Liberarsi dalla schiavitù della religione

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Tiziano Tussi

06/06/2017

Si può uccidere nel nome di Dio? Si deve, evidentemente per chi credente lo è, in modo pieno. Per chi crede non appare ammissibile la vita di chi non crede e che con la sua miscredenza mette in discussione la potenza estrema, l'esistenza, di Dio. Anche nella religione islamica vi sono state fazioni, anche se non maggioritarie, a volte frange, come i Kharigiti, che prevedevano possibile l'uccisione anche dei bambini impuri, figli di eretici. Perché quindi sorprenderci se per motivare atti di terrorismo, insulsi e gratuiti, si spaccia un concerto di musica leggera, leggerissima, come una riunione di "crociati". "Crociati", come i bambini morti a Manchester di otto anni. Non c'è limite all'idiozia di invasati.

Ma la questione non è solo questa. Definito che un attentato in una delle città occidentali comporta nulla per l'Occidente in sé. Qualche decina di morti non fanno franare nulla. Vi sarà solo un aumento - non si sa quanto grande - di paura diffusa che al massimo porterà a nuove scemenze, come a Torino, in piazza San Carlo. È una rappresentazione che continua: un attentato terroristico, paura e rabbia; ma reazioni composte, che ripetono fra l'altro il gesto oltraggiato; frasi di convenienza per le vittime; proposte fermissime di non cambiare il "nostro stile di vita" - cosa vorrà dire? - di non arrendersi - a chi ? - di restare uniti contro la barbarie, ecc. ecc.

Dovremmo invece cercare di costruire un'analisi realistica per cercare qualche risposta più stabile.

La barbarie di cui si parla è da considerarsi perlomeno assieme a quella che i nostri baldi militari, dell'Occidente, stanno facendo trangugiare a troppe parti del mondo abitato da islamici. Ma anche i leader di questi gruppi mediorientali e/o africani sono in costanti rapporti di affari con loro correligionari, alleati dell'Occidente - leggi Arabia Saudita - oppure direttamente con l'Occidente stesso. Quanti dollari sono andati a raggruppamenti anti URSS prima o anti Russia poi, o che stavano comunque operando sotto le direttive, con i consigli, in compravendita, dell'Occidente o parti di esso? Perché destrutturare Paesi nazione - Libia, Siria - salvo poi accogliere uomini e donne che scappano da quella guerra imposta? Con una mano si prende, con l'altra si spende, con l'altra si aiuta, con l'altra si vende. Ma quanti mani abbiamo?

I gruppi del terrore, che usano anche il terrore, come lo Stato Islamico, sfilano nel deserto su automobili Toyota nuove di zecca, decine, centinaia, per tutti i gruppi. Chi gliele vende? Per non parlare delle armi, delle divise, degli approvvigionamenti bellici e logistici. Il tutto ripagato con petrolio, rotte di contrabbando, vendita di donne ai combattenti, ecc. ecc. C'è di tutto. Ed in questo scontro perverso guerra-terrorismo-guerra non v'è solo vendetta per quanto i soldati dell'Occidente fanno in altre parti del mondo.

Abbiamo visto che gli affari fra i due fronti sono molteplici e decisamente complicati - leggi Turchia -, quindi dobbiamo pensare ad un grande Risiko nel quale ogni attore recita la sua parte, che cambia in continuazione nel corso dello spettacolo, secondo gli interessi del momento, della fase. Le parole dette dai nostri leader - quando è troppo è troppo, siamo con le vittime, ancora più uniti - valgono nulla, quando non sono un disvelamento della debolezza di ogni esposizione di forza muscolare.

I nostri due mondi, Oriente ed Occidente, non si parlano, salvo che per i traffici sopra ricordati. Anche lo spettacolo a Manchester, rifatto per dimostrare che non cambieremo stile di vita, ha dimostrato, dopo poche battute, solo la voglia di divertimento imbecille di giovani generazioni che hanno oramai incamerato la loro droga di stato - smartphone - da esibire registrando, fotografando, producendo piccoli video della bambina viziata ed ammiccante di turno. Il resto da contorno: in fondo spettacoli innocui e tanto redditizi.

Noi siamo la morte della nostra anima ed i terroristi che ci fanno saltare in aria, almeno un po' di noi, sono lo stesso. Al soldo di leader senza scrupoli che li hanno indottrinati, in modo diverso dai loro coetanei occidentali, con insulsaggini sul vero Dio e sulla necessità di uccider l'infedele. Con un ritardo di circa mille anni, usando motivi di apolitica internazionale come pretesto, buttano nel camino della storia vite di giovani che non troveranno altra soddisfazione che non sia quella di crepare per un nome, un'idea, un martirio, una fede che li farà felici solo dopo la loro morte.

Ogni religione ha ragionato così, prima o poi. Tutte hanno attraversato fasi di esaltazione e di annientamento dell'altro, dell'eretico, dell'impuro. Il risultato è stato il nulla assoluto. Non si vedono i leader saltare in aria dentro una linea metropolitana, sotto un ponte, ad un concerto, gridando Dio è grande. Questi se ne stanno al caldo dei loro conti correnti e mandano giovani indottrinati a morire. E poi dovrebbero tutti ricordarsi che si muore una volta sola, ma si vive ogni giorno. Questa non pare una differenza da poco. È il caso di iniziare a fare discorsi chiari, di fondo, banalmente umani, di liberazione dalla schiavitù della religione, per la gioia di vivere.

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