La fame di Calcio: a proposito del Marocco in semifinale ai mondiali

 Basta vedere le facce dei giocatori per capire un poco questo gioco del calcio. Usando una traduzione lombrosiana e geopolitica si possono soddisfare certe sfide e risultati dei campionati del mondo che esulano dai calci tirati alla palla. Il gioco più bello del mondo, una palla rotonda, un campo d’erba, più o meno finta, uno scontro di intelligenze e privazioni. Il calcio ha dato sovente risoluzioni insospettate. 

Così anche in altri sport, quali la boxe, ma lì siamo all’uno contro uno. Qui c’è la coralità del gioco e delle alleanze in campo, nella stessa squadra e fra squadre diverse. Un gioco corale, un gruppo coeso, altrimenti non c’è partita. Nel tempo si sono viste all’opera anche idiosincrasie nelle stesse formazioni, tra calciatori ed anche con allenatori.

Il risultato più eclatante, ca va sans dire, è che il Marocco è in semifinale per questi giochi mondiali in Qatar. Il Paese ella penisola araba che è al centro di altre sollecitazioni e sospetti, legati al Parlamento europeo, dove sono morti diversi lavoratori per costruire il costruibile per l’avvenimento. 


Dove si deve giocare d’inverno per le alte temperature, dove arrivano come eco molte problematiche dei Paesi partecipanti, vedi Iran. Il risultato ultimo, spremendo lo spremibile è che una sola nazionale di calcio è alle semifinali. 


Una sola nazionale, che conta poco a livello mondiale e che ha battuto molte blasonate, come si dice, squadre di altri Paesi con un buon numero di vittorie internazionali, e campioni strapagati: Spagna e Portogallo da ultimi. In fondo gli arabi marocchini verso la penisola iberica vittoriosi, sportivamente, come lo sono stati nei secoli dell’espansionismo medioevale. Gli arabi che hanno tenuto un lembo di Spagna, fino alla fine del 1400, gli arabi pericolo per l’Europa che si sono posizionati nella penisola iberica per secoli. Ed eccoli ritornano e si apprestano a giocare contro la Francia, altra situazione di scontro storica, impossibile a pensare solo poche settimane fa.


 La Francia che ha avuto in Marocco una egemonia, con altri stati europei, per troppo tempo, arabi che parlano francese, con il seguito di letterati marocchini che scrivono in francese, con un occhio rivolto verso la lingua e la nazione amate-odiate, a secondo si voglia pensare ai francesi in Marocco o ai marocchini in Francia. 


E le facce dei giocatori sono indicative della differenza tra un capitalismo ben piantato, in Francia, in Spagna ed in Portogallo, grande e prima potenza coloniale, nei secoli passati, e i sottomessi africani. Le facce di giocatori che sembrano avere fame di realizzazione capitalistica, realizzazione che le nazioni europee citate hanno superato e che tendono a perfezionare sempre più, mente il Marocco arranca, là dietro. Ma è proprio là dietro che si sono fatti valere. 


Mai dire che le cose debbono per forza andare come sembra. Un mondiale tutto europeo con addentellati sudamericani che non si sono sostanziati. Sorpresa, anche i penultimi, o perlomeno, anche chi tenta la scalata verso il bengodi capitalistico, non essendoci ancora arrivato compiutamente, può fare qualcosa di inaspettato. Ed ecco perciò che il Marocco ora, anche nelle strade che vedono festeggiare i tifosi della squadra del Magreb, rappresenta tutto il mondo arabo. Infatti, non vi sono più tunisini, algerini o egiziani, ma solo arabi. 


Il Marocco rappresenta la voglia di arrampicata sociale internazionale del Marocco, che gioca per tutti loro. Certo anche quel paese vuole un capitalismo maturo ed efficiente, certo vuole arrivare laddove gli europei sono già e magari sorpassarli, sempre in una gara nell’alveo del capitalismo, sognato e cercato. Ma intanto la fame e la mancanza di questi traguardi ce li fa piacere come le squadre povere che aspirano anche loro al successo. 


Certo non vi è nessuna rivendicazione alternativa al mondo bianco capitalistico, certo non vi sono esempi di novità assoluta di sistemi di vita, certo vi sono problemi sociali profondi e a volte terribili anche in quel paese, certo vi è repressione verso le forme di dissenso, certo vi è difficoltà a volte pesantissime verso chi non accetta la strada intrapresa di costruzione capitalistica, certo i rapporti internazionali sono con le nazioni guida del mondo e nulla più, ma intanto la carenza di risultati soddisfacenti a livello sociale e a livello di egemonia internazionale ci fanno apparire i “poveri” migliori dei ricchi. 


Ci fanno apparire come una prosopopea di supponenza le giravolte con la palla dei bianchi già soddisfatti, rispetto a chi ancora deve raggiungere quella soddisfazione. Anche se poi, proprio nelle squadre dei bianchi, il colore nero è presentissimo, basti veder la Francia, ma sono neri che appaiono più pallidi, figure che oramai hanno venduto la loro fame per un posto alla mensa dei ricchi, dove si cibano abbondantemente.


 Per una sera, per una volta il Marocco invece ci mette sulla scena chi quella fame ancorala sente. Se non proprio nella pancia dei giocatori, con posizioni socioeconomiche di rilievo, come traslucidi, di un popolo che ancora deve sgobbare molto per arrivare alla mensa dei ricchi ed esservi ammessi stabilmente. Insomma, viva il Marocco e le sue capacità di lotta per arrivare alla luce del sole capitalistico, stabilmente, in faccia al mondo dei bianchi, non importa di quale colore, che già vi sono ben istallati.   


Tiziano Tussi

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