Lavoro povero e povertà dei lavoratori

Se guardiamo ai redditi percepiti comprendiamo bene come la pandemia abbia indebolito il potere di acquisto della maggioranza dei lavoratori dipendenti alimentando crescenti disuguaglianze in base all'età anagrafica, al sesso. Di questo e di molto altro dovrebbe tenere conto la fiscalità generale. Un lavoratore dipendente tra i 25 e i 29 anni, nel 2020, ha guadagnato in media 14.400 euro lordi e un ventenne 9.300, contro i 27.900 del 55enne tipo. Siamo in presenza di una disguaglianza crescente tra vecchi e nuovi assunti alimentata dalla natura precaria delle assunzioni riservata ai piu' giovani. E il divario è anche di genere perchè secondo l'Inps gli uomini in media guadagnano annualmente 7mila euro l’anno in più rispetto alle donne costrette, loro malgrado, ad optare per contratti part time dovendo sostenere direttamente la cura di minori ed anziani. E di questo un moderno welfare dovrebbe trattare. A quanti parlano di ripresa occupazionale rispondiamo con la diminuzione delle ore lavorate che sancisono la natura precaria di tanti neo assunti con orari settimanali ridotti. E questa precarietà avrà ripercussioni negative sull'assegno previdenziale futuro con pensioni da fame Le settimane lavorate sono scese in media da 42,9 a 40,2 per persona, il che significa spesso meno contributi e minor reddito . E la riduzione delle ore lavorate viene solo in parte compensata dalla cassa integrazione che equivale all'80% della retribuzione. Sempre i dati Inps parlano di differenze retributive crescenti tra giovani ed anziani con salari dimezzati dei neo assunti rispetto a quanti sono vicini alla pensione. Le cause sono molteplici ma la natura temporanea e precaria dei nuovi contratti resta la spiegazione piu' plausibile.

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