 

Ormai non ci sono in giro tanti condor.
È stato cacciato fino quasi all'estinzione, teoricamente perché ritenuto predatore di mandrie ed animali più o meno domestici. 
In realtà, è un uccello necrofago che si nutre principalmente di carcasse ma, all'occorrenza, può predare uova e piccoli di altri uccelli. 

Tuttavia, perché il condor non attacca né gli uomini né il bestiame, credo che sia stato perseguitato solo perché era un'attività considerata divertente da molti bipedi imbecilli. 

Ciò perché, pur nella sua disgrazia il condor ha avuto una piccola fortuna: non era, e non è, fonte di alimentazione essenziale per qualche popolazione stanziale o materia prima per produrre qualche farmaco agognato da giapponesi o tedeschi, come accadde invece per i pescecani o, per essere più precisi, per le pinne dei pescecani (ma, presumo, i pescecani senza pinne non sopravvivano) .

Ergo, finora, nessuna compagnia ferroviaria statunitense ha deciso di abbatterli per costringere ad emigrare per fame le popolazioni stanziali che ne dipendono e nessuna industria farmaceutica svizzera ha proposto di integrare la dieta di qualche anziano con qualche suo pezzo.

Naturalmente, sulle pianure sudamericane ci sono state, e ci sono, diverse "campagne del deserto" ed altre forme di esproprio collettivo delle terre indigene, ma non c'è stato un "Buffalo Bill" né altri affamatori professionali e ammirati da gente di bocca buona e tasche capienti. 

Insomma, è mancato un "Condor Juan" qualsiasi al quale dedicare fumetti, fucili ammazzarsi, canzoni d'autore e monumenti, magari prima di trasformarli in attrazioni provinciali per i circo europei.

Ps De "El cóndor pasa", scritto dal peruviano Daniel Alomia Robles nel 1913, esistono centinaia di versioni. Vi propongo quella degli Inti Illimani.

seconda parte

A Milano, venerdì 19 aprile, ore 18,00, Libreria Claudiana, Via Francesco Sforza 12/A, Francesca Lessa presenterà il suo “I processi Condor”. 
Vi aspettiamo.

Martín Aldana e il fantasma della libertà

Nei Paesi impoveriti si muore spesso giovani, molto spesso di cuore. Ma l’amore non c’entra.

In quei giorni, inizi del 1972, Celestina Pérez aveva 32 anni. Ogni sera, appena rientrata a casa, squillava il telefono.

All’altro estremo, nessuno parlava. Si sentivano solo le urla del marito, Martín Aldana, sul quale, ogni sera, gli aguzzini sperimentavano vecchi e nuovi metodi di massacrare. 

Celestina sopportò poche settimane. Poi, un medico scrisse nel suo referto: “Morta per cause naturali. Infarto miocardico”.

Governava il Paraguay il generale Alfredo Stroessner. 
Anche le bestie, forse soprattutto le bestie, diventano generali. 

Il suo lungo regno, iniziato nel maggio del 1954, durò  35 anni. 
Si caratterizzò, ogni giorno, per la repressione all’ingrosso e senza ritegno. 

Nel febbraio 1989 il generale Andrés Rodríguez lo spedì a godersi la sua “pensione” in Brasilia. È stata, ovvio, una pensione dorata e sfarzosa conclusa soltanto il 16 agosto 2006 quando Stroessner - a 94 anni - venne richiamato da Belzebù. 

Se ne deduce che, nemmeno nei Paesi impoveriti, i dittatori muoiono giovani. Salvo (gradite) eccezioni. 

Quinto figlio di una famiglia contadina povera, lavorando col suo carrettino da quando aveva 9 anni Martín ce la fece a diventare prima maestro, poi avvocato e sindacalista. 

Racconterà anni dopo che lo fece perché, nei Paesi impoveriti, i maestri rurali come Celestina e Martín percepiscono salari da fame e, nel Paraguay, fanno fino a tre giornate quotidiane di lezioni per riuscire a mal vivere.

Sono tutti maestri umiliati, ma non tutti sono maestri genuflessi. 
A San Lorenzo, Martín e Celestina crearono l’Istituto “Juan Bautista Alberdi” per esperimentare un modello educativo autogestito. 
Dirà poi: “Volevamo seguire la logica di Paolo Freire. Vivere sanamente folli e follemente sani. Ci sembrava la condizione per essere creativi”.
Il prezzo fu salato: chiusura della scuola, carcere, torture, esilio, morte di Celestina.

Dopo 3 anni di sevizie, senza mai avere ricevuto una accusa formale, Martín uscì dal carcere grazie ad una campagna di Amnesty International. 
Quindi, si fece oltre 20 anni di esilio in Panama.

Il 14 settembre 1992, tornato dall'esilio Martín Almada presentò una richiesta di Habeas data al tribunale.
Dopo aver raccolto informazioni riguardo alla sua detenzione nelle carceri del regime, aveva scoperto che i documenti redatti dalla polizia che lo riguardavano erano tenuti in una caserma di Lambaré, un sobborgo di Asunción. 

