Confindustria e Bankitalia, in accordo con la UE, chiedono di abbattere la spesa pubblica

 


La  spesa pubblica torna ad essere nell'occhio del ciclone e da parte della Ue, di Confindustria e Bankitalia ci sono segnali preoccupanti. La spesa pubblica è stata contratta nel corso degli anni, continui tagli che hanno investito sanità e istruzione ma anche il welfare. 

E se la spesa è cresciuta negli ultimi 3 anni si scopre che la causa è determinata dalla pandemia e dalla crisi energetica acuita dalla guerra che hanno rallentato la crescita del Pil e al contempo aumentato la inflazione mentre i salari e le pensioni stanno perdendo potere di acquisto. La scelta del Governo è stata quella di far pagare ai lavoratori pubblici la crisi in corso con il mancato finanziamento dei rinnovi contrattuali al posto dei quali arriva l'anticipo dei futuri aumenti sotto forma di bonus che fanno perdere alla forza lavoro ulteriore potere di acquisto.

 Nel 2022 la spesa è salita a 1.094 miliardi, la spesa autorizzata cresce quindi del 31,9% rispetto al 2019, sempre la spesa pubblica nel 2019 era arrivata al 47,6% del Pil, nei prossimi tre anni nei prossimi anni sarà tra il 52,3% e il 59,5% senza per altro determinare crescita del potere di acquisto dei salari e delle pensioni con i servizi pubblici ridotti tanto che perfino Il Sole 24 Ore parla di sanità incapace di tenere il passo dei reali fabbisogni della popolazione.

Quando poi si parla della spesa per il personale della Pa si dimentica che l'aumento delle spese deriva da un contratto siglato nei mesi scorsi per il triennio 2019\21 con la Pa che non ha recuperato il potere di acquisto perduto nei 9 anni di blocco della contrattazione.  

Il rifinanziamento del debito pubblico finisce con il far pagare alla comunità gli interessi e per ridurre le spese attaccheranno ancora una volta sanità, welfare e istruzione. 

Ricordiamo infine che quando si parla di  adottare il PNRR lo stesso prevede una spending review di 800 milioni solo per il 2023. 

Siamo davanti a un quadro preoccupante con attacchi al potere di acquisto dei salari e del welfare, la spinta a contenere il debito va in questa direzione. 

Di certo la Manovra di Bilancio della Meloni non offre soluzioni, riduce il RdC e favorisce la tassazione agevolata per gli autonomi. 

E i disoccupati e i lavoratori dipendenti? Possono aspettare, nel frattempo saranno loro a pagare i costi della crisi

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