Università anno zero: diritto allo studio addio

Da alcuni anni il diritto allo studio è ormai una chimera, il suo accesso per le famiglie operaie quasi improponibile. dire, come un tempo, che l'accesso alla istruzione (ma analogo discorso andrebbe fatto per la sanità) avviene su basi di classe non appare piu' una mostruosità anche agli occhi dei piu' moderati.

Per lustri ci è stato detto che limitare l'accesso alla istruzione sarebbe stato utile per rilanciare la competitività dell'università italiana, un nonsense se pensiamo che negli anni in cui lo Stato finanziava la ricerca e non esistevano sbarramenti per l'iscrizione i risultati ottenuti sono stati piu' che buoni

Di quasi 5 mila corsi che partiranno a Settembre, un numero elevato è numero chiuso, le matricole sono in forte calo (circa 260mila) , il 25% degli iscritti abbandona gli studi entro i primi 3 anni, altrettanti non arrivano alla laurea.

L'accesso all'università è sempre piu' difficile per l'aumento vertiginoso delle tasse, per il numero chiuso e gli esami selettivi che poi spesso sono la lotteria dei test

E in un paese che vede crescere i neet, i giovani senza titolo di studio, con ricercatori che vengono giudicati non validi ma all'estero acquisiscono titoli e riconoscimenti, non poteva che partire la campagna acquisiti all'estero, pacchetti di offerta verso altri paesi, verso la parte piu' ricca degli stessi perchè mantenere un figlio agli studi è un lusso, immaginiamoci se all'estero.

La quasi totalità degli atenei (pubblici e privati che siano), prevede sbarramento all'ingresso, il 40% dei corsi prevede la prova iniziale, insomma il libero accesso allo studio è ormai scomparso

Perfino facoltà aperte come lettere sono sottoposte al numero chiuso, il senato accademico a Milano ha introdotto il numero chiuso per lingue, beni culturali e lettere, insomma per la intera facoltà di lettere e filosofia

E se le università pubbliche hanno introdotto crescenti sbarramenti, negli atenei privati lo sbarramento è d'obbligo.

Ma i numeri chiusi sono effettivamente portatori di benefici per la qualità dello studio? Le statistiche non aiutano visto che gli sbarramenti non si traducono in occupazione, la crisi in Italia riguarda anche il perverso sistema di relazioni tra Stato e ricerca con investimenti che latitano e quando ci sono vengono gestiti dalle baronie.

Il Governo sta studiando alcune forme di incentivo (qualcosa ha fatto con la legge di bilancio 2016 che esclude dal pagamento delle tasse chi ha un Isee inferiore a 13 mila euro, praticamente il diretto interessato dovrebbe fare la fame e dubitiamo che possa in quelle condizioni anche permettersi di andare all'università acquistando dispense e qualche libro). Alcune università stanno già annunciando tagli alle tasse ma sarà difficile che senza una politica di incentivazione si riesca a favorire un ritorno sui banchi di scuola

Il tasso di occupazione dei laureati italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni è al 64,6%, siamo ultimi in Europa superati anche dalla Spagna.

Il problema sta quindi altrove, serve ridurre le tasse di iscrizione ma costruire un sistema che permetta il reale accesso alla istruzione secondaria e universitaria, servono investimenti statali per consentire a tanti giovani di accedere ai posti di lavoro e non a stages gratuiti con la economia della promessa

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