Pensioni sotto assedio con la riduzione dei coefficienti di calcolo
Pensioni sotto assedio con la riduzione dei coefficienti di calcolo
Il Governo Meloni e i suoi alleati sono stati coerenti con gli impegni assunti in campagna elettorale?
Stando alla politica estera (ricorderete le invettive contro la "gabbia "europea" o le dichiarazioni ultra sovraniste per poi trovarsi a fianco di Biden e Israele) e le scelte in materia previdenziale diremmo invece che mai Governo fu meno coerente. E' il caso delle pensioni e di quella Riforma Fornero che sono riusciti perfino a superare, loro che avrebbero dovuto ritirarla già all'indomani dell'incarico Governativo.
Ai cantori del governo di destra dovremmo sbattere in faccia esempi concreti, a tal riguardo prendiamo una lavoratrice che a 67 anni va in pensione con un CUD da 30.000 euro dopo avere accumulato contributi per oltre 283 mila euro.
Ai fini dell'assegno pensionistico varrà il coefficiente di rivalutazione applicato. Tanto più basso sarà tanto si ridurrà l'assegno pensionistico .
La manovra di Bilancio 2025 abbassa il coefficiente e la lavoratrice precedentemente presa in esame prenderà 1225 al mese, 25 euro in meno di quanto prenderebbe oggi. E le 25 euro vanno moltiplicate per 13 mensilità. Fatevi due conti e con tutti i soldi versati alle casse previdenziali vi sembra lecito perdere ulteriori 326 euro annui?
Quindi perdita economica alla quale aggiungere il progressivo innalzamento dell'età pensionistica, l'aumento degli anni effettivamente lavorati e dei contributi versati, la volontarietà dell'uscita dal lavoro per la Pubblica amministrazione che porta l'età pensionabile a 70 anni, la fine della flessibilità in uscita anche con decurtazioni del
Se poi la forza lavoro ritarda l'uscita dal lavoro non lo fa per gioia ma perchè l'assegno previdenziale è di per sè inferiore, e non di poco, al salario, questa forbice è destinata sempre più ad allargarsi obbligando nei fatti, per ragioni economiche, il rinvio della pensione. Ma certi ritardi alla fine sono convenienti per i datori che non assumono e formano nuovo personale, per lo Stato o il privato che non paga il Trattamento di fine rapporto o servizio che sia.
La novella del sistema contributivo come espressione di equità è servita a imporre un sistema di calcolo vantaggioso per le casse statali, oggi scopriamo nuovi interventi per decurtare ulteriormente un assegno che se calcolato con il vecchio sistema (in rapporto alle retribuzioni degli ultimi anni) sarebbe per altro più alto.
Prima della riforma Dini (anni Novanta del secolo scorso) il calcolo della futura pensione era assai semplice, bastava guardare ai contributi versati, all'importo della retribuzione e alla aliquota di rendimento pari al 2 per cento annuo. Per calcolare la pensione era quindi sufficiente una semplice operazione:
I sistemi successivi sono divenuti sempre più complessi e contorti per produrre alla fine un solo risultato: aumento dell'età pensionabile e riduzione dell'importo dell'assegno previdenziale.
E sui coefficienti al ribasso del Governo, con
decurtazione dell'assegno pensionistico, prendiamo in prestito, speriamo non ce
ne vogliano, lo schema esplicativo del centro studi Cgil giusto a confermare
che all'elettorato hanno solo fatto promesse mai realizzate e, sempre per usare
un proverbio, le bugie hanno le gambe corte
Commenti
Posta un commento