Crisi delle collaborazioni e miraggio del tempo indeterminato
Nella mente di qualche giurista confindustriale, o governativo, il passaggio da un contratto precario a uno stabile era frutto non solo della volontà padronale ma anche di aiuti concreti dello stato alle imprese, una sorta di incentivo economico unito a pacchetti di agevolazioni fiscali per spingere alla trasformazione dei contratti e cosi' creare occupazione piu' stabile.
Se questo ragionamento fosse valido, negli anni passati, in corrispondenza ad agevolazioni fiscali e incentivi, avremmo un elevato numero di contratti trasformati a tempo indeterminato ma , al contrario, i contratti aumentano in misura ridotta e in numerosi casi non sopravvivono oltre i 3 anni
Nei tre anni di assunzione con il contratto a tutele crescenti, l'azienda, con il jobs act, ha beneficiato di sgravi contributivi per migliaia di euro e su uno stipendio di 1350\1400 euro netti al mese il risparmio delle aziende era superiore a 9 mila euro tra sgravi contributivi e Irap. Se moltiplichiamo la somma per i 3 anni del contratto a tutele crescenti, si viene a scoprire che con il Governo Renzi venivano accordati alle imprese, in 36 mesi, benefici pari a 27 459 euro per uno stipendio netto di 1350\1400 euro al mese
E anche nel caso in cui, alla fine del triennio, l'azienda avesse pagato una indennità al dipendente licenziato , l'utile sarebbe stato sempre di quasi 19 mila euro .
Ora da queste semplici considerazione si evince quanto convenienti siano stati i contratti a tutele crescenti per le imprese ma poco utile alla creazione del lavoro stabile.
Detto cio' è bene aggiungere altre considerazioni, prendiamo a campione sei anni , quelli compresi tra il 2010 e il 2016 , i collaboratori iscritti alla gestione separata dell’Inps diminuiscono del 36,4% mentre i co.co.pro/co.co.co del 67% . Meno della metà di questi lavoratori nell'anno successivo sono passati a un contratto subordinato dalla gestione separata che avevano, il tutto lo si evince da un dossier prodotto direttamente dall' Inps i cui contenuti sono stati anticipati da Il Sole 24 ore in attesa della imminente pubblicazione.
Che cosa si evince da questi dati?
Se questo ragionamento fosse valido, negli anni passati, in corrispondenza ad agevolazioni fiscali e incentivi, avremmo un elevato numero di contratti trasformati a tempo indeterminato ma , al contrario, i contratti aumentano in misura ridotta e in numerosi casi non sopravvivono oltre i 3 anni
Nei tre anni di assunzione con il contratto a tutele crescenti, l'azienda, con il jobs act, ha beneficiato di sgravi contributivi per migliaia di euro e su uno stipendio di 1350\1400 euro netti al mese il risparmio delle aziende era superiore a 9 mila euro tra sgravi contributivi e Irap. Se moltiplichiamo la somma per i 3 anni del contratto a tutele crescenti, si viene a scoprire che con il Governo Renzi venivano accordati alle imprese, in 36 mesi, benefici pari a 27 459 euro per uno stipendio netto di 1350\1400 euro al mese
E anche nel caso in cui, alla fine del triennio, l'azienda avesse pagato una indennità al dipendente licenziato , l'utile sarebbe stato sempre di quasi 19 mila euro .
Ora da queste semplici considerazione si evince quanto convenienti siano stati i contratti a tutele crescenti per le imprese ma poco utile alla creazione del lavoro stabile.
Detto cio' è bene aggiungere altre considerazioni, prendiamo a campione sei anni , quelli compresi tra il 2010 e il 2016 , i collaboratori iscritti alla gestione separata dell’Inps diminuiscono del 36,4% mentre i co.co.pro/co.co.co del 67% . Meno della metà di questi lavoratori nell'anno successivo sono passati a un contratto subordinato dalla gestione separata che avevano, il tutto lo si evince da un dossier prodotto direttamente dall' Inps i cui contenuti sono stati anticipati da Il Sole 24 ore in attesa della imminente pubblicazione.
Che cosa si evince da questi dati?
- il lavoro autonomo è in grave crisi
- i collaboratori diminuiscono drasticamente perchè molti non riescono neppure a pagarsi i contributi.
- per il Governo la riduzione è da addebitare al decreto Fornero contro le false partite Iva, probabilmente siamo in presenza di una crisi irreversibile che vede il lavoratore autonomo sempre piu' in difficoltà e immiserito
- i collaboratori che partecipano alla gestione separata Inps sono in 4 anni calati di 500 mila unità
- i collaboratori a progetto sono passati in sei anni sono passati da quasi 650 mila a poco piu' di 173 mila
- i collaboratori occasionali sono ridotti a meno di 8 mila unità anche in virtu' degli abusi fatti del voucher che con il decreto dignità tornerà a fare danni
- meno della metà delle collaborazioni si trasforma in lavoro subordinato ma non è dato sapere se al termine dei tre anni questi contratti saranno ancora vigenti, da altri dati pubblicati si capisce che solo una minima parte resiste alle tutele crescenti
- Finito il bonus per le imprese infatti, siamo nel 2016, gran parte delle trasformazioni avviene a favore dei contratti a tempo determinato, ragione per cui possiamo pensare a un lungo e tormentato iter che vede partire 10 collaborazioni, alcune delle quali non sopravvivono, altre (4\5 ) che si trasformano in contratto a tempo determinato, una o due che si trasformano in apprendistato. Di quei 4\5 contratti a tempo almeno due arriveranno alla fatidica trasformazione in contratto a tempo indeterminato, magari dopo anni.
- Risultato? Il lavoro autonomo non è in crisi perchè i contratti si stabilizzano, solo una minima parte resiste all'iter lungo e tortuoso delle involuzioni ed evoluzioni contrattuali approdando ad un contratto stabile.
- La crisi del lavoro autonomo nasconde probabilmente la crescita del lavoro nero o delle consulenze esterne
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