101 anni dalla nascita del PCd’I.

 101 anni dalla nascita del PCd’I.

 di Tiziano Tussi

 

 

Ogni anniversario serve per ricordare e mettere in un contesto di attualità qualcosa accaduto tempo addietro. Anniversari pieni o solo d’occasione. Quelli pieni si riferiscono a decadi o, quando serve, ma serve meno, a quinquenni, pieni. Ora, questo anniversario a 101 anni dalla nascita del PCd’I non rientra in quella categoria, ma tant’è. Cercheremo un ricordo che abbia senso inquadrandolo nell’oggi. 


Già in altra occasione ho scritto sull’anniversario. La data è quella del 2011, 90 anni dalla fondazione. L’Ernesto, rivista della sinistra, nel suo ultimo numero, prima della trasformazione in altro prodotto periodico pubblico, pubblicò un supplemento proprio per quell’occasione. Il mio scritto si riferiva alle fasi precedenti la nascita del Partito che si aggirò per riunioni e avvicinamenti al risultato prima dell’atto finale. Documenti e movimenti tra settori del partito socialista. Il tutto lo si trova in un piccolo libretto del 1971, prima edizione, edito da Savelli, che è recuperabile in rete, usato naturalmente.[1] 


Quindi non tratterò quella parte del fenomeno politico di allora. Molti altri testi sono stati poi scritti su quell’accadimento. Mi piace però scrivere alcune riflessioni su quello che significa ora quell’avvenimento. Lasciando quindi da parte chi avesse ragione storicamente o torto. Anche Lenin comunque non aveva visto di buon occhio la divisione del Partito Socialista e comunque il tutto accadde proprio poco prima della Marcia su Roma. Possiamo dire che la scissione l’ha favorita? 


Possiamo dire che un partito più solido l’avrebbe osteggiata meglio? La discussione è aperta e la lasciamo per ora agli storici di professione. Ricordo ad ogni caso che nelle elezioni immediatamente successive, le ultime in epoca prefascista, ma allora non lo sapeva nessuno, che si svolsero in Italia, nel 1921, poco dopo la sua nascita, il 15 maggio, il PCI prese 15 seggi. Le lezioni successive, le ultime in assoluto del periodo liberale, il 6 aprile, quelle della svolta politica irreversibile nel Ventennio fascista, il Partito Comunista aumentò addirittura i suoi seggi portandoli a 19; mentre il Partito Socialista ne perse più dei due terzi. 


Quindi la questione posta prima ha anche questi numeri come risposta. Ma attenzione: dopo la stagione della Resistenza, nella quale il PCI si era dimostrato la colonna portante della lotta armata, nelle elezioni del 2 giugno 1946, per l’Assemblea costituente, il PSI sopravanzò di quattrocentomila voti circa il PCI, ottenendo 115 seggi contro i 104 del Partito comunista.[2] 


Quindi anche per quell’occasione ci si potrebbe chiedere: la divisione fece bene o male ai due partiti ed al PCI in primis? Tale divisione poi aveva al suo essere tali e tanti motivi che rimasero, in viva discussione per tutto il periodo successivo sino alla scomparsa del campo sovietico. Storia complessa e complicata, che ha dato poi la stura alla situazione attuale. Il ricordo di un avvenimento nell’attuale quadro di desertificazione a sinistra, per quella di classe, non trova nessun aggancio immediato con quella nascita di 101 anni fa.


Cosa voleva significare l’apparire sulla scena mondiale del fenomeno comunista, alla sua nascita, lo si può solo indicare qui. Il mondo aveva finalmente visto, all’apparire del fenomeno soviettista, con tutti gli addentellati che incorsero, un altro e significativo passaggio verso la modernità sociale ed esistenziale. La nascita, qua e là, di numerosi partiti comunisti, dopo quella ben più significativa della vittoria della Rivoluzione d’ottobre ed immediati anni successivi, è stato un atto su cui ben sperare.  Alcuni esempi: Cina, Mongolia, Italia, Belgio nel 1921. Poco prima, 1920 Francia, Gran Bretagna, Iran. In India dal 1925, così come in Vietnam. Insomma, tante nascite dovute alla prima, una sorta di progenitrice, la vittoria rivoluzionaria bolscevica in Russia, nel 1917. 


Aveva senso, al di là delle divisioni a sinistra? Certo che l’aveva e il fenomeno comunista rappresentava un passo avanti nella modernità della vita della sinistra a livello mondiale. Dopo cento anni, e poco più, che senso troviamo noi oggi? Per l’allora lo abbiamo certo detto e lo ha detto la storia dei decenni successivi a quell’inizio, la nascita dei partiti comunisti e di quello italiano in particolare, in quanto si è dimostrato essere storicamente il più grosso partito comunista europeo. Quindi con un peso non indifferente a livello mondiale. 


La storia del campo comunista del resto ha agito sia sulla nascita che sulla morte del PCI. Evaporato il campo comunista sovietico si è evaporata anche la sinistra comunista internazionale, lasciando come conseguenze, situazioni troppo lontane dalla dialettica secca borghesi /proletari. In Italia addirittura, senza più quella dialettica, ben poco resta. Caduto il campo sovietico è caduta anche ogni discussione attorno a tematiche marxiste.


Sembrano obsolete e fuori dal tempo in cui viviamo, così come fuori dal linguaggio di questo nostro tempo. Salvo poi, ad ogni crisi capitalistica, di qualsiasi natura essa sia, ricorrere agli studi di Marx ed Engels per capirci qualcosa. Riandare a quei testi per poi rimetterli velocemente da parte perché non è più tempo e quindi chi si azzarda ad usarli fino in fondo, ancora oggi, non viene capito e vien tacciato di essere retrogrado. L’uso delle categorie marxiste a livello teorico deve essere staccato dal suo uso pratico, dall’azione politica effettiva.


Ecco in che situazione politica cade oggi l’anniversario che stiamo trattando. Un deserto di prassi comunista a fronte di reiterazioni pedisseque di quello che fu 101 anni fa. E non fa certo bene al ricordo questa inutile tiritera o, al contrario, dannazione, da parte degli anticomunisti, la rievocazione di un atto da cui è stata staccata qualsiasi carica innovativa, che è stato spogliato dio ogni caratteristica di innovazione; un’azione di decenza umana e politica che avvenne nel tempo passato, ossificata in quella temporalità. Ripetere come un coro di cornacchie quanto fu importante…che l’alba del comunismo e/o socialismo… che i proletari debbono come allora… che il partito guiderà le masse…ecc. ecc. non serve a niente.


Capire l’importanza storica di quell’atto, la fondazione, anche in Italia, di un partito saldamente di classe con a capo comunisti di altissimo valore ci dovrebbe aiutare a capire anche l’inanità dei nostri tempi attuali e la pochezza di chi continuamente abbaia alla luna del comunismo senza notare le troppe nuvole inquinanti che si sono frapposte alla vista.


Ricordiamo perciò quanto accadde per limitare almeno le sguaiatezze. 101 anni sono così tanti da farci capire che questo sarebbe almeno apprezzabile. Speriamo solo non ce ne vogliano altrettanti per rimettere in circolazione un po’ di modernità a livello nazionale e mondiale. Anche perché per quella data ipotetica saremmo noi ora qui, tutti morti o quasi. 

 



[1] Alfonso Leonetti, Gli atti di nascita del PCI, Savelli, Roma, 1971

[2] Si trovano tutti i numeri utili per la questione in Maria Serena Piretti, Le elezioni politiche in Italia dal 1948 ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 1995.

Commenti