Welfare aziendale:conviene alle aziende ma non ai lavoratori

Più salario e welfare, meno accordi di ristrutturazione. E' quanto scrive oggi Il sole 24 ore a seguito di un rapporto della cisl dedicato alla contrattazione di secondo livello nell’ultimo biennio.

Il fatto che si metta in relazione il superamento della crisi di molte aziende con l'adozione del welfare aziendale dovrebbe indurre a qualche riflessione, prima tra tutte la convenienza per i padroni ma non per il nostro potere di acquisto

Il secondo livello di contrattazione dovrebbe servire non a depotenziare il contratto nazionale con tutto il sistema delle deroghe, piuttosto dovrebbe essere occasione per entrare nel merito dei carichi di lavoro, dei profili e delle mansioni e conquistare salario.

Da quanto leggiamo, e soprattutto sperimentiamo sulla nostra pelle, accade l'esatto contrario perché le misure del welfare sono una alternativa, al ribasso, rispetto agli aumenti salariali

Da ricordare poi la legge di stabilità 2016 che prevede la completa esenzione fiscale e nei fatti incentiva la contrattazione di secondo livello che tuttavia avviene ben poco su materie rilevanti come l'organizzazione del personale e quando se ne discute, come dell'orario, si finisce con il concedere sempre maggiore flessibilità, banca delle ore e la formazione barattata come conquista quando dovrebbe, invece, essere una costante aziendale.

La contrattazione di secondo livello nei fatti è stata favorita per ridurre gli spazi di contrattazione, per favorire il sistema delle deroghe anche nelle piccole aziende dove solitamente contrattazione non esisteva

Non abbiamo materiali sufficienti per analizzare i contenuti e gli elementi guida di questi accordi che riguardano soprattutto commercio, meccanici e chimica, tre settori nei quali la contrattazione nazionale ha distrutto potere di acquisto e il welfare aziendale ha sostituito incrementi in busta paga.

Anche i premi aziendali sono per lo più erogati secondo criteri di professionalità e in misura sempre piu' decrescente con cifre uguali per tutti, a dimostrare che la cultura della performance sperimentata nel pubblico impiego si sta facendo strada anche nel privato diventando un elemento di divisione e di disuguaglianza.

Ma l'enfasi che annuncia i contratti di secondo livello nasconde ben altri numeri ossia che tra i beneficiari c'è solo un quarto dei lavoratori a tempo determinato e meno del 20% di quelli interinali, a dimostrare che sono esclusi migliaia di lavoratori e lavoratrici. Chi allora potrà perseverare nella narrazione tossica della contrattazione di secondo livello come elemento vincente per il sindacato? Forse per il sindacato che siede a capo degli enti bilaterali o che guadagna dal business della sanità e della previdenza integrative, di certo non i lavoratori che vanno decisamente in rimessa.

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