Il 22 dicembre 1992 il giudice José Agustín Fernández ordinò la perquisizione della caserma di polizia. 
Si scoprì un'enorme mole di documenti e di schede riguardanti detenuti politici e comuni. 

Due giorni dopo il giudice Luis María Benítez Riera fece perquisire la Direzione Nazionale degli Affari Tecnici, scoprendo altri documenti. 
Il lavoro di inventario iniziò nel gennaio 1993 guidato dalla Corte Suprema di Giustizia, che mise a disposizione un ufficio del Palazzo di Giustizia di Asunción per la raccolta e l'archiviazione dei documenti, oltre 7 tonnellate di carte.

Se ne deduce che anche i criminali sanno scrivere.
Canta l'argentino Piero: "Vieteremo la speranza. Ed è vietato nascere. Non sarà troppo, ammiraglio? Mancherebbe altro, brigadiere" (Prohibiremos la esperanza. Y prohibido está nacer. ¿No será mucho almirante? ¡Faltaba más, brigadier!", "Para el pueblo lo que es del pueblo", 1986).

In seguito, l'archivio ha acquisito carte e schede provenienti da altre perquisizioni all'interno del Paese, che dimostrarono come il sistema continuò anche dopo la deposizione di Stroessner.

Negli “Archivi del terrore” – come li battezzò la giornalista argentina Stella Calloni (“Los Archivos del Horror del Operativo Cóndor”) si trovano le tracce di migliaia di persone assassinate, scomparse o imprigionate e le prove della stretta cooperazione tra i servizi segreti di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay, per trovare ed eliminare i rispettivi oppositori politici.

Inoltre, i documenti offrono un disegno complesso sulle origini, i propositi e l'organizzazione dell'Operazione Condor, attestando l'implicazione diretta degli Stati Uniti d'America nella repressione scatenata dalle dittature del Cono Sud. In particolare alcune carte rivelano la presenza di ufficiali statunitensi all'interno delle organizzazioni dedicate alla cooperazione e lo sviluppo mentre altre mostrano la corrispondenza intercorsa tra agenti di CIA e FBI con alti ufficiali di esercito e polizia sudamericani. 

Martín Almada ci ha lasciato diversi scritti. A mio parere, il più importante è ”Pedagogía de la independencia” scritto nel 1971. 

Scriveva con l’inchiostro del sopravvissuti.
Scrive con dolore ma, anche, con ribelle speranza, che l’educazione dominante è tra i principali ingranaggi che rendono possibile e persino naturale la dipendenza.
Analizzando  la storia del continente da una prospettiva latinoamericana, cerca chiavi interpretative del dramma paraguaiano, decriptando il ruolo della oligarchia, della chiesa, dello Stato, delle forze armate, dei governi e oligarchie dei Paesi vicini. 

Nell'articolo che chiude la prima edizione non clandestina del volume (2002), scrive: 
“In fin dei conti, questa pubblicazione è  la lettera di un sopravvissuto ai suoi torturatori, di un educatore sopravvissuto che cerca una medicina per guarire i dolori dell’anima. E perché sotto il dolore c’è l’amore, è la storia della mia stessa ricostruzione dopo avermi dato del tu con la morte”. 

Martín Almada non era solo un sopravvissuto. 
Era un creatore di nuove possibilità per l’avventura della libertà, l’avvocato delle cause giuste, il difensore dei diritti umani, l’inventore di modelli per stimolare la produzione agro ecologica. promuovendo gli usi popolari dell’energia solare, creando villaggi solarizzati e persino editando un libro di ricette solari a base di cibi locali. 

Nel testo citato scriveva:
"L’educazione popolare è fondamentalmente  pedagogia dell’autonomia... Bisogna pensare la vita al di fuori dei paradigmi dello sviluppo che distruggono la natura e con lei la gente”. 

Senza la sua ossessiva ricerca della verità forse non si sarebbero mai scoperti gli “Archivi del Terrore”, e senza la sua ostinazione mai si sarebbe realizzato il “Museo delle Memorie” contro il quale infierisce oggi Milei. Ma questa è un’altra storia.

Concludo: mi è sempre piaciuta la musica paraguaiana. 

Mi ha sempre riportato in mente l'acqua, il fiume, il lago Ypacarai, la nostalgia della resistenza dei bambini guaraní che si fecero massacrare con le loro barbe finte, dall'esercito della "triplice alleanza" (Argentina -Brasile- Uruguay), costruita da Londra per impedire il solo esperimento autonomo nato in seguito al ciclo delle indipendenze latinoamericane...
La scelta musicale era ampia ma, alla fine, ho scelto un brano del vecchio Ennio Morricone dedicato ai suoi guaraní. 
So che, anche ad Almada, scomparso il 30 marzo 2024, piaceva. 
Almada e Morricone erano, sono, saranno, in modi e per strade diverse, due imprescindibili.


